I giudici hanno chiesto la sospensione dal servizio dei due militari della Benemerita che si sono occupati delle indagini sul caso Consip per aver truccato le risultanze in modo da danneggiare Tiziano Renzi e, suo tramite, l'ex presidente del Consiglio di allora Matteo Renzi. Con il passaggio dell'indagine dal Noe ai reparti dell'arma dei carabinieri di Roma e la scoperta che l'informativa fornita dal Noe conteneva dei falsi. Falsi che, ora, sono stati contestati all'ex capitano, ora promosso "maggiore", Scafarto. A firmare il provvedimento, su richiesta dei Pubblici Ministeri titolari dell'indagine, il Gip Gaspare Sturzo.

Le alterazioni delle dichiarazioni

Nel provvedimento dei Gip viene indicato che diverse dichiarazioni attribuite ad un soggetto, presenti nell'informativa del Noe, erano in effetti state pronunciate da altro soggetto. Ad esempio, la dichiarazione attribuita all'imprenditore Alfredo Romeo, e che era stata intercettata dai Carabinieri, relativamente all'ultima volta in cui avrebbe incontrato Tiziano Renzi, era stata pronunciata da Italo Bocchino. Cosa risaputa dallo Scafarto, informato in questo senso dai suoi uomini, e che avrebbe scientemente attribuito a Romeo perché, in questo modo, tale dichiarazione "inchiodava Renzi alle sue responsabilità". Il gip, quindi, concorda con la tesi sostenuta dagli inquirenti, secondo cui Scafarto avrebbe agito deliberatamente e autonomamente falsificando le dichiarazioni.

Il 'coinvolgimento' dei Servizi segreti

Nell'ordinanza del Gip si fa anche riferimento al presunto coinvolgimento dei Servizi segreti. Anche in questo caso secondo la Procura di Roma si sarebbe agito sulle risultanze delle indagini con vere e proprie omissioni e travisamenti della verità con il preciso scopo di affermare un'altra verità precedentemente precostituita.

Questo, ovviamente, a danno della verifica oggettiva dei fatti e a favore di una rappresentazione tendenzialmente maliziosa degli stessi.

Sempre secondo la Procura di Roma si è fatto un vero e proprio lavoro di mistificazione delle evidenze arrivando a spacciare quello che è stato definito dai giudici un millantatore come un ex generale dei servizi segreti in contatto con Alfredo Romeo, e questo sempre allo scopo di supportare la tesi del coinvolgimento della Presidenza del Consiglio dei Ministri nel richiedere l'intervento dei Servizi.

Anche in questo caso Scafarto sarebbe stato pienamente consapevole della falsificazione e a dimostrarlo ci sarebbero i numerosi messaggi whatsapp scambiati con i suoi collaboratori che attestavano la vera identità del soggetto.

I giudici sono riusciti a far valere la tesi dell'inquinamento volontario delle prove grazie, proprio, alle comunicazioni whatsapp tra Sessa e Scafarto. Da questi messaggi, inoltre, gli inquirenti hanno dedotto che le iniziative di Scafarto siano state intraprese per venire incontro ai desiderata di quelli che lo stesso definisce "il vice e il dottore". E che secondo i giudici sarebbero da identificare nell'ex colonnello Sergio De Caprio, l' ex Capitano Ultimo a comando del Noe e il pubblico ministero Henry John Woodcock, a quel tempo titolare dell'inchiesta. Comunque, questi sono profili distinti dell'indagine rispetto a quello di cui stiamo trattando e che ha portato alla sospensione dal servizio di Scafarto e Sessa.