Platì e San Luca, dove non si vota più

di Alessia Candito

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Alessia Candito - Giornalista del "Corriere della Calabria” e corrispondente di Repubblica

   Niente sindaco per scelta, niente sindaco per condizione. Il cedimento della democrazia allo strapotere dei clan nella Locride ha il nome di Platì e San Luca. Insieme, i due paesini aggrappati alle prime pendici dell’Aspromonte che guardano il mar Jonio, non arrivano a 8mila abitanti, ma entrambi hanno dato i natali a boss e gregari delle famiglie più potenti e violente del mandamento jonico reggino.
Gente che ha scritto di proprio pugno la storia della ‘ndrangheta, che ha parlato e parla con i jefes del narcotraffico latinoamericano, che ormai da decenni governa affari, investimenti e centri abitati al Nord, che ha messo le mani in grandi appalti in tutta Italia. E che ha condannato la propria gente, i propri compaesani a vivere senza rappresentanti eletti in paese.
Non più tardi di qualche mese fa, il Viminale è stato costretto a sciogliere il consiglio comunale di Platì per la quarta volta. E per la quarta volta il “licenziamento” di sindaco e consiglieri è legato a rapporti sospetti con i clan. Ma l’allarme era scattato molto prima. Per la precisione, il giorno dopo la proclamazione degli eletti, quando l’opposizione in blocco si è dimessa ancor prima di iniziare a lavorare. «Non ci sono le condizioni» aveva detto Ilaria Mittiga, candidata sindaco sconfitta e leader del gruppo che con l’ormai ex sindaco Rosario Sergi si è rifiutato di condividere i banchi della sala del consiglio per più di qualche ora. Divenuta monocolore per abbandono, l’amministrazione ha vivacchiato per poco più di un anno, perdendo pezzi lungo il percorso. Alla fine non c’erano neanche consiglieri sufficienti a garantire il numero legale. Sono arrivati i commissari, poi il de profundis dello scioglimento per mafia.
A San Luca invece non si vota più. Anzi, non vengono presentate neanche le liste. L'ultimo sindaco è stato eletto nel 2008. Dopo lo scioglimento del 2013 e due anni di commissariamento, un'unica lista civica con a capo Giuseppe Trimboli ha provato a proporsi ai sanluchesi, ma non ha neanche raggiunto il quorum. Da allora, nessuno ci ha più provato. Inutile, dicono i paesani, tanto poi ci sciolgono. Colpa della legge – sostengono - troppo discrezionale e severa per paesini di poche anime, quasi tutte imparentate, dove cognomi e condanne si ripetono ed è inevitabile finire a bere un caffè con un pregiudicato in uno dei due bar del paese. Tesi rilanciate a giro da politici interessati, massmediologi, giornalisti e pensatori in cerca di gloria, pseudoassociazioni antimafia sbugiardate dalle inchieste che ne svelano ruberie e intrallazzi, tutti pronti a proclamare che sì è vero, la ‘ndrangheta c’è, ma «la colpa è del sottosviluppo», «basta un cognome per essere criminalizzati», «ormai il problema è anche a Milano», «ci sono magistrati che sulle spalle della Calabria vogliono fare carriera».
Tutto vero, ma solo in parte. Perché se è vero che il sottosviluppo c’è, è anche perché ogni singolo finanziamento arrivato in Calabria per progetti, appalti e infrastrutture è stato drenato dai clan. Perché se è vero che un cognome, una parentela o un caffè al bar non equivalgono ad una condanna,  a San Luca e a Plati (e anche in tutto il reggino a dire la verità) negli ultimi decenni non si ricordano rivolte di popolo contro i clan. Perché se è vero che la ‘ndrangheta è a Milano, sono gli stessi ‘ndranghetisti intercettati in tutta Italia a sostenere di doversi rivolgere all’élite dei clan di Reggio e provincia «anche per un mal di testa». Perché se è vero che tanti magistrati passati dagli uffici calabresi hanno finito per ricoprire ruoli di rilievo, è soprattutto perché queste latitudini si confermano giorno per giorno avanguardistico laboratorio criminale, che ha obbligato e obbliga inquirenti e investigatori a confrontarsi con una galassia pressoché infinita di situazioni.
Avveniristiche manovre finanziarie, brutali omicidi, tentativi di colpi di Stato, faide secolari, scempi ambientali divenuti business, svendita di voti e di politici pronti ad accaparrarseli, se non politici costruiti in provetta per servire ai vari livelli gli interessi dei clan, narcotraffico, furti di bestiame, compravendita di pubblici dirigenti e funzionari, appalti, concorsi e gare truccate, scuole e strade di sabbia, mare e monti infettati da rifiuti tossici. Questo non è che un breve elenco dei “casi” con cui inquirenti e investigatori sono chiamati a confrontarsi e dei reati che devono contrastare. La loro funzione non va oltre. Sono espressione dell'apparato repressivo dello Stato e come tali si comportano.
Fortunatamente, la costruzione – sociale, politica, culturale – in questa architettura costituzionale spetta ad altri. Purtroppo, sono quelli che oggi guardano il dito e non la luna, imperterriti scaricano su altri (la legge sullo scioglimento, i magistrati, il sottosviluppo) la responsabilità di un fallimento strutturale, rabbiosi tuonano contro «chi considera la Calabria colonia», per poi invocare un salvatore (investimenti, governo, politico, intellettuale, salvatore della patria X o Y) che la affranchi da tale destino.
Ma la Calabria si salverà solo quando i calabresi smetteranno di trattare la propria terra come una bambina sciocca che altri dovranno guidare per mano, quando smetteranno di essere sudditi e diventeranno cittadini, quando decideranno di prendere in mano la propria storia e schierarsi in prima fila contro la dittatura dei clan. Perché è regime che non ammette spettatori, solo partigiani.

6 commenti

  • salvatore menna 6 ottobre 2018 alle 7:29

    Tutte cose importantissime da sapere, e da trasmettere a quante più persone possibili. Anche perchè qui a Milano e provincia, la maggioranza delle persone è ancora convinta che non c'è alcuna mafia. L'ultima frase della nostra valorosa giornalista Alessia Candita,e cioè quando ci dice che "la Calabria si salverà solo quando i calabresi smetteranno di trattare la propria terra come una bambina sciocca che altri dovranno guidare per mano,ecc... è da incorniciare. Insomma io dico che la lotta alle mafie,tutte le mafie, ci riguarda tutti. E tutti,nel nostro piccolo, ci dobbiamo impegnare. Sempre.

  • Silvia Persiani 6 ottobre 2018 alle 8:26

    Articolo molto interessante come già sottolinea il commento. Determinante acquisire lo statuto di cittadini e non di sudditi in ogni territorio del nostro Stato. Cittadini vigili, che tentano sempre di capire ciò che vedono. Il problema è che il modello di chi ci governa e dovrebbe indicare la strada al paese non sottolinea mai a sufficienza il ruolo delle mafie e il bisogno di assumere altra pelle per combatterle. Dovrebbe esistere invece una consapevolezza capillare ovunque in Italia

  • salvatore menna 6 ottobre 2018 alle 8:31

    A scanso di equivoci credo che sia meglio chiarire. Le forze dell'ordine devono fare di più,specialmente nella lotta contro le mafie. Noi cittadini però,dobbiamo cercare di aiutarli e non starcene da parte a fare solo da spettatori. Perchè quello che i delinquenti vogliono,è la nostra non ingerenza,mi viene da dire il nostro menefreghismo. Se solo pensiamo che alla fine siamo i maggiori danneggiati(si parla addirittura di danni mafiosi alla collettività di 300 miliardi di euro annui)ci rendiamo bene conto che il problema mafia,io dico mafie,ci riguarda tutti direttamente. E non ringrazieremo mai abbastanza i giornalisti come Alessia Candito, che ci tengono almeno informati su questo terribile fenomeno che sono le mafie.

  • oltre che vigili anche capaci di "votare" ... non dimentichiamo che le Mafie sono parte integrante del tessuto politico malavitoso e fiancheggiate dai "Notabili" ...
    di sicuro però se i cittadini ci sono assieme allo Stato possono ben mettere fuori gioco chiunque
    GA

  • Non sono d'accordo sul "cedimento della democrazia allo strapotere dei clan". E' lo Stato, il nostro Stato che ha voluto perdere e continua a voler perdere pur vedendo le sue sofferenze e quelle di cittadini e imprenditori. Lo Stato, pur avendo i mezzi, non ha mai voluto intraprendere la vera guerra per sconfiggere la malavita organizzata. E' la stessa musica è l'evasione fiscale e contributiva. Sono due mali endemici che ormai hanno invaso il Paese, mentre lo Stato sta a guardare. Ogni tanto qualche arresto è come una sola noce in un gran sacco che non fa rumore. Se c'è una guerra si combatte anche militarmente, sradicando le famiglie dai loro feudi, smembrando le famiglie, distruggendo le loro case e privandoli di tutti i loro averi. I clan hanno ucciso chi si è messo di fronte alla loro strada e tra questi anche persone innocenti e servitori dello Stato. Quanti imprenditori hanno la scorta per poter lavorare e vivere? Fino a quando ci saranno queste situazioni la mafia vince e impera.

  • Certo che la mafia non c'è !! Eh !! Che cappero !!
    A parte ciò...personalmente proverei un certo riserbo e nausea all'idea che lo Stato, come tale, autorizza in solido che un proprio comune, anzi due...non vedano presentarsi alcun soggetto pronto a candidarsi....
    Qui, stiamo parlando di territorio italiano...e poi ogni tanto vedo Super Salvini che con 50 uomini di scorta a fargli da testuggine in stile Gladiatore, si mette a fare paroloni su spread, migranti etc ed a gonfiarsi il petto verso persone anziane che forse hanno un problema di salute, piuttosto che di altro genere...ignorando nella realtà un problema veramente serio...che a quanto pare si prolunga da decenni.
    Leggo dai commenti, responsabilizzare le forze dell'ordine di colpe presunte o di presunti schemi per pubblicizzare la candidatura di magistrati ambiziosi, non saprei bene a cosa...partiamo certo bene, fornendo un appiglio inverosimile alla forza di un organizzazione che non necessita certo dell'aiuto del ns. moderno stato democratico per primeggiare nelle varie economie, visto che può suffragarsi della forza economica del mercato degli stupefacenti, armi, ed economie non sommerse....
    Ci inimichiamo a vicenda, calabresi vs. forze dell'ordine...politici vs. calabresi...siamo messi bene.
    La ndrangheta rimane una delle organizzazioni criminali più potenti e pericolose, non certo per la capacità di premere un grilletto, o l'interruttore di un ordigno esplosivo, perchè a quello erano buoni anche quei terroristi che il genio di Dalla Chiesa e la forza ed il coraggio dei suoi uomini, debellerano...quindi usando la proprietà della moltiplicazione, commutativa...cambiando l'ordine dei fattori avremmo già dovuto sconfiggere il crimine organizzato ed invece...è sempre più forte e spavaldo...persino impedendo a dei candidati di presentarsi come sindaci in paesi sottoposti alla giuridicità dello Stato sovrano.
    Andiamo bene !! Forza Italia, lasciamo i calabresi onesti soli...così come lasciamo ognuno di noi, solo...perchè pochi hanno la forza di rimanere uniti e combattere il cattivone, che può fare male veramente. La mia solidarietà ai magistrati, che continuo a pensare debbano essere sempre più autonomi e distanti dagli altri vettori del potere, ed anche alle forze dell'ordine che dietro abiti borghesi...rischiano ogni giorno la vita per proteggerci. Ed anche ai calabresi buoni, onesti e ce ne sono molti, anche se il retaggio è quello che nei secoli gli è stato imposto ed insegnato.
    Chi lo sà...forse uno, dieci o cento di loro potranno salvare la loro amata e sanguinosa terra...come dice il Corano anche solo salvando un innocente....da un destino crudele...