Mensa negata agli immigrati: «Vigevano è come Lodi»
Dal 2013 raccolti 85mila euro per aiutare le famiglie più povere a pagare. Il consigliere regionale Verni (M5s): «Regolamenti illegittimi, vanno annullati»
Claudio MalviciniVIGEVANO. Se a Lodi la mensa è stata negata ai figli di 316 famiglie immigrate, perché non hanno i soldi per pagare la retta massima, Vigevano si trova in una situazione simile dal 2015, da quando cioè la giunta leghista ha imposto alle famiglie non comunitarie di allegare all’Isee un documento che attesti la mancanza di case di proprietà nel Paese d’origine. Chi non lo fa è costrette a pagare la retta più alta per ciascuno dei servizi a domanda individuale per i figli, cioè materna, mensa, pre e post scuola, scuolabus. Molti non ce la fanno e costringono i figli a mangiarsi un panino oppure chiedono aiuto alle associazioni di volontariato che a Vigevano si occupano di stranieri.
A livello nazionale il caso Lodi, e quindi anche quello Vigevano, è terreno di scontro tra gli alleati Lega e M5s. «È sbagliato fare una delibera che crea discriminazioni così importanti e si deve chiedere scusa – ha detto il grillino Roberto Fico, presidente della Camera. – Questi bambini devono tornare in mensa. A Lodi sono stati raccolti tra i cittadini 60mila euro per pagare le rette fino a dicembre, è la risposta degli italiani alle discriminazioni». I sindaci leghisti sono però difesi dal vicepremier Matteo Salvini: «Fanno bene, basta furbetti».
Critiche arrivano anche dai consiglieri regionali eletti in provincia di Pavia. «I regolamenti varati a Lodi e Vigevano sono illegittimi – dice Simone Verni dei Cinque stelle – quindi devono essere annullati». Critiche anche dal Pd: «Altri Comuni sono mossi dalla volontà di integrare gli stranieri, Vigevano e Lodi no – dice Giuseppe Villani. – Contrasteremo questi regolamenti in Regione».
Le critiche sul caso a Vigevano si ascoltano dal marzo 2015, da quando la giunta di Andrea Sala ha stabilito l’obbligo per i cittadini extra Ue di allegare all’Isee «certificazioni rilasciate dai Paesi di provenienza per la verifica di “fatti, stati e qualità personali” che non sono controllabili da parte dei soggetti pubblici italiani, altrimenti l’Isee non verrà considerata valida».
Lo straniero che non riesce a produrre quei documenti, tradotti in italiano, può lo stesso mandare i figli in mensa, ma paga la retta massima, pari a 5,10 euro al giorno. E lo stesso vale per gli altri servizi a domanda individuale.
A Vigevano sono stati raccolti 85.162 euro tra il 2013 e il giugno scorso grazie anche all’associazione “L’articolo 3 vale anche per me”, nata nel 2013 proprio per aiutare le famiglie che non riescono a pagare le rette scolastiche. «Le regole di Lodi e Vigevano sono discriminatorie – commenta Amalia Trifogli, presidente de L’articolo 3 – perché non valgono per le famiglie europee, che devono solo autocertificare la loro situazione patrimoniale».
In questi 6 anni i vigevanesi hanno aiutato 529 bambini, ma anche altri avrebbero bisogno di aiuto. I soldi arrivano da donazioni individuali, ma anche da altre associazioni che organizzano eventi. «Dalla “Pastasciutta antifascista” di Anpi, Libera e Cgil ci sono arrivati mille euro, solo per fare un esempio. Da settembre – conclude Trifogli – stiamo aiutando circa altri 30 bambini, di cui 10 italiani. A uno paghiamo lo scuolabus. Il punto è che dovrebbe essere il Comune ad aiutare queste famiglie, non i vigevanesi». (ha collaborato S. Bovani) —
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