la festa dei doni portati seguendo la cometa
A Betlemme, dopo un lungo cammino, i Magi trovano una donna che culla tra le braccia il suo bambino appena nato. Non un manifestazione potente e straordinaria del divino. Ma una scena intima, di...
di MARIA GRAZIA PICCALUGA
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A Betlemme, dopo un lungo cammino, i Magi trovano una donna che culla tra le braccia il suo bambino appena nato. Non un manifestazione potente e straordinaria del divino. Ma una scena intima, di comune e profonda umanità. Eppure i tre saggi giunti dal lontano Oriente si prostrano ai loro piedi, in adorazione.
«Videro e capirono – spiega monsignor Gianfranco Poma biblista, già parroco di San Teodoro e già delegato del vescovo della diocesi di Pavia per la cultura, l’ecumenismo e il dialogo –. In questo sta l’essenza dell’Epifania che noi celebriamo oggi e di cui forse ci stiamo dimenticando il significato. La parola viene dal greco “Epiphàneia”, che significa letteralmente “manifestazione”, “rivelazione”. E’ la meraviglia per una scoperta, la manifestazione della realtà profonda e intima di Gesù. E’ gloria che sta dentro la normalità di un evento umano come la nascita di un bambino in una misera capanna a Betlemme».
Un messaggio rivolto all’umanità e a ciascuno di noi, ricorda monsignor Poma, «perché in Gesù troviamo il senso della nostra esistenza, il senso del tempo e della storia».
«Degli astrologi vennero da luoghi orientali a Gerusalemme dicendo: Dov’è il re dei giudei che è nato? Poiché vedemmo la sua stella in oriente e siamo venuti a rendergli omaggio» scrive Matteo nel suo Vangelo. Ma la cometa di Halley – identificata nella tradizione seguente come la “stella cometa” – si avvicinò alla Terra, nel suo ciclo passaggio ogni 76 anni, solo nel 12 d.C. quindi lontano dal periodo in cui si colloca la nascita di Gesù. E allora di quale luce si parla?
«Non possiamo dare una lettura letterale e semplicistica dei testi evangelici – avverte monsignor Poma – La stella è la luce, la guida, è l’arrivo di Gesù. Appartiene a un linguaggio simbolico, mitico. Lo troviamo già nella Bibbia, nella prima lettura di Isaia, “Àlzati, rivestiti di luce, perché viene la tua luce, la gloria del Signore brilla sopra di te”. E poi nella lettera di San Paolo agli Efesini. Nella pagina di Isaia ci sono molti elementi in comune con la vicenda dei Magi. I Vangeli hanno incontrato il linguaggio mitico che li ha preceduti e ne hanno fatto uso, applicandolo a Gesù, per dire che è una realtà storica ma non si può comprendere percorrendo la strada della razionalità bensì usando il linguaggio del mito. Se sappiamo ascoltare e aprire le nostre porte allora la Bibbia e i Vangeli ci possono fornire le risposte».
I Magi giunti a Gerusalemme non vedono più la stella e chiedono indicazioni a Erode e ai sacerdoti. «Oggi questo potrebbe fornire una lettura polemica di quegli eventi ma anche attuale – riprende monsignor Poma –. Il re, il simbolo del potere, e i sacerdoti sanno dove trovare il bambino, lo indicano ai Magi, ma loro non ci vanno. Non cercano. C’è una chiusura. Invece le persone più umili e i puri di cuore si mettono alla ricerca, seguono e trovano la luce contro il buio della ragione». E quando trovano la capanna con il Bambino a Betlemme si inchinano ai piedi di Gesù. «Rendono onore a un evento così umano – dice ancora monsignor Gianfranco Poma – Lo splendore di Dio sta proprio nella realtà umana, nelle cose semplici. Se noi cerchiamo la luce e non ci accontentiamo della banalità, la troviamo e otteniamo anche delle risposte. Anche il mito, apparentemente così distante, viene riempito dalla realtà umana che invece si può comprendere e toccare».
«Videro e capirono – spiega monsignor Gianfranco Poma biblista, già parroco di San Teodoro e già delegato del vescovo della diocesi di Pavia per la cultura, l’ecumenismo e il dialogo –. In questo sta l’essenza dell’Epifania che noi celebriamo oggi e di cui forse ci stiamo dimenticando il significato. La parola viene dal greco “Epiphàneia”, che significa letteralmente “manifestazione”, “rivelazione”. E’ la meraviglia per una scoperta, la manifestazione della realtà profonda e intima di Gesù. E’ gloria che sta dentro la normalità di un evento umano come la nascita di un bambino in una misera capanna a Betlemme».
Un messaggio rivolto all’umanità e a ciascuno di noi, ricorda monsignor Poma, «perché in Gesù troviamo il senso della nostra esistenza, il senso del tempo e della storia».
«Degli astrologi vennero da luoghi orientali a Gerusalemme dicendo: Dov’è il re dei giudei che è nato? Poiché vedemmo la sua stella in oriente e siamo venuti a rendergli omaggio» scrive Matteo nel suo Vangelo. Ma la cometa di Halley – identificata nella tradizione seguente come la “stella cometa” – si avvicinò alla Terra, nel suo ciclo passaggio ogni 76 anni, solo nel 12 d.C. quindi lontano dal periodo in cui si colloca la nascita di Gesù. E allora di quale luce si parla?
«Non possiamo dare una lettura letterale e semplicistica dei testi evangelici – avverte monsignor Poma – La stella è la luce, la guida, è l’arrivo di Gesù. Appartiene a un linguaggio simbolico, mitico. Lo troviamo già nella Bibbia, nella prima lettura di Isaia, “Àlzati, rivestiti di luce, perché viene la tua luce, la gloria del Signore brilla sopra di te”. E poi nella lettera di San Paolo agli Efesini. Nella pagina di Isaia ci sono molti elementi in comune con la vicenda dei Magi. I Vangeli hanno incontrato il linguaggio mitico che li ha preceduti e ne hanno fatto uso, applicandolo a Gesù, per dire che è una realtà storica ma non si può comprendere percorrendo la strada della razionalità bensì usando il linguaggio del mito. Se sappiamo ascoltare e aprire le nostre porte allora la Bibbia e i Vangeli ci possono fornire le risposte».
I Magi giunti a Gerusalemme non vedono più la stella e chiedono indicazioni a Erode e ai sacerdoti. «Oggi questo potrebbe fornire una lettura polemica di quegli eventi ma anche attuale – riprende monsignor Poma –. Il re, il simbolo del potere, e i sacerdoti sanno dove trovare il bambino, lo indicano ai Magi, ma loro non ci vanno. Non cercano. C’è una chiusura. Invece le persone più umili e i puri di cuore si mettono alla ricerca, seguono e trovano la luce contro il buio della ragione». E quando trovano la capanna con il Bambino a Betlemme si inchinano ai piedi di Gesù. «Rendono onore a un evento così umano – dice ancora monsignor Gianfranco Poma – Lo splendore di Dio sta proprio nella realtà umana, nelle cose semplici. Se noi cerchiamo la luce e non ci accontentiamo della banalità, la troviamo e otteniamo anche delle risposte. Anche il mito, apparentemente così distante, viene riempito dalla realtà umana che invece si può comprendere e toccare».
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