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«Porti aperti ai migranti» Pioggia di insulti su Bettazzi

Il vescovo emerito di Ivrea aveva scritto al premier Conte chiedendogli di non usare chi fugge da fame e guerre per ottenere consensi

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IVREA. Una pioggia di insulti è caduta via web sul vescovo emerito di Ivrea Luigi Bettazzi che, nei giorni scorsi, aveva scritto una lettera aperta al presidente del Consiglio Giuseppe Conte chiedendo più umanità per i migranti. L’articolo in cui Bettazzi chiedeva di non usare chi fugge da guerre e fame per ottenere consensi, pubblicato sulla Sentinella mercoledì 4, è stato poi postato sulla pagina Facebook del giornale. Apriti cielo. Al netto degli insulti irripetibili che abbiamo cancellato, molti commenti - come spesso capita - sono stati pubblicati da persone che non avevano neanche letto l’articolo. Il leitmotiv è «prendili a casa tua questi migranti»; «Tutti bravi e generosi con i soldi degli altri».

Peccato che proprio nell’incipit della sua lettera, Bettazzi avesse precisato di scrivere al premier Conte dalla sua residenza di Albiano «edificio diocesano che di migranti ne ospita».

«Siamo tanti non volerci sentire responsabili di navi bloccate e di porti chiusi - scriveva il vescovo emerito di Ivrea - mentre ci sentiamo corresponsabili di Governi che, dopo avere sfruttato quei Paesi e continuando a vendere loro armi, poi reagiscono se si fugge da quelle guerre e da quelle povertà. Non vogliamo vedere questo Mediterraneo testimone e tomba di una sorta di genocidio, di cui diventiamo tutti in qualche modo responsabili».

Nei commenti offensivi non c’è nessun tipo di ragionamento davanti a queste parole, ma solo insulti personali e accuse del tutto inventate nei confronti di Bettazzi, dalla pedofilia alle ruberie.

Andrea Benedino, ex assessore alla Cultura, osserva: «Per dire che società stiamo diventando. Ho finito le parole». Sempre sulla nostra pagina Facebook, Gabriella Colosso, neo consigliera comunale e responsabile del settore servizio civile di Confcooperative Piemonte Nord di Torino, si chiede amareggiata: «Cosa sta succedendo agli eporediesi, persone che sono sempre state avanti “di un passo” rispetto all’accoglienza, al rispetto, al riconoscimento degli altri. Ivrea ha una storia, un modo di essere e di vivere, che nasce dai valori trasmessi da Olivetti e da quel “lontano vescovo” che ha aperto le porte dei seminari facendo vivere i preti fra la gente, che ha ascoltato e dialogato con tutti. Quel “lontano vescovo” che ha lottato con e per i lavoratori della Montefibre prima e della Olivetti poi». «Dove sono quegli eporediesi - conclude Colosso - che hanno vissuto tutto questo e non sono stati capaci di trasmetterlo ad altri oppure, oggi per comodo, tacciono. Mortifica sentire il linguaggio che viene usato: questa è una città che non riconosco più». Tra i messaggi di solidarietà c’è anche chi ha coniato l’hashtag #iostoconBettazzi. —

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