Tempi di quasi isterica - oseremmo dire - denuncia di abusi sessuali che spuntano nel dorato mondo dello spettacolo come brufoli sul viso di un adolescente. Carnefici senza alcuna possibilità di appello, che esercitano un "doppio abuso" grazie ad una posizione di fascino, ricchezza e potere, di cui le vittime sono anch'esse vittime "tout court", deboli e abbacinate, spinte alla soglia della prostituzione forzata o estorta. Tempi in cui anche in casa nostra nascono casi delicati e controversi.

Il fatto e le circostanze

In questo caso si tratta di una vicenda verificatasi tra le persone che vivono nei nostri quartieri e che fanno parte dei nostri incontri quotidiani, e che potrebbero essere anche dei nostri figli adolescenti.

Una diciassettenne di Bologna ha subito violenza sessuale in quella che sembrava una serata come tante, fatta di ubriacature più o meno pesanti, di "shortini" a mo' di droga legalmente elargiti dai bar. E quasi sempre si tratta di adolescenti alle prime esperienze di socializzazione, di vita fuori dalla famiglia, che hanno imparato troppo presto a rompere il ghiaccio con l'alcool. Lo stupro è stato perpetrato da un giovane extracomunitario che, in un momento di scomposto dibattito politico sulla presenza di stranieri sul nostro territorio, dà man forte a tutti coloro i quali sostengono che questa sia la naturale conseguenza di un'immigrazione ormai fuori controllo.

Ma stavolta la violenza non si è verificata per aggressione diretta, ma a margine di una serata di "sballo" - per usare un termine un po' logoro ed inadeguato alla bisogna - che ritroveremo più avanti.

È avvenuta in Piazza Verdi, a Bologna, zona notoriamente frequentata da adolescenti locali e da ragazzi stranieri che parlano magari tra loro, ridono e abbattono barriere sociali e culturali sorseggiando shortini. Ma la resa dei freni inibitori può portare ad appartarsi e a cascare in un rapporto sessuale non consenziente - ma presumibilmente neanche respinto - per le scarse difese psicologiche e fisiche del momento.

È quanto accaduto il 3 novembre scorso ad una ragazza che, appena ripresasi dai fumi dell'alcool e dello shock, ha subito denunciato il presunto stupratore.

Chiesa e social

A questo punto entra in scena la seconda figura centrale della vicenda che non è né lo stupratore, né il genitore della vittima. Si tratta di un parroco, don Lorenzo Guidotti che, una volta appresa la vicenda, sente il dovere di esprimere il suo giudizio sui social, rivolgendosi direttamente alla ragazza.

Dopo un discorso emotivo che sembra redarguire l'avventatezza della giovane nelle sue frequentazioni, incappa nella frase scandalo, "Ma dovrei provare pietà per te?", interpretata da molti come attaccata ad un filo logico di ragionamento che propenderebbe per il "no". Sfortuna vuole che il pensiero del sacerdote attraversi in pieno due campi minati della nostra attualità: una certa cultura dello "accogliamoli tutti" (riferita allo stupratore) ed una "cultura dello sballo" che induce i ragazzi ad un piacere rapido e intenso con un consapevole oblio dei valori morali che non può che condurre all'errore.

L'uomo e il prete

Detto da un parroco, sembra un ribaltamento tanto della cristiana comprensione e vicinanza alla vittima, quanto della cristiana cultura dell'accoglienza e dell'antirazzismo.

Insomma, don Guidotti è accusato sui social (chi la fa l'aspetti) di ragionare non come uomo di chiesa, ma come uomo di strada, preso e travagliato dal dibattito odierno sui temi caldi della nostra società. Un ragionamento, insomma, di quelli che si possono sentire sull'uscio di una chiesa o nei pressi di circoli e bar. Nel mirino delle critiche, in particolare, è finito quel "se l'è andata a cercare frequentando magrebini", che predicano coloro che vedono nei migranti dei soggetti socialmente, se non antropologicamente a rischio.

Un uomo con la tonaca che è parso privo della "cristiana pietas" e dell'immedesimazione nella Maddalena peccatrice del "chi è senza peccato scagli la prima pietra".

Seguono, come da rituale, le doverose precisazioni e le scuse, il ritiro del commento, le prese di distanza della Curia bolognese, l'esecrazione della madre della diciassettenne tramite "Ansa" che si schermisce con la solidità morale della sua famiglia. Ma il "tam tam" è ormai fuori controllo: il caso si è già diffuso.

Dov'è l'equilibrio?

Questa vicenda non fa altro che ribadire uno stranissimo clima, in cui vittime, carnefici e opinione pubblica sembrano confondersi ed esaltarsi in un verso o nell'altro. Il clima della brutalità insensata dello stupro di Rimini, delle denunce inarrestabili nel mondo dello spettacolo (anche di casa nostra), dei giudizi morali che pendono da un capo all'altro senza trovare un equilibrio neanche in un uomo timorato di Dio, che si lascia solo andare ad uno sfogo, forse più consono al chiuso di un confessionale.