Un “ragazzo a posto” fra tanta bella gente

Dall'ordinanza di custodia cautelare

piddu madonia

Giuseppe "Piddu” Madonia - Era il capo di tutti i mafiosi che indicano Calogero Montante come "vicino” a molti di loro. Piddu Madonia, appartenente alla fazione corleonese di Cosa Nostra, era condiderato anche il numero 2 della Cupola mondiale

“... I primi elementi, in ordine di tempo, relativi ai rapporti tra il MONTANTE ed esponenti della criminalità organizzata di stampo mafioso provengono dalle dichiarazioni rese da Salvatore FERRARO, il quale, in data 18 maggio 2016, ha riferito che:
aveva personalmente conosciuto il MONTANTE attorno alla metà degli anni '80 poiché presentatogli da Paolino ARNONE (capo di Cosa Nostra nel paese siciliano di Serradifalco, ndr), il quale "lo aveva nel cuore"...
...dopo che glielo aveva presentato, aveva chiesto notizie all'ARNONE su chi fosse il MONTANTE e l'ARNONE gli aveva fatto presente che si trattava "di un ragazzo a posto", cui stava dando "una mano d'aiuto" finanziandolo economicamente per consentirgli di espandere la sua attività imprenditoriale, al tempo modesta;
lo stesso Paolino ARNONE, così come il di lui figlio Vincenzo gli avevano fatto presente che quest'ultimo era anche stato "compare d'anello" in occasione delle nozze del MONTANTE.
...Si dirà, poi, più oltre in relazione agli accertamenti che sono stati condotti sulle società del MONTANTE al fine di accertare i flussi finanziari delle stesse, sicché in questa sede occorre soltanto rammentare — trattandosi di circostanza che è stata, peraltro, anche oggetto di articoli di stampa — che effettivamente, in data 23 dicembre 1980, il MONTANTE contraeva matrimonio con Antonella RISTAGNO ed i testimoni di nozze (dello sposo) erano stati
ARNONE Paolino, ARNONE Vincenzo Calogero, LANZALACO Antonino (cognato di Paolino ARNONE) e LANZALACO Rosalia (figlia di Antonino).
..Non si può fare a meno di sottolineare, a tal proposito, che in data 12 dicembre 2011 nell'ambito di altro procedimento incardinato presso questo Ufficio (n. 636/1 l R.G.N.R. Mod. 21 bis) — il MONTANTE, tra le altre cose, parlava dei suoi rapporti con Paolino e Vincenzo ARNONE e, dopo aver premesso di essere stato compagno di scuola dello stesso Vincenzo ARNONE  "dalle elementari e sino alla seconda media", riferiva:
Il MONTANTE precisava, altresì, che "a vent'anni non ci si rendeva conto del perché il papà di ARNONE fosse tanto rispettato";
di non ricordare se Vincenzo ARNONE gli "fece da testimone alle nozze", precisando di non avere memoria "se nella concitazione di quella mattina (il giorno delle nozze n.d.r.) — ci siamo sposati nel giro di venti giorni ... - se Vincenzo che c'era al matrimonio abbia firmato lui l'atto di matrimonio come testimone";
che sempre l'ARNONE non aveva mai avuto, per quel che era a sua conoscenza,
"incidenti giudiziari fino al 2000-2001 credo".
Tale ultima affermazione è stata addirittura portata all'attenzione di coloro che hanno presenziato al Comitato Nazionale per l'ordine e la sicurezza pubblica tenutosi, come è noto, nella città di Caltanissetta il 21 ottobre 2013, occasione in cui il MONTANTE  aveva prodotto un documento nel corpo del quale era dato testualmente leggere che Vincenzo ARNONE "alla fine degli anni '90 scopriva — dopo una giovinezza vissuta nella normalità — di possedere la vena dell'uomo d'onore come suo nonno Vincenzo di Mussomeli"
...infine, il MONTANTE dichiarava anche a questo Ufficio di "non aver mai avuto rapporti lavorativi"con Vincenzo ARNONE.
Orbene, può dirsi evidente come il MONTANTE abbia palesemente mentito innanzi al Pubblico Ministero allorché ha rilasciato quelle dichiarazioni, all'evidente fine di cercare di occultare o, quanto meno, ridimensionare quegli innegabili rapporti che ha avuto tanto con Paolino quanto con Vincenzo ARNONE.
Si consideri, a tal proposito che: pare francamente difficile credere al fatto che non si riesca a ricordare chi é stato chiamato ad avere il ruolo di testimone alle proprie nozze, e ciò a prescindere dalla fretta e "concitazione" degli eventi che possano aver condotto alla celebrazione dell'evento.
Inoltre, dall'analisi delle annotazioni contenute nel già menzionato file excel alla data del 10.2.2010 risulta quanto segue:
certificato di matrimonio da parte della Parrocchia San Biagio 10/02/2010 Caltanissetta
Risulta, cioè, che l'anno precedente alla escussione del MONTANTE innanzi al Pubblico Ministero questi (almeno da ciò che si ricava dall'appunto in questione) avesse richiesto il certificato di matrimonio alla Parrocchia ove si erano celebrate le sue nozze, sicché aveva certamente avuto modo di rinfrescare i suoi ricordi e di constatare che, come detto, Paolino e Vincenzo ARNONE gli avevano fatto da testimoni.
Non risulta poi corrispondente al vero — come è certamente noto a coloro che conoscono la storia di Cosa Nostra radicata nella provincia di Caltanissetta — che sino alla fine degli anni '90 Vincenzo ARNONE avesse vissuto una "giovinezza" improntata a normalità e si fosse, poi, d'improvviso scoperto uomo d'onore.
Oltre ad essere una banalizzazione delle regole dell'associazione criminale mafiosa (al cui interno non ci si scopre uomini d'onore dall'oggi al domani, in specie laddove si tratti di soggetti che, come Vincenzo ARNONE, hanno anche rivestito ruoli apicali all'interno della famiglia mafiosa di appartenenza), l'affermazione risulta concretamente smentita dagli esiti dell'operazione cosiddetta “Leopardo".
Ed invero, nell'ambito di quel procedimento si erano condotte indagini anche in relazione a Vincenzo ARNONE, il quale, peraltro, in data 11 novembre 1992 subiva una perquisizione per il delitto di cui all'art. 416 bis
L'ARNONE, infatti, risultava attinto dalle dichiarazioni rese dal collaboratore Leonardo MESSINA, il quale, nell'indicare l'organigramma delle famiglie radicate nella provincia di Caltanissetta, nonché i soggetti ad esse organici, menzionava, appunto, tra gli altri, anche l'ARNONE quale uomo d'onore della famiglia di Serradifalco (cfr. verbale di interrogatorio del 7 luglio 1992). Nel corso di altri atti istruttori, poi, il MESSINA riconosceva fotograficamente l'ARNONE (cfr verbale di interrogatorio del 14 ottobre 1992) ed indicava anche le circostanze nelle quali gli era stato ritualmente presentato (cfr. verbale di interrogatorio dell'1.12.1992).
Sicché, pare lecito dubitare che l'odierno indagato, come dallo stesso dichiarato al Pubblico Ministero (e non solo) avesse improvvisamente scoperto agli inizi del 2001 (e dopo che era stato tratto in arresto) che Vincenzo ARNONE fosse organico a Cosa Nostra e che, prima di quel momento, fosse soltanto un giovanotto di belle speranze ed un irreprensibile imprenditore;
..infine, può dirsi concretamente smentita anche l'ulteriore circostanza introdotta dal MONTANTE secondo cui non aveva mai avuto rapporti lavorativi con la ditta di Vincenzo ARNONE, come sarà concretamente evincibile da quanto si dirà di qui a poco sulla scorta delle dichiarazioni rese da Aldo RIGGI e degli accertamemnti eseguiti a riscontro delle stesse.
...In buona sostanza, pare certamente possibile affermare che il MONTANTE - con le dichiarazioni rilasciate in epoca in cui ancora non erano state avviate indagini nei suoi confronti - abbia cercato di introdurre circostanze rivelatesi, poi, clamorosamente smentite dal compendio probatorio in atti.
Si tratta di un ulteriore elemento che induce ad una seria riflessione sulla natura dei rapporti intrattenuti dall'odierno indagato con gli esponenti di vertice dell'organizzazione mafiosa, posto che l'evidente falsità delle sue dichiarazioni può trovare una logica spiegazione solo laddove gli stessi siano stati improntati a logiche ben diverse da quelle che riduttivamente il MONTANTE ha inteso affermare presso questi Uffici.
Del resto, e ad ulteriore riprova di quanto si va dicendo, le indagini condotte nell'ambito del procedimento hanno anche consentito di accertare — come sarà oggetto di diffusa trattazione allorché si analizzeranno i rapporti intessuti del MONTANTE con esponenti di vertice delle forze di polizia che hanno prestato servizio nella provincia di Caltanissetta — come l'odierno indagato, nel corso del tempo, abbia cercato pervicacemente e con ogni mezzo (peraltro riuscendovi) di impedire che quei rapporti di cui si sta qui disquisendo venissero alla luce e potessero essere oggetto di una verifica da parte di questa D.D.A.
..Alle dichiarazioni del FERRARO poc'anzi riportate si vanno ad aggiungere quelle rese da Aldo RIGGI, il quale già in occasione dell'interrogatorio del 13 marzo 2009, aveva accennato ad una vicenda che coinvolgeva l'odierno indagato e che aveva, poi, ulteriormente dettagliato in occasione di un successivo atto istruttorio del 19 marzo 2009.
In particolare il RIGGI ha dichiarato che:
nei primi anni '90, prima della c.d. operazione "Leopardo", era stato incaricato dal MONTANTE di eseguire i lavori di movimento terra e forniture di inerti per la realizzazione di un palazzo in via Amico Valenti a Caltanissetta che il MONTANTE stava realizzando in società con altro soggetto di Serradifalco;
dopo che aveva praticamente terminato i lavori di sbancamento, il MONTANTE lo aveva avvicinato in cantiere e gli aveva fatto presente di non potergli più affidare il trasporto dei materiali perché era sua intenzione commissionarlo ad "ARNONE Paolo e figlio".
Alle sue rimostranze, il MONTANTE gli aveva ribadito che l'ARNONE aveva "un sacco di articolati fermi" ..
Il RIGGI ha poi ulteriormente specificato che il MONTANTE gli aveva fatto chiaramente comprendere, in quella occasione, di essere in rapporti di amicizia con l'ARNONE e di essere ben consapevole della sua caratura criminale ("a tanti punti di vista, io non gli posso dire di no, no, sia da un punto di vista che siamo paesani e amici e poi, dici, non gli posso dire di no, quindi, nel frattempo, entra in qualità di..., di mafioso") — caratura della quale, peraltro, anch'egli in quel momento era ben consapevole - e che, comunque, nel rappresentargli la necessità di affidare allo stesso ARNONE i trasporti, il MONTANTE non gli aveva fatto alcun riferimento a minacce che gli potessero essere state formulate.
II RIGGI ha poi ulteriormente evidenziato di sapere che anche il fratello del MONTANTE era coinvolto nella realizzazione del palazzo di via Amico Valenti, pur non avendolo, però, mai visto in cantiere e riteneva di non aver discusso, in seguito (allorché, cioé, alla fine del 2001 entrò i contatto con Pietro RIGGIO così divenendo, di fatto, organico alla famiglia mafiosa di Caltanissetta), della vicenda sin qui evidenziata con altri appartenenti a Cosa Nostra della città capoluogo o con altri imprenditori della città, con i quali non aveva mai neanche affrontato alcun tipo di discorso inerente il MONTANTE.
...Ulteriori dichiarazioni sul conto del MONTANTE sono state rese anche da RIGGIO Pietro, il quale era venuto a conoscenza di circostanze meritevoli di attenzioni sul conto dell'odierno indagato nel momento in cui, alla fine del 2000-inizi del 2001, entrò a far parte organicamente della famiglia di Caltanissetta, allacciando rapporti anche con Dario DI FRANCESCO (che dal marzo del 2001 diverrà il reggente della famiglia di Serradifalco a seguito dell'arresto di Vincenzo ARNONE).
...RIGGIO apprese dal DI FRANCESCO..   ve n'è una che riguarda la realizzazione da parte dello stesso MONTANTE di alcuni appartamenti in territorio di San Cataldo.
...Dopo aver descritto esattamente il luogo in cui l'odierno indagato, attorno alla metà degli anni '90, aveva realizzato l'immobile, il RIGGIO ha dichiarato di aver appreso da Dario DI FRANCESCO che questi si era al tempo recato dall'esponente di vertice della famiglia mafiosa di San Cataldo, Totino RIGGI, che conosceva personalmente, per "raccomandare" il MONTANTE e consentire allo stesso di avere "l'autorizzazione" degli esponenti mafiosi di quel territorio ad eseguire quei lavori "senza avere intoppi di nessun genere ... . Di contro la famiglia di San Cataldo gli ha chiesto che le varie forniture fossero espletate da persone indicate loro" .
..In un successivo atto istruttorio il RIGGIO ha, nella sostanza, confermato le indicazioni già fornite in precedenza, specificando che il DI FRANCESCO gli ebbe anche a dire, nell'occasione, come i lavori di realizzazione dell'edificio a San Cataldo avessero incontrato dei problemi — tanto che alcuni appartamenti non erano poi neanche stati completati — e che il discorso di cui si tratta era stato affrontato nel contesto delle vicende di cui si dirà di qui a poco, allorché lo stesso RIGGIO, divenuto operativo all'interno della famiglia mafiosa di Caltanissetta, aveva manifestato l'intenzione di sottoporre ad estorsione i fratelli MONTANTE per le attività da costoro gestite nella città capoluogo.
..Tanto chiarito, come si sarà senz'altro potuto notare il RIGGIO ha chiamato direttamente in causa, quale fonte delle sue conoscenze, Dario DI FRANCESCO, il quale, pertanto, è stato sondato anche su tale vicenda dal momento in cui ha iniziato a collaborare con questa D.D.A..
Ebbene, in un primo momento - nel corso dell'interrogatorio reso in data 17 maggio 2016 - il DI FRANCESCO ha dichiarato di non essere a conoscenza di circostanze relative a lavori eseguiti dal MONTANTE a San Cataldo.
In sede di confronto eseguito col RIGGIO in data 18 maggio 2016, il DI FRANCESCO ha poi rammentato la vicenda..
..Orbene, in primo luogo va rappresentato che, ponendo in connessione le dichiarazioni del RIGGIO e del DI FRANCESCO con quanto desumibile dalla documentazione acquisita agli atti può affermarsi che l'intercessione dell'ARNONE in favore del MONTANTE presso Totino RIGGI — affinché lo stesso MONTANTE potesse avere il via libera per costruire in territorio di San Cataldo — fosse avvenuta in epoca compresa tra la fine di ottobre del 1993 (momento in cui veniva ratificata la voltura della concessione edilizia, già rilasciata il 17.12.1994, in favore della AN.CO) ed il marzo del 1994 (il 7 marzo di quell'anno, come detto, iniziarono infatti i lavori di edificazione dell'immobile di cui si tratta).-
..E' stato accertato che in quel periodo tanto Vincenzo ARNONE (e Dario DI FRANCESCO) che Totino RIGGI erano liberi sul territorio, poiché quest'ultimo, come si dirà di qui a poco, venne tratto in arresto il 21.12.1994.
...Ebbene, le vicende giudiziarie che hanno interessato nel corso del tempo il RIGGI consentono di delineare un quadro che evidenzia il suo inserimento, da epoca risalente, nel contesto mafioso della famiglia di San Cataldo ed attestano i rapporti dallo stesso intessuti anche con esponenti di vertice della mafia nissena.
...e avrebbe fornito un formidabile riscontro non solo alle dichiarazioni rese dal DI FRANCESCO ma anche a quelle di Pietro RIGGIO sulla concessione al MONTANTE da parte dell'organizzazione mafiosa della "garanzia" di poter eseguire in tutta tranquillità i lavori di che trattasi in cambio dell'affidamento di forniture e/o subappalti in favore di ditte contigue al sodalizio.
..Ulteriore elemento che serve a delineare i rapporti tra il MONTANTE ed esponenti dell'organizzazione criminale denominata "cosa nostra" proviene dalle dichiarazioni rese a questa D.D.A. da Carmelo BARBIERI, il quale, nel corso di un inter•ogatorio (cfr. verbale del 15 aprile 2009, in atti), ha evidenziato che:
in tale contesto Carmelo ALLEGRO, nel fare riferimento alla famiglia MONTANTE - in specie al padre ed all'odierno indagato - li aveva indicati come ".. un amico nostro e... con suo padre e anche con lui", facendo, poi un eloquente riferimento al fatto che stessero crescendo economicamente e si volevano espandere..
..Orbene, le dichiarazioni del BARBIERI hanno il pregio di restituire la natura dei rapporti esistenti tra il MONTANTE e gli esponenti mafiosi della provincia di Caltanissetta, in specie quelli radicati in territorio di Serradifalco, essendo oltremodo chiaro, in termini mafiosi, il senso della "vicinanza ed amicizia" di cui aveva parlato Carmelo ALLEGRO nell'occasione descritta dal collaboratore.
Del resto, si trattava di un incontro — quello cui aveva assistito il BARBIERI — che si era tenuto tra esponenti mafiosi di rilievo della provincia di Caltanissetta (Carmelo ALLEGRO, in quel momento, era capomandamento del territorio in cui insiste, appunto, la famiglia di Serradifalco, Gino ILARDO era soggetto di vertice, assieme ai VACCARO, della provincia mafiosa nissena e Carmelo BARBIERI esponente mafioso di rilievo del clan Emmanuello di Gela e trait d'union tra costoro e la famiglia di sangue di Piddu MADONIA) e ciò rende ben chiaro che i discorsi che si erano affrontati in quell'occasione non potessero che riguardare dinamiche involgenti proprio l'organizzazione mafiosa.
Dall'altro lato, il dato che emergeva dalle dichiarazioni del BARBIERI poteva, prima facie, apparire distonico rispetto agli elementi complessivamente acquisiti sino a quel momento sul conto del MONTANTE, che sembravano infatti delineare l'esistenza di rapporti apparentemente confinati a quelli intessuti con Paolino e Vincenzo ARNONE.
In realtà, le propalazioni del BARBIERI hanno trovato, innanzitutto, un'autorevole conferma in quelle di recente rese a questo Ufficio da Ciro VARA, le quali, alla stessa stregua del narrato del BARBIERI, autorizzano a ritenere come il rapporto descritto da alcuni collaboratori - in specie, come si dirà da Dario DI FRANCESCO (oltre che da Salvatore FERRARO, secondo quanto in precedenza evidenziato) - come originariamente nato tra il MONTANTE, Vincenzo ARNONE ed il padre di questi Paolino, fosse poi transitato anche agli altri esponenti mafiosi della famiglia di Serradifalco o, quantomeno, fosse dagli stessi ampiamente conosciuto.
...Il che ulteriormente consente di ritenere come l'innegabile rapporto esistente tra il . MONTANTE e l'ARNONE non fosse rimasto confinato su di un piano strettamente personale, non avendo altrimenti senso che tanto Carmelo ALLEGRO, quanto — come si dirà di qui a poco — Rosario ALLEGRO (fratello di Carmelo ed altro uomo d'onore della famiglia di Serradifalco) si fossero spinti a parlare del MONTANTE come di un imprenditore "vicino", in maniera più ampia, all'intera famiglia mafiosa di Serradifalco.
Ed invero, Ciro VARA — sulla cui caratura criminale e sulla cui comprovata affidabilità del percorso collaborativo avuto con questa D.D.A. (e non solo) non occorre spendere soverchie considerazioni — ha riferito (cfr. verbale di interrogatorio del 18.5.2016 in atti) che l'ALLEGRO , in occasione ...quest'ultimo gli ebbe a parlare in termini positivi di un imprenditore di Serradifalco "che aveva, se ben ricordo, un'azienda che produceva biciclette", anche se non riusciva a rammentare esattamente se l'ALLEGRO si fosse espresso in quei termini sul conto del MONTANTE "perché si era prestato ad aiutare economicamente la famiglia di Serradifalco o perché si fosse "comportato bene" per altre situazioni".
Ciò che può comunque dirsi chiaro è che l'ALLEGRO avesse parlato in termini lusinghieri del MONTANTE in un contesto discorsivo in cui, come sottolineato dal VARA, si stavano trattando questioni involgenti le dinamiche dell'oganizzazione mafiosa.
Ed invero, da un lato può dirsi accertato che il MONTANTE ha iniziato a produrre biciclette con il marchio "Montante Cicli" solo in data 1.04.2011. attraverso la società ITALIAN DESIGN EVENT MONTANTE S.R.L. (costituita con atto del 18.10.2010) della quale è amministratore unico, nonché proprietaria del 25% delle quote, NIGRO Antonella Valeria, mentre le rimanenti quote societarie sono equamente divise tra le due figlie del MONTANTE (Chiara ed Alessandra)..
..Oltre al VARA, le dichiarazioni del BARBIERI trovano conforto in quelle rese da Dario DI FRANCESCO che, in occasione di un interrogatorio reso in data 28.3.2015, ha evidenziato come i rapporti tra Vincenzo ARNONE ed il MONTANTE fossero noti anche agli altri esponenti della famiglia di Serradifalco, tra cui proprio i fratelli ALLEGRO, per come ebbe modo di fargli comprendere lo stesso ARNONE.
...Inoltre le dichiarazioni del BARBIERI sono ulteriormente confermate da quelle rese da Pietro RIGGIO, il quale ha riferito di aver avuto modo di discutere del MONTANTE con il cugino Carmelo BARBIERI - col quale costantemente si rapportava allorché si trovava a trattare, da un punto di vista mafioso, questioni di una certa rilevanza — ed il BARBIERI gli ebbe a confermare che il MONTANTE fosse "vicino" alla famiglia di Serradifalco
Da ultimo, non si può fare a meno di sottolineare come le dichiarazioni del BARBIERI, nella parte in cui ha riferito che Carmelo ALLEGRO fece loro presente che il MONTANTE stava "crescendo" e si voleva "espandere", trovino un eco in quelle rese da Salvatore FERRARO di cui si è dato conto poc'anzi, offrendo ulteriore conferma alle "attenzioni" che gli esponenti mafiosi di Serradifalco nutrivano in ordine alla crescita economico-imprenditoriale dell'odierno indagato e che possono trovare una logica spiegazione nella "mano d'aiuto" in termini economici di cui Paolino ARNONE aveva parlato a Salvatore FERRARO, come in precedenza evidenziato..”.

2 commenti

  • Al SUD tutti i lavori di scavo forniture di calcestruzzi, come anche lavori vari, sono di assoluto dominio mafioso o di persone a loro molto vicine.
    Tutte le altre attività o accettano le condizioni o lavorano poco

  • Togliete l'immunità parlamentare al senatore coinvolto.