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M5S, Berti: «Chi ha mentito deve uscire dalle liste»

Sul caso dei rimborsi il capogruppo in Regione sposa in pieno la linea Di Maio «È giusto chiedere i danni d’immagine ai candidati legati alla massoneria»

di Renzo Mazzaro
2 minuti di lettura
Jacopo Berti (ansa)

VENEZIA. Chiediamo a Jacopo Berti, capogruppo del M5S in Regione: lei ha detto che “caccerete a pedate” i protagonisti di rimborsopoli, che non si sono tagliati lo stipendio come promesso. Conferma?

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«Confermo. La differenza tra il M5S e gli altri partiti si vede dalla capacità di far pulizia all’interno».

Ma chi deve cacciarli? Di Maio dice che si sono autoesclusi, invece molti di loro non hanno nessuna voglia di farlo, aspettano decisioni dall’alto.

«L’atto burocratico interno non lo conosco».

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Non è una cosa da poco.

«Io ripeto quello che ha detto Luigi Di Maio: chi ha mancato di rispetto al Movimento si pone di fatto, lui per primo, fuori dal M5S. Le nostre regole sono chiarissime. Se ci sono casi specifici, non sono io a doverli esaminare».

Un caso specifico potrebbe essere quello del deputato uscente e ricandidato Emanuele Cozzolino, che si considera scarsamente colpevole perché è inadempiente solo per 13.000 euro. Idem per Silvia Benedetti.

«Io non faccio nomi, le carte sono a Roma, i probi viri e il capo politico Di Maio hanno preso le loro decisioni. Bisogna chiedere agli interessati».

Michele Ainis su Repubblica ha smontato ieri l’errata convinzione che un candidato non possa più dimettersi, una volta inserito in lista. Può dimettersi quando vuole. Ha letto?

«È la novità di giornata. Rinunciando alla proclamazione in Corte d’Appello, scatta per slittamento il secondo in lista e in coda il posto scoperto viene preso da uno dei candidati supplenti».

Lei crede che i defenestrati ricandidati si dimetteranno?

«Luigi ha spiegato che il M5S farà causa per danno d’immagine a chi ha creato problemi al movimento».

A chi alludeva?

«Ai tre che hanno mentito dicendo di non aver legami con la massoneria, mentre è emerso che ne avevano».

Del caso di David Borrelli cosa pensa?

«Ero rimasto alle dimissioni per motivi di salute».

Inesistenti, è lui che lo dice.

«Devo dire che quello che so l’ho letto sui giornali, come tutti. Nessuno di noi ha avuto contatti con lui»

Avrà avuto anche lui problemi di cifre da rendicontare al Movimento, visto che non ha concesso la liberatoria per visionare il suo stipendio di eurodeputato?

«Non lo so, non ne ho idea. Sono uno spettatore di questa vicenda come tutti».

La senatrice Paola De Pin, che avrà anche il dente avvelenato come ex M5S ma lo conosce bene, sostiene che è solo un affarista. Chi è il vero Borrelli?

«Io ho conosciuto solo l’eurodeputato che ha portato avanti assieme a noi molte battaglie, tra cui quella in difesa dei truffati dalle banche. Ho letto i retroscena sui giornali e sono cascato dalla sedia. Sono rimasto allucinato».

Una specie di dottor Jekyll e mister Hyde?

«Non ne ho idea, sono ancora senza parole».

Ma come capogruppo in Regione un’idea se la sarà pur fatta. C’è del metodo in questa vicenda, a 20 giorni dal voto.

«Non ho informazioni, se non dai giornali. Io voglio essere trasparente: sono, anzi siamo tutti qua, a chiederci che cosa sta capitando.

Adesso Borrelli vuole fare un altro movimento. Sarà fatalmente in alternativa al M5S.

«Ripeto, sono rimasto senza parole, è l’ultima cosa al mondo che mi aspettavo».

C’è un caso “rimborsopoli” anche in Consiglio regionale? Luciano Claut vi accusa, dice che non avete restituito 244 mila euro.

«Claut è un altro che se n’è andato dal M5S. Noi abbiamo pubblicato tutto al centesimo: abbiamo aiutato i danneggiati dal tornado della Riviera del Brenta, stiamo pagando il ricorso ai truffati dalle banche. Tutte le nostre spese a differenza degli altri partiti sono on line. Più trasparenti di così».

La consigliera Bartelle ha restituito 51.623,69 euro, lei 47.162,65 euro, Scarabel 29.752 e via in calando. Perché queste cifre diverse?

«La differenza è data dalle spese che uno sostiene».

Se ne deduce che Scarabel spende molto più di lei?

«Un consigliere può avere un assistente personale, fare più attività sul territorio, sostenere costi maggiori di trasporto, di organizzazione eventi, cose di questo genere. Non è una gara a chi restituisce di più, ma attività politica che va finanziata in modo trasparente, visibile a tutti».

Lei quanto guadagna al mese?

«Lo stipendio di un consigliere regionale del Veneto va da 7.500 a 8.500 euro netti al mese. Noi del Movimento 5 Stelle ci siamo dati un regime diverso: 5.000 euro lordi al mese, significa 3.000 netti. Il resto lo accantoniamo».
 

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