Circa tre giorni fa, un gruppo di jihadisti affiliato all'Isis ha attaccato la moschea al-Rawda, nei pressi del piccolo villaggio di Bir al-Abed, nel nord della penisola del Sinai. La notizia ha sconcertato profondamente il mondo musulmano; anche l'imam di Al-Azhar - la voce più autorevole della confessione sunnita - ha condannato senza remore il gesto sotto diversi profili.

Nel giorno sacro di venerdì, infatti, un commando di circa 30 persone ha fatto detonare diversi ordigni all'esterno e fin dentro il cuore dell'edificio, per creare panico nella folla dei fedeli, assaltati poi con delle mitragliatrici: la carneficina, riporta il responsabile dei soccorsi Ahmad al-Ansari, non ha risparmiato le ambulanze che sono accorse per salvare i superstiti.

Il bilancio - sicuramente uno dei più pesanti nella storia del paese - è di più di 300 morti (tra cui 27 bambini) e oltre 100 feriti. Unanimi gli attestati di solidarietà pervenuti da ogni paese, dall'Italia alla Francia, passando per l'Emirato dell'Oman.

Sufi: breve storia di una visione mistica dell'Islam

Già nei primi secoli dopo la predicazione maomettana, diversi maestri (famosi i predicatori afghani, ma ve n'erano di diversa estrazione e provenienza, come l'andaluso Ibn al-Arabi) diffusero una concezione razionalista della fede musulmana, che ne ha avvicinato il messaggio a diverse sensibilità in Asia e nel Maghreb, divulgandone il messaggio. Famoso esempio di pratica meditativa sufi è quello dei Dervisci Rotanti, resi celebri in Italia dalla canzone "Voglio vederti danzare" di Franco Battiato.

Una visione che parte da un'ottica speculativa, antidogmatica, non può quindi che cozzare con le interpretazioni più restrittive dell'Islam sunnita: scuole che rispondono ai nomi - risalenti nei secoli - di salafiti e wahabiti, ma che solo di recente (nell'ultimo secolo e mezzo) hanno visto il pesante ingresso in politica, con i Fratelli Musulmani, di predicatori fondamentalisti ostili al dialogo con qualsiasi diversa sensibilità religiosa, musulmana o meno.

Sinai: una spina nel fianco del Governo di al-Sisi

Il Generale dell'esercito egiziano, che con un colpo di Stato ha deposto e incarcerato proprio il rappresentante della Fratellanza in egitto, Mohamed Morsi, ha subito proclamato tre giorni di lutto nazionale, accompagnando l'annuncio alle seguenti parole: "il popolo egiziano non avrà provato questa sofferenza invano".

La spinosa questione delle tribù jihadiste in Sinai non urta solo l'idea di regime democratico e pluralista garantita da al-Sisi, ma rischia di pregiudicare la tenuta stessa del suo incarico: un paese molto popoloso (vi si registra la popolazione più nutrita dell'intero mondo arabo), votato alla convivenza di fedi molto distanti, continua a sentire la morsa del terrorismo più intollerante alle porte delle sue città più importanti.