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Costretti ad attendere un’ora per vedere sepolto il figlio

È accaduto ieri, al cimitero di Camin, ai genitori di Luca Giolo morto a soli 31 anni Lo scavo per la bara non era stato fatto: gli operai arrivano dopo una lunga attesa

Alice Ferretti
1 minuto di lettura



Più di un’ora in cimitero, davanti alla bara del figlio, ad aspettare che gli addetti alla sepoltura arrivino e facciano il loro lavoro. «Mi sono sentito preso in giro nel momento più brutto della mia vita».



A parlare è Marino Giolo, papà di Luca, 31 anni, un ragazzo con alcune disabilità mancato a causa dell’aggravarsi delle sue condizioni di salute. Ieri mattina il papà Marino, la mamma Luciana e il fratello Andrea, insieme ad amici e parenti hanno dato l’ultimo saluto al trentunenne nella parrocchia di Tombelle. Una volta terminata la funzione, insieme al parroco, si sono spostati al cimitero di Camin per la sepoltura. Ma appena sono arrivati si sono resi conto che nulla era pronto. Lo scavo per la bara non era stato fatto, e nessuno ci stava lavorando.



«Non c’era la buca per la bara, non c’erano nemmeno gli escavatori e neppure gli operai», racconta il papà. «Non abbiamo trovato nessuno». Alla famiglia Giolo non è rimasto che attendere. Un quarto d’ora, mezz’ora, un’ora. Solo dopo è arrivato il furgoncino con gli addetti alla sepoltura. «Mi hanno detto che avevano avuto dei problemi con il freno a mano del camioncino in tangenziale. Una scusa chiaramente poco credibile. Ci siamo sentiti davvero presi in giro», continua Marino Giolo. «Non so se siano dipendenti del Comune o di qualche cooperativa che lavora per il Comune in cimitero, fatto sta che è davvero una vergogna».



Il parroco nell’attesa ha anticipato la benedizione della bara, ma non ha potuto aspettare il momento della sepoltura a causa di altri impegni. «Per questo ritardo non è stato possibile neppure benedire la fossa», dice indignata Alessia Righetto, un’amica di famiglia. «Siamo rimasti noi amici ad aspettare insieme ai poveri genitori che in un momento così difficile e drammatico hanno anche dovuto fronteggiare un’attesa dolorosa». Un’ulteriore difficoltà che si somma a quelle di un periodo straziante per la famiglia Giolo. Luca nell’ultimo anno aveva avuto infatti diversi problemi e una serie di ricoveri ospedalieri. «È stato ricoverato in ospedale sei volte per un totale di sette mesi», racconta il papà. «Lo accompagnavo sempre io e gli stavo vicino finché non si riprendeva». Il trentunenne, che nonostante le sue disabilità era un ragazzo autonomo, aveva contratto un’infezione al cuore. «Aveva una pericardite, in pratica si irrigidiva la membrana che avvolge il cuore, e una serie di problemi respiratori. Ad agosto aveva anche avuto un intervento al rene». Un ragazzo che però, nonostante tutto, non ha mai perso la forza. «Ha lottato fino alla fine e lo ha fatto anche grazie al sostegno di medici bravissimi della Clinica Medica 5. —



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