«Non sono le mafie a bruciare i rifiuti»
Il magistrato della Dna Roberto Pennisi controcorrente: «Cosa nostra ha abbandonato questo business da anni»
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PAVIA. «Dalla Sicilia fino al Trentino Alto Adige, da marzo ad oggi, ci sono stati oltre 300 incendi di impianti destinati al deposito o al trattamento dei rifiuti. E voi mi parlate di 'ndrangheta o di mafia? Ma non prendiamoci in giro». Usa i termini della provocazione Roberto Pennisi, magistrato e consigliere della Direzione nazionale antimafia, per parlare di criminalità ambientale. Di mafiosi in carcere ne ha condotti a centinaia, fin da quando era sostituto procuratore a Reggio Calabria. E da tempo si occupa di redigere il capitolo dedicato ai crimini ambientali all'interno del rapporto annuale della Dna. Eppure non ama la parola ecomafie. «Non è vero che la criminalità organizzata di tipo mafioso gestisce il traffico di rifiuti», ha detto Pennisi martedì sera in un convegno nell'aula magna dell'università. Il magistrato siciliano è stato invitato a intervenire a “Mafie, legalità e istituzioni 2017”, il ciclo di incontri sulla lotta alla criminalità organizzata giunto quest’anno alla 13esima edizione e progettato dal Coordinamento per il diritto allo studio-Udu e dall’Osservatorio antimafie Pavia. Insieme a lui c'erano anche Antonio Pergolizzi di Legambiente, il giornalista del Corriere della Sera Cesare Giuzzi e Alberta Leonarda Vergine, docente di diritto penale dell'ambiente dell'Università di Pavia.
«Mafia e traffici di rifiuti non hanno niente a che vedere: i traffici di rifiuti alla mafia non interessano – ha detto Pennisi in aula magna – In un determinato periodo storico, effettivamente, c'è stato un interesse della criminalità organizzata verso i traffici di rifiuti. Ma questo è avvenuto dalla fine degli anni Ottanta alla metà degli anni Novanta».
In quel lasso di tempo, ha raccontato il consigliere della Direzione nazionale antimafia davanti a un centinaio di studenti intervenuti per seguire la conferenza, alcune aziende del nord che volevano risparmiare sullo smaltimento dei rifiuti si sono rivolte alla criminalità organizzata del sud, da Cosa nostra alla 'ndrangheta. Ma hanno ricevuto risposte positive soltanto dai clan camorristico dei Casalesi.Secondo Antonio Pergolizzi, invece, le ecomafie esistono eccome: «La mafia gestisce direttamente le discariche e il movimento terra». (reda. cro.)
«Mafia e traffici di rifiuti non hanno niente a che vedere: i traffici di rifiuti alla mafia non interessano – ha detto Pennisi in aula magna – In un determinato periodo storico, effettivamente, c'è stato un interesse della criminalità organizzata verso i traffici di rifiuti. Ma questo è avvenuto dalla fine degli anni Ottanta alla metà degli anni Novanta».
In quel lasso di tempo, ha raccontato il consigliere della Direzione nazionale antimafia davanti a un centinaio di studenti intervenuti per seguire la conferenza, alcune aziende del nord che volevano risparmiare sullo smaltimento dei rifiuti si sono rivolte alla criminalità organizzata del sud, da Cosa nostra alla 'ndrangheta. Ma hanno ricevuto risposte positive soltanto dai clan camorristico dei Casalesi.Secondo Antonio Pergolizzi, invece, le ecomafie esistono eccome: «La mafia gestisce direttamente le discariche e il movimento terra». (reda. cro.)
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