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Savino, santo patrono per caso A Ivrea 600 anni dopo la morte

Le spoglie portate dal duca di Spoleto Corrado Conone, parente di Arduino Fino alla metà del Settecento la festa era il 24 gennaio, poi fu spostata a luglio

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Ivrea, la processione in onore di San Savino

IVREA
È praticamente un patrono per caso, San Savino, giunto a Ivrea in modo alquanto avventuroso, nel 956, ben 600 anni dopo la propria morte.
A trasportarne in Canavese le spoglie mortali fu Corrado Conone, duca di Spoleto e parente di Arduino, che, non ritenendo opportuno trattenersi nel proprio ducato dove infuriava la peste, decise di tornare nella sua patria eporediese e - come narra lo storico Pietro Giustiniano Robesti nelle Notizie Istoriche - «per proteggere se stesso e la città di Ivrea dal temuto morbo, volle portare con sé uno di quei molti santi corpi che arricchiscono la città di Spoleto».
LA SCELTA DI SAN SAVINO
Per timore di venire sorpreso a profanare una tomba in una delle chiese cittadine, decise di prelevare il corpo di San Savino che si trovava in una basilica a lui intitolata e distante due miglia dalla città. «Così, senza verun disturbo - ricorda Giovanni Benvenuti nell’Istoria dell’antica città di Ivrea- aperta la tomba ove stavano le sacre spoglie del santo, prese la cassa e seco in Ivrea col maggior rispetto recolla».
È sempre Benvenuti a raccontare che, giunto il corteo ducale alle porte della città, San Savino provvide a guarire uno zoppo che, viste le sacre reliquie, gli si era raccomandato. La notizia fece immediatamente il giro della città e la gente «mosse incontro al sacro pegno che fu con solenne pompa portato nella cattedrale ove, invocato il santo con gran divozione e fede, questi rese immune la città dalla serpeggiante pestilenza». Fu così che il Santo vescovo e martire venne nominato principale protettore della città e le sue reliquie riposte in una cassa collocata all’interno di un’urna di marmo a sua volta posta sotto l’altar maggiore dove rimase fino al 1587.
DA GENNAIO A LUGLIO
Ritenuto il 24 gennaio il giorno esatto della traslazione delle reliquie, per molti anni si festeggiò in tale data, almeno fino alla metà del Settecento, quando il vescovo Michele Vittorio De Villa, per celebrare con maggior solennità la patronale e vedendo quanto fosse difficile farlo il 24 gennaio, a causa della neve e del ghiaccio che, in inverno, rendevano impraticabili le strade, ottenne dalla Santa Sede il consenso per spostarla il 7 luglio.
Proprio all’anno in cui monsignor De Villa ottenne lo spostamento della data, il 1749, risale l’urna d’argento nella quale si conservano ancora oggi le reliquie di Savino. Tutta la città concorse alle spese per la sua realizzazione, in segno di riconoscenza al Santo per essere scampata ai disastri procurati da una terribile alluvione. Oggi, come allora, l’urna viene portata in processione e, durante l’anno, viene custodita in una teca protetta da una grata sopra l’altare di una cappella laterale in duomo, dedicata al Santo e affrescata dal pittore Carlo Cogrossi con la scena del martirio in cui a Savino vengono mozzate le mani. —
FRANCO FARNÈ
 

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