Calabria, quella Commissione Antimafia un po' così

 di Laura Mascaro

MASCARO Laura - articolo - Master APC

Laura Mascaro - Università di Pisa, Dipartimento Scienze Politiche, direttore del Master professore Alberto Vannucci

Pur con diverse difficoltà, la ricerca mira a ricostruire, per la prima volta, l’attività della “Commissione speciale contro la ‘ndrangheta in Calabria”.
In questo cammino di quindici anni che ha attraversato quattro legislature locali (2002-2018) si nota un'evoluzione, una progressiva maturità della Commissione nell'affrontare temi delicati ed importanti (beni confiscati; racket e usura; minacce; sostegno vittime; educazione ecc.). Comprendendo l'importanza dello scambio tra le forze sociali, politiche ed economiche, nel tempo si assiste a un aumento di soggetti esterni invitati a parlare, ad offrire le loro esperienze e le loro idee.
Ma lunghe ombre coprono il suo operato e i suoi membri. Più di una volta gravissimi scandali coinvolgono la Regione e importanti settori (come la Sanità); e la Commissione, invece di condurre analisi come richiesto dalla Legge istitutiva, non ne parla o addirittura si blocca e non viene più riunita fino alle elezioni regionali successive. In tutte e quattro le esperienze alcuni componenti (spesso più della metà) risultano toccati da sospetti di vicinanza a 'ndrine, indagati o addirittura condannati per gravissimi fatti di corruzione.
L'esistenza dell'organismo non è qui in discussione: il meccanismo va aggiustato, non gettato via. Essendo la Commissione espressione del Consiglio Regionale, è lo specchio dell’attacco ai principi meritocratici e democratici esercitato da elementi esterni ma soprattutto interni a Palazzo Campanella – sede della Regione -, piegatisi agli interessi della criminalità organizzata o ai propri.
Su questo piano, la Commissione non riesce a farsi espressione di un cambiamento; non riesce a dare alla cittadinanza calabrese, già poco propensa a fidarsi di chi alza la bandiera della legalità, un esempio di quella integrità e correttezza che dovrebbe caratterizzarla nel profondo.
La presenza di elementi compromessi o comunque dalla posizione da chiarire, che invitano alle sedute persone per ascoltarne racconti e consigli – anche testimoni di giustizia – rilascia l’idea di un circo grottesco; appare come un finto coinvolgimento delle parti che sembra nascondere un inquietante desiderio di esercitare un controllo sociale. Questo non significa non vi siano membri che presentano un trascorso scevro da disavventure giudiziarie. Solo che, per funzionare effettivamente, il meccanismo necessita che tutte le sue parti abbiano l’adeguata dimensione morale. Così le ondate di discredito coprono, purtroppo, la Commissione nel suo complesso, per tutte e quattro le legislature. Il problema della Calabria rimane non solo quello di fare riforme – che pure sono urgenti -, ma di farle esistere oltre la carta. In questo caso, realizzare una Commissione contro la ‘ndrangheta che controlli le azioni e i personaggi degli enti territoriali calabresi. Una Commissione – pur con compiti nettamente diversi – capace di affiancarsi a quel fermento repressivo attuato dagli inquirenti che in questi 15 anni ha dato seguito a numerose e brillanti operazioni antimafia. Una Commissione che amplifichi le voci della Calabria onesta, percepite a livello nazionale come rumori di sottofondo, indistinguibili, talvolta impercettibili.
Essendo espressione del Consiglio Regionale, il miglioramento dell’organo consiliare potrà esserci solo se la classe politica nel suo complesso rispetterà a fondo il codice etico nella scelta dei candidati. Perdere di vista questo punto significa riconoscere in partenza una perdita d’identità della Commissione, chinare la testa di fronte a chi sostiene che la legalità sia una parola senza reali contenuti e deporre le armi – qui culturali – di fronte alla ‘ndrangheta. Il problema reale è quello della delegittimazione dall'interno.
Se certamente oggi, rispetto a 15 anni fa, c’è maggiore attenzione al fenomeno della criminalità organizzata e della corruzione, e si seguono con un po’ più cura – ma non abbastanza – certe gravi questioni, come la disoccupazione e la povertà, permane uno squilibrio che non può essere disconosciuto solo perché una voce in più si è levata da Palazzo Campanella.
Ci vogliono persone irreprensibili e competenti, che dimostrino con la loro dedizione il rispetto per le istituzioni; persone che evitino di prestarsi come testimonial in un gioco di parole senza fatti. Il rigore morale non è un concetto ma una pratica.
Con la consapevolezza che, facendo questo, la Commissione dovrà guardare anche a se stessa e alla Regione. La Calabria non ha bisogno di uno specchio per le allodole, ma di una lettura concreta, autentica, minuziosa del territorio calabrese e dei suoi problemi. Un riconoscimento totale e sincero di ciò che è stato e di ciò che è. Il meccanismo deve funzionare. Solo così si potranno pensare soluzioni adeguate.

3 commenti

  • Complimenti per il tema affrontato e, soprattutto, per il modo in cui esso è trattato: dall'articolo traspare una disamina molto equilibrata del problema, che analizza senza remore i punti critici ma anche quelli che nell'esperienza di quindici anni vanno valorizzati. In questo paese, purtroppo, non sta andando così: cambiano i governi ed ognuno afferma (almeno a parole) che tutto quello che l'ha preceduto è da buttare.

  • Chi decidesse di far politica, sempre che venga eletto, da duro e puro in una realtà bellicosa deve mettere in preventivo un cambio di vita definitivo, vivere blindato e scortato, preoccuparsi dei parenti stretti (meglio non averne, come il prefetto Mori) non si sa fino a che grado.
    Ogni altra scelta sarà come candidarsi a volpe per le cavalcate inglesi.

  • peccato non abbia pubblicato il mio post ... il problema che la Mafia NON e' solo la "mafia" purtroppo continua a persistere, e chiudere gli occhi difronte alle tante porcate commesse dalla mafia "bianca" non aiuta certo la verita' e soprattutto combatterla VERAMENTE
    Ci pensi
    GA