Settis: «Cancellano il bello e non ce ne accorgiamo»
Il progressivo degrado del territorio, l’attacco all’arte, l’ampliarsi dei ghetti urbani. Siamo sicuri di saper riconoscere quello che sta accadendo? È retorica, la domanda allarmata che Salvatore...
Il progressivo degrado del territorio, l’attacco all’arte, l’ampliarsi dei ghetti urbani. Siamo sicuri di saper riconoscere quello che sta accadendo? È retorica, la domanda allarmata che Salvatore Settis ha posto all’uditorio del corso di formazione delle Cascine Orsine, a Bereguardo. Archeologo, storico dell’arte - «combattente per la bellezza», come lo ha presentato Giulia Maria Crespi - Settis proprio di questo ha parlato, con stimolanti citazioni letterarie e diversi affondi a certa politica.
«La bellezza è un termine inflazionato nel linguaggio politico, viene usata come arma da brandire», quasi di marketing («abbiamo avuto Giotto quindi comprate le nostre scarpe...»), oppure come fuga dalla realtà («consoliamoci con l’arte»), ma invece «il balsamo della bellezza serve a ricordare, non a dimenticare, a conoscere noi stessi, il mondo, il futuro».
La distruzione del bello, la furia iconoclasta che è in atto sembra qualcosa di lontano da noi, nota Settis: pensiamo per esempio a quello che ha fatto l’Isis a Palmira convinti che sia una prerogativa dell’Islam, e invece no: «Claudio, vescovo di Torino dall’816 all’828, è stato il più grande distruttore di immagini della storia europea, e pensiamo anche a Savonarola». I Buddha di Bamiyan prima di essere distrutti dai talebani in Afghanistan erano già stati mutilati e Goethe - uno di noi - aveva salutato positivamente questa azione. «La Mecca è il luogo più distrutto del mondo – dice Settis – il re è “custode delle sacre moschee”, ma sta abbattendo edifici storici per far posto a centri commerciali e turistici come il Mecca Royal Clock Tower, un albergo di lusso alto 601 metri, copia ingigantita del Big Ben». Si chiede Settis: perché non ne parliamo mai? «Perché in grande somiglia alla nostra, di iconoclastia: non è lo stesso distruggere i paesaggi, lasciar andare il patrimonio storico e artistico, tenere chiusi archivi e biblioteche?». E mentre in Italia aggiunge l’archeologo - Berlusconi tagliava i fondi ai Beni culturali, la Germania e la Francia li aumentavano.
L’unica speranza di fronte a questa avanzata inquietante è per Settis coltivare il valore della memoria: «Con l’ossessiva concentrazione sul presente, così complicato e mutevole, non consideriamo il passato. Le armi che abbiamo sono il discorso, la cultura, l’attenzione ai valori immateriali, all’arte, alla musica». E poi «il nostro diritto ad avere una scuola finanziata - una scuola buona, non una Buona scuola, che non prepari a fare una cosa sola ma alla società, e la cancellazione dell’educazione civica è una prova - un’università che funzioni». A ritrovare la bellezza nell’arte, che dipende da quella della natura. E ricercare l’eudaimonia di Aristotele: «Non felicità, ma realizzazione della propria vita». (l.si.)
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