Le verità negate del processo a Giulio Andreotti

di Gian Carlo Caselli

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Gian Carlo Caselli - Ex magistrato, già procuratore capo della Repubblica di Palermo e di Torino

Insieme, Guido Lo Forte (collega della Procura di Palermo) ed io abbiamo scritto per Laterza un volumetto di 122 pagine intitolato “ La verità sul processo Andreotti”.
Una tempesta di bufale (oggi  “fake news”) ha fatto credere a moltissimi cittadini italiani   - in buona fede ma ingannati – che l’imputato Giulio Andreotti  sia stato assolto.  Di più: che sia stato perseguitato e costretto, seppur innocente, a subire una decina d’anni di calvario ad opera di una perversa magistratura “giustizialista” annidata nella procura di Palermo. Falso!
La Corte d’appello ( con sentenza poi definitivamente confermata in Cassazione) ha  decretato  “non doversi procedere in ordine al reato di associazione a delinquere [con Cosa nostra] commesso fino alla primavera del 1980”. Reato commesso! Prescritto, ma commesso! Altro che assoluzione! Assolto per aver commesso il reato è un oltraggio alla logica e al buon senso. Un ossimoro da vertigine. Tanto più  se  la commissione del reato è suffragata da una montagna di prove relative a fatti assai gravi, in particolare due incontri dell’imputato Andreotti con il boss dei boss di  allora (Stefano Bontate)  riguardanti l’omicidio di Piersanti Mattarella, l’onestissimo presidente della regione Sicilia  impegnato in un’opera di moralizzazione che l’aveva messo in rotta di collisione con i criminali di  Cosa nostra.   Ma perché tanta pervicace ostinata, apparentemente assurda, negazione della verità del processo Andreotti? L’uomo politico italiano ( sette volte premier e oltre 10 volte  ministro) più potente dal dopoguerra al sequestro Moro? Perché il processo ha affrontato e cercato di decifrare  i nodi del patto di scambio politico-mafioso, dei rapporti torbidi tra mafia, politica, imprenditoria e massoneria. Perché esso si inscrive in una cornice più ampia, quella della strategia complessiva di Cosa nostra, che si traduce in una politica di “relazioni esterne” con la società e lo stato.
In altre parole, l’obiettivo di quella negazione  non è solo il processo in sé. In filigrana si percepisce facilmente  un problema, ben più rilevante, di democrazia. Un problema che ci interpella su come  (almeno in un certo periodo e almeno in parte) si sia formato il consenso  nel nostro Paese. Dunque,  negare la verità del processo  equivale a cancellare i gravissimi fatti su cui  esso si regge. Ed è come svuotare di significato negativo i rapporti tra mafia e politica,  determinando in sostanza una loro legittimazione: non solo per il passato, ma anche per il presente e per il futuro.
In altre parole, negando la verità del processo  Andreotti si compie un’operazione perfettamente funzionale a quella robusta corrente di pensiero, molto diffusa nel nostro paese, che possiamo chiamare “negazionismo/riduzionismo” dei rapporti mafia-politica.
Che si vorrebbero ridurre a folklore, roba di poche mele marce, da circoscrivere nell’ambito localistico di alcuni appalti taroccati. Mentre invece si tratta di questioni  con un preciso respiro nazionale. La lettura degli atti e delle sentenze del processo Andreotti ( come pure del processo dell’Utri e del processo trattativa stato-mafia recentemente conclusosi con la lettura in primo grado del dispositivo di condanna) non sancisce affatto la cronaca di una modesta e arretrata realtà periferica Sancisce  i tempi – appunto – della storia del Paese.  Per  cui le vicende processuali di fatto finiscono per travalicare il perimetro del giudizio sulle responsabilità penali (necessariamente personali e ancorate  a fattispecie circoscritte), per delineare una vicenda storica che  con  orribili cadenze di morte assume i connotati di una tragedia nazionale  incombente, quasi destinata a ripetersi ciclicamente.
Il negazionismo/riduzionismo  di quello che Dalla Chiesa chiamava il “polipartito della mafia”, per indicare la compenetrazione illecita tra Cosa nostra e  alcuni settori  del potere legale,  rappresenta una dolosa perdita della memoria che sfocia in  colpevole amnesia. Una specie di rottura della continuità di quel  senso etico che solo  può arginare il ripetersi di certi fatti.
A chi giova tutto questo? La risposta è nelle parole di un giornalista inglese, David Lane, che a proposito del processo Andreotti ha scritto: “i politici e i media hanno raccontato  un’altra storia , come se la suprema corte avesse detto che [Andreotti] era innocente”. Un fatto che ha inciso  ”sulla determinazione nella lotta al crimine.....un  messaggio chiaro che piace ai mafiosi”.  E certamente anche  ai loro complici!

Il libro:  “La verità sul processo Andreotti”, Laterza

9 commenti

  • ANDREOTTI ERA MAFIOSO I SUOI PROCESSI CADUTI IN PRESCRIZIONE LA SUA MEMORIA RIABILITATA TUO CIò HA UN SENSO?????

  • Silvia Persiani 17 giugno 2018 alle 9:27

    Altro testo da leggere. Grazie dott. Caselli: troppo importante conoscere ciò che è passato sotto silenzio relativamente a Giulio Andreotti. Tanto per capire la portata di quel personaggio e dei suoi legami: sono rimasta sconvolta vedendo il documentario di Ezio Mauro davanti ad una risposta della Faranda sul perché le Brigate Rosse avesssero scelto come vittima Aldo Moro e non Giulio Andreotti politicamente molto influente. La risposta è stata per me una doccia fredda: “Andreotti ci sembrava oramai fuori dai giochi”. Della serie i migliori li hanno fatti fuori I brigatisti e allo stato hanno lasciato gli arnesi più compromessi. Grazie

  • GRAZIE !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
    Finalmente la VERA VERITA' su questo autentico delinquente osannato per decenni dai giornalasrti, evidentemente collusi con il suo "metodo" ...
    meno male che esistono ancora altri giornalisti ONESTI e che no temono, anche se tardi, di dire la verità.
    GRAZIE ANCORA ...
    tutto questo serve per capire i "mafiosi" di adesso, che sono poi i suoi "figliocci" ...
    GA

  • Maria Calabrese 17 giugno 2018 alle 14:18

    NON C'È PEGGIORE MAFIA DELL'ANTIMAFIA "MIGLIORE" CHE SBAGLIA "QUANDO NECESSARIO"!

    Lo riscrivo di nuovo, magari qualcuno conoscendo nomi, cognomi, fatti, documenti, fa.

    Criminali condannati per reati massomafiosi, per reati di terrorismo anche di estrema destra e "riciclati" "dall'antistato" nello stato del non diritto, sono realtà conosciute e diffuse nelle quali, per le quali cosa si fa? Noi cittadini per bene possiamo dire, scrivere, testimoniare, denunciare, vivere di fiducia e speranza, continuare, continuare a fare, dire, andare di nuovo e di nuovo, insistere, cercare, sperare e poi? Sapere, sapere cosa è successo di buono, di giusto, vedere, vivere dei risultati grazie a noi è necessario, è doveroso, è motivante, permette resistenza e resilienza, insegna "il contagio", la sana imitazione, il desiderio di fare condiviso, ancora e ancora, non l'esclusione per "lebbra"! Chi denuncia "diventa lebbra"?! Tutti i morti di massomafie sono morti di inadempienze di Stato, di stato di diritto, alla vita, almeno. Tutti i cittadini "morti dai diritti" sono, siamo cittadini uccisi dall'antistatostato presente perché onnipotente come certifica la carriera politica di "un presidente del consiglio" "condannato prescritto 1980"! Chissà se "anche solo per questo ci sono matrimoni annullabili"! Dall'altro Stato, Vaticano.

  • Maria Calabrese 17 giugno 2018 alle 14:47

    P.s. A Bologna la "Repubblica delle idee" è stata magnifica! Un'esperienza antimassomafiosa bellissima! "Non solo" per Lirio Abbate! Con "tanto di Lista" da sapere, conoscere per vivere di Costituzione, ma per quel particolarissimo, bellissimo, straordinario profumo di libertà che ho provato, vissuto nel "dare la mia mano" a Occorsio, Eugenio, figlio di Vittorio, Occorsio, Magistrato Magistrato che indagava e portava a condanna il sistema massomafioso, non solo Ordine Nuovo, cioè!
    Grazie, Repubblica, non solo delle idee! In vista di ... "Trame"!

  • La mafia è stata il braccio operativo di chi ha poi deciso di mettere l'eroico Caselli a completare il lavoro. Cambiano le strategie di chi decide ma non cambio il pensiero ed il modo di agire della manovalanza...

  • La ringrazio dott.Caselli per questo scritto, tante verita' sono state sepolte in Italia e ancora molti non hanno capito che prescrizione non significa assoluzione.....

  • Che dire allora del suo strenuo difensore e attuale ministro (se preferisce, ministra) della Pubblica Amministrazione ?

  • Ho letto con grande interesse il libro, davvero ci voleva.

    Approfitto di questo spazio per esprimere ancora una volta al Dr. Caselli la gratitudine di un cittadino palermitano (tra i tanti) che dopo il 92 , grazie al lavoro coraggioso ed intelligente della Procura da lui guidata, trovò un riferimento fortissimo e con esso la fiducia e speranza, quando tutto sembrava perso per sempre.

    Grazie è veramente troppo poco....