È iniziato ieri il processo di Salah Abdeslam, il terrorista complice degli attentati del 13 novembre 2015 a Parigi. Alle 6 di mattina ha avuto luogo il trasferimento dalla prigione di Fleury-Merogis in Francia, dove era incarcerato.

Salah Abdeslam rischia 20 anni di carcere

Presente in aula assieme a lui anche il suo complice Sofiane Ayari, fuggito assieme a lui dopo la sparatoria contro i poliziotti durante il blitz avvenuto il 15 marzo 2016, prima che, il 18 marzo, Salah venisse arrestato. Ben 4 mesi di fuga, al termine dei quali Abdeslam ha sempre rifiutato di rispondere alle domande avvalendosi del diritto al silenzio.

Ed è proprio di tentato omicidio multiplo di poliziotti con aggravante del contesto terroristico che i due sono accusati: per Salah Abdeslam è stato chiesto il massimo della pena, pari a 20 anni di carcere. Il processo infatti si svolge solo per i fatti di Molenbeek e non è legato agli attacchi di Parigi (di tale processo ancora non si conosce la data, ma avrà luogo entro il 2020).

'Non ho paura di voi, per i musulmani non c'è presunzione d'innocenza'

L'unico sopravvissuto del commando che seminò il panico il 13 novembre 2015 a Parigi, si è presentato con lunghi capelli e barba incolta. Dall'aspetto provato, il terrorista si è così espresso durante il suo processo: "I musulmani sono trattati e giudicati nella peggiore delle maniere, senza pietà, non c'è presunzione di innocenza per noi.

Giudicatemi, fate pure quello che volete, io ho fiducia in Allah e non ho paura di voi. Il mio silenzio non è sinonimo di colpevolezza, mi piacerebbe che durante il processo ci si basasse su prove scientifiche e tangibili". Ricordiamo che Salah Abdeslam non si fece saltare in aria allo Stade de France come invece previsto dal piano e per questo fu anche ricercato dallo stesso Stato Islamico a cui prestò giuramento.

Il processo a cui è sottoposto al momento è stato messo in pausa su esplicita richiesta dell'avvocato difensore di Salah, Sven Mary, per preparare meglio la difesa e riprenderà soltanto giovedì. La pausa ha causato uno slittamento della fine del processo che dunque potrebbe durare anche fino alla metà della prossima settimana.

Ora ci si chiede se il giovane terrorista di 28 anni, nato a Molenbeek, deciderà di collaborare come promesso in precedenza oppure opterà per la linea dura e ferma portata avanti finora, rifugiandosi nel suo solito impenetrabile silenzio.