TRAVAGLI DEMOCRATICI

Renziani in balia della corrente

Da Gariglio a Borghi, da Bonomo a Taricco: un nutrito drappello di parlamentari piemontesi aderisce a "Base riformista" fondata da Lotti. Altri seguaci dell'ex premier serrano i ranghi e aspettano indicazioni, anche per levare le tende da un Pd neodiessino

Con l’ex reggente giusto il tempo per perdere il congresso e attribuire alla debolezza della sua candidatura le ragioni della sconfitta, prontamente ricambiati con l’accusa di non aver portato i voti promessi. Insomma, che tra Maurizio Martina e il ticket (post) renziano Luca Lotti-Lorenzo Guerini con truppa al seguito non fosse destinata a durare era sotto gli occhi di tutti. Non sorprende più di tanto, dunque, l’annuncio dell’imminente nascita della corrente con a capo l’ex ministro e l’attuale presidente del Copasir, probabile versione acconciata all’attesa degli esiti zingarettiani e senza spinte centrifughe, di quella ridotta renziana che Matteo Renzi non ha mai voluto fare, né benedire.

Sorprende, forse un po’ di più, scoprire come mentre ancora la corrente deve nascere ufficialmente, già invece sia pronta la pattuglia parlamentare piemontese che entrerà a far parte di Base Riformista, così come pare si chiamerà la componente degli ex renziani anche se l’acronimo potrebbe suggerire un cambiamento (B.R. è un tantino inquietante), quelli meno duri e puri e barricaderi rispetto a coloro che hanno sostenuto Roberto Giachetti e Anna Ascani, tanto da essersi temporaneamente accasati chez Martina, senza neppure disfare una valigia.

Ad oggi sono cinque i parlamentari piddini del Piemonte che hanno deciso di aderire alla nuova corrente: i deputati Davide Gariglio, Enrico Borghi, Mino Taricco e Francesca Bonomo, oltre al senatore Mauro Laus. Chi più vicino all’ex uomo potente del Giglio Magico, chi più in sintonia con la matrice cattolica e le comuni origini democristiane di Guerini. Posizioni, a quanto risulta, decisamente attendiste e improntate a una “attenta e ponderata riflessione” quelle che di fronte a questa iniziativa avrebbero sia il senatore Mauro Maria Marino, sia la deputata renzianissima Silvia Fregolent, entrambi con un forte e duraturo link con Maria Elena Boschi (schierata al congresso a favore di Giachetti) i cui rapporti con Lotti, come noto, non sono certo idilliaci.

Nella squadra non c’è neppure Stefano Lepri e la sua mancata adesione a questa come ad altre componenti viene spiegata dai suoi come l’atteggiamento di chi “si muove con la consapevolezza di non dover niente a nessuno”, intendendo questo come la risposta alla decisione di candidarlo in un collegio uninominale, dove ha vinto, senza alcuna blindatura o garanzia. Altre blindature e garanzie possono, invece, concorrere a spiegare alcune scelte: come quella della Bonomo, la cui posizione sicura nella lista viene ricondotta proprio a Lotti. E mentre filtrano le prime anticipazioni su un “Manifesto delle idee" a support delle componente che negli enunciati vuole rilanciare “l'impostazione riformista dei governi Renzi e Gentiloni”, è Guerini a spiegare che “il tema è lavorare ad un'area fortemente riformista che rappresenti in modo chiaro che la cultura liberal-democratica e cattolico-democratica hanno cittadinanza piena nel Pd”.

Il Manifesto sarà pubblicato tra fine aprile e i primi di maggio, per lanciare le adesioni, mentre il varo dell'associazione in una manifestazione nazionale sarà dopo le europee, per non creare tensioni nel partito in piena campagna elettorale. La linea della corrente "più che un elemento nostalgico rispetto ai passati governi a guida Pd indica la volontà di fissare il primato dei contenuti sulle questioni di schieramento, della cultura di governo sulla mistica delle alleanze, della necessità di modificare concretamente il sistema produttivo e sociale italiano nel segno di una sempre maggiore giustizia sociale e dell'equità”.

Questi i classici enunciati. Quel che non si scrive, ma si vede è l’ulteriore frantumazione del renzismo: tra coloro che ne rivendicano i risultati, ma decidono di farlo comunque nello schema classico che non può che contemplare le correnti e chi, come i giachettiani (dietro cui scalpitano i renziani duri e puri) non escludono altre possibilità, tanto più se come pare e come di fatto riconfermato da Zingaretti ancora ieri a Torino l’ipotesi di un ritorno degli scissionisti di Articolo1 è nel conto delle possibilità, senza preclusioni.

Posizioni già emerse con nettezza al congresso e ribadite da chi, come il presidente dell’ottava circoscrizione di Torino Davide Ricca, renzianissimo e con Giachetti nella competizione per la segreteria, non fanno mistero di aspettare un cenno, un segnale dall’ex segretario, “che sia per lavorare da dentro o da fuori”. Più probabile la seconda. Ma è ancora al “percorso congressuale” che fa riferimento Borghi per spiegare le ragioni della componente cui ha subito aderito: “nasce da lì e dall’esigenza di mantenere vivo lo spirito riformista e plurale del Pd. Nella crisi che sta vivendo la sinistra in Europa c'è un elemento rilevante: la sua mancata analisi su un'economia sempre più finanziarizzata, in cui i capitali si spostano con un click, senza pensare alle conseguenze sociali di quelle scelte. Dobbiamo fare – sostiene il parlamentare ossolano – una lettura della globalizzazione, che non si risolve né col sovranismo né con il corbynismo. Il ritorno indietro alle antiche nostalgie e ritualità è tanto comodo, quanto errato”. Poi il referendum che decretò la sconfitta di Renzi e il declino del renzismo: “non può essere confinato all’esito di quel voto un progetto riformista di cui è necessaria la ripresa. La modernizzazione equa del Paese si impone alla luce delle scelte inique e retrograde dei nazional-populisti”.

L’attacco al governo pentaleghista, è facile quanto politicamente scontato. Interessante sarà, piuttosto vedere la nuova componente di fronte ai temi su cui dovrà pronunciarsi il Pd e in parte lo ha già fatto il segretario: dal ritorno dei bersaniani e dalemiani, fino all’ipotetico accordo con i Cinquestelle. In Piemonte la nuova componente indirà presto un incontro. Sarà forse l’occasione per vedere quanto seguito avrà, oltre all’ambito parlamentare, e quali effetti potrà sortire nell’ormai diffuso e confuso post-renzismo con le rischiose urne delle regionali alle viste.

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