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Le mafie assediano Padova bersagli finanza e imprese

ll sequestro del negozio “I Trulli”, in Salone, è l’ultimo capitolo di una lunga storia I diversi modi di penetrare l’economia di cosa nostra, ’ndrangheta e camorra

di Gianni Belloni
2 minuti di lettura
Il sequestro della bottega “I Trulli” di sotto il Salone, porta drammaticamente l’attenzione sulla presenza della criminalità organizzata nel cuore di Padova. L’interesse dei grandi gruppi criminali, in provincia di Padova e nel Veneto, si rivolge in particolare al mondo delle imprese. I mafiosi cercano di entrare nelle imprese per un ventaglio di obiettivi diversificati. Sicuramente il riciclaggio di denaro è uno di questi obiettivi, come nel caso delle società dell’imprenditore dell’Alta padovana Franco Caccaro – attivo nella produzione di macchinari per il trattamento dei rifiuti – che l’imprenditore Cipriano Chianese, legato alla camorra finanziò con capitali significativi.

Un altro obiettivo dell’inserimento all’interno delle società è quello di poter concorrere agli appalti pubblici – come nel caso della compartecipazione della famiglia’ndranghetista degli Alampi di Reggio Calabria nelle imprese, attive nei settori dei rifiuti, promosse dall’imprenditore Sandro Rossato di Vigonza – o di svuotarle dei loro beni o utilizzarle quali cartiere per l’emissione di fatture per prestazioni inesistenti, come nel caso delle imprese che accedevano ai servizi della finanziaria Aspide – composta da appartenenti all’orbita camorristica – che aveva sede, fino al 2011, a Padova in via Lisbona.

Il rapporto che si instaura tra l’imprenditore e gli esponenti mafiosi può essere, come ci racconta la letteratura, di subordinazione con una relazione di assoggettamento da parte dell’imprenditore al mafioso o di collusione quando tra l’imprenditore e il gruppo criminale si instaura un accordo in nome di una comune convenienza alla collaborazione. Contrariamente alla vulgata comune che vuole l’imprenditore nel ruolo di vittima, spesso tra il mafioso e l’imprenditore si trova un accordo reciprocamente conveniente. «Quando arriva l’indagine giudiziaria – ci racconta un investigatore – la versione offerta dall’imprenditore è quella di esser stato vittima dell’imposizione violenta delle volontà mafiose, ma spesso in realtà non è così». Entrare nella partecipazione di un’impresa significa spesso accedere a contatti importanti. Nella sua veste di imprenditore, il mafioso può entrare in relazione con una vasta schiera di soggetti come funzionari pubblici, banche, politici, professionisti, cioè, in qualche modo, entra in società. Ricordiamo che Clodovaldo Ruffato, allora presidente del consiglio regionale del Veneto, era socio in affari di Caccaro anche se, è bene sottolinearlo, in una società diversa da quella in cui era attivo Chianese. Diciamo che la distanza era poca e il contatto a portata di mano.

La camorra L’approccio dei diversi gruppi mafiosi è differente. La camorra solitamente privilegia un’azione più predatoria, del tipo mordi e fuggi, mettendo in opera truffe e diversi business, ma non investendo in attività di lungo periodo e in attività collegate ai diversi ambiti della vita politica e sociale locale.

La ’ndrangheta La criminalità calabrese invece di solito è caratterizzata da forme di radicamento che prevedono una sistematica interlocuzione con settori della politica e della società locale. Le famiglie di ’ndrangheta investono in attività di lungo periodo, si inseriscono nella vita sociale della comunità, partecipano alla vita pubblica e cercando di stabilire rapporti con la politica come è emerso in modo evidente nel veronese.

La mafia Il comportamento di Cosa nostra è più simile a quello della ’ndrangheta, anche se, è stato notata, una evidente flessione nelle attività e nella capacità di influenza della mafia siciliana in tutto il centro-nord.

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