Quando il detto "parenti serpenti" si rivela essere una drammatica realtà. A Roma è stata scoperta una raccapricciante vicenda di pedofilia durata ben tre anni, che ha come responsabili uno zio romano di 37 anni e un cittadino albanese 43nne, oggi ex compagno di una delle madri delle tre cugine che, all'epoca dei fatti, avevano dai sette ai dieci anni. Nei confronti dei due uomini, la Squadra Mobile capitolina ha eseguito un'ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari.

La denuncia

La più grande delle tre cugine (oggi maggiorenne), visibilmente segnata da quanto accaduto e costretta ad intraprendere un percorso di recupero, non soltanto avrebbe dato un input alle indagini denunciando il dramma che era stata costretta a vivere insieme alle altre bambine, ma avrebbe anche infuso forza e coraggio alle altre due vittime dei ripetuti abusi sessuali da parte dello zio e di un amico di famiglia, a quel tempo compagno di una delle madri delle ragazzine.

Tutto accadeva in casa

L'indagine condotta dalla Squadra Mobile di Roma si è presentata sin da subito estremamente complicata, poiché le violenze sessuali (palpeggiamenti e molestie, senza escludere rapporti orali) avvenivano all'interno delle mura domestiche - principalmente in casa della nonna - un luogo in cui i due individui godevano di grande stima e fiducia che gli consentiva di stare lontani da ogni sorta di sospetto e di eventuali accuse.

Accertare la natura dei fatti e scoprire finalmente la verità, in un primo momento si era presentata come una missione alquanto complessa e di difficile risoluzione per gli inquirenti, sia per la tenera età delle tre cuginette, sia per le personalità dei due indagati che, confondendo le ragazzine, le avevano indotte a credere che gli abusi sessuali fossero, in realtà, soltanto delle innocenti manifestazioni d'affetto.

La ricostruzione

Le ragazze - la più grande maggiorenne, le altre due no - avrebbero confessato che l'orrore e il dramma si consumava ogniqualvolta restavano in casa da sole: costrette a subire violenze sessuali senza avere alcuna possibilità di rifiutarsi né di tirarsi indietro. Insegnare alle bambine ad andare in bicicletta era una delle scuse che lo zio utilizzava per poter restare da solo con loro.

Grazie ai riscontri ottenuti dopo i racconti delle tre vittime, i militari hanno potuto acquisire significativi elementi d'accusa con i quali procedere all'arresto dei due pedofili che, fino ad allora, si erano camuffati dietro le amabili maschere di persone degne di stima e affetto da parte dei familiari.