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Zaia: «Con 23 competenze il Veneto come Bolzano»

Il governatore cerca il dialogo: l’autonomia speciale segue una via diversa

di Albino Salmaso
3 minuti di lettura
(ansa)
VENEZIA. Autonomia, prove di dialogo bipartisan con un doppio binario istituzionale e un obiettivo concreto: «Ottenere tutte le 23 competenze con i 9 decimi delle aliquote fiscali come Trento e Bolzano e diventare così de facto la sesta regione a statuto speciale» senza la procedura di modifica della Costituzione.

Luca Zaia tende la mano al Pd, invoca una “no fly zone” versione Usa della “Pax veneta” grillina, si aggiusta i capelli, sorride e poi mette sul piatto il numero magico: «2.328.949 veneti domenica sono andati alle urne e il 98,1% da detto di Sì all’autonomia. Non li deluderò, la trattativa con il governo si fa solo sulla base dell’articolo 116, terzo comma della Costituzione. Non punto alla secessione, dobbiamo essere una squadra coesa, oggi a Roma governa il centrosinistra e domani forse il centrodestra ma per noi non cambia nulla. Basta con le risse, ce lo chiedono 2 milioni 228.949 veneti e ci vuole compattezza», dice Zaia.

A palazzo Ferro Fini c’è il clima delle grandi occasioni, il governatore arriva dal salotto di “Porta a Porta” dove si è incontrato con Michele Emiliano che ha decantato le magnifiche virtù della sua terra baciata dal sole e dagli ulivi, pronta al referendum per l’autonomia a geometria variabile. I conti del bilancio della Puglia non brillano di gran virtù, ma se sul carro del federalismo vuol salire anche la Campania di De Luca, allora c’è posto per tutti.

Luca Zaia parla con tono ecumenico, sembra allievo del doroteo Bernini più che del secessionista Bossi, ricorda che “l’Italia è una e indivisibile” e poi spiega all’assemblea perché la trattativa deve riguardare le 23 competenze, non una di meno. La politica non c’entra, è questione di pura logica matematica. «In base alla proprietà transitiva se noi otteniamo tutte le deleghe con le relative coperture finanziarie previste dall’articolo 119 della Costituzione si ottiene di fatto l’autonomia speciale come il Trentino Alto Adige».

E la proposta di legge , uscita come un coniglio dal cappello magico, che fa tanto discutere perché estranea al referedum? «Avrà tempi diversi da quelli del negoziato con il governo per l’autonomia. C’è chi ha detto che siamo dei mona invece abbiamo aperto una strada nuova per l’Italia, il referendum del lombardo-veneto sarà il big bang del federalismo. Non torno indietro», dice il governatore. Che poi tende la mano: «Mi impegno a tenervi informati, convocherò gli Stati Generali del Veneto per dare vita alla Consulta delle autonomie e realizzare così un federalismo che ci avvicini alla Germania. Si è aperta una fase nuova con il governo, l’Italia deve seguire il modello americano e il Veneto giocherà la sua sfida. Insieme faremo un bel lavoro, i 9 decimi delle tasse sono il calcolo matematico delle competenze che il governo ci deve riconoscere, così saremo a tutti gli effetti come Bolzano. Non vado a Roma a chiacchierare. A Nordest pesa la questione della nostra sperequazione rispetto a Trentino e Friuli e va risolta».

Silenzio in aula. C’è da fidarsi di questo “padre” dell’autonomia, che diserta quasi tutte le assemblee del Consiglio e si presenta solo quando è sicuro di uscire con 10 e lode perché sale in cattedra e detta lo spartito?

«Ce lo dirà la storia chi ha veramente ragione», ribatte Marino Zorzato, di Area Popolare, ex vicepresidente della giunta e oggi all’opposizione: «Presidente Ciambetti, siamo noi i padri di questa vittoria che sta raccogliendo Zaia. Non sono geloso: ma senza Tesserin, Toniolo, Conta e il nostro gruppo il referendum non ci sarebbe mai stato. Siamo in forte ritardo, non abbiano ancora la proposta da presentare al governo e fra 5 mesi il Parlamento si scioglie. Tutti a casa, chi la voterà mai la nostra autonomia?» dice Zorzato.

Parlano tutti nella maratona. I gruppi “monocratici” assecondano l’analisi del governatore. Casali, Dalla Libera e anche Ferrari invocano l’unità dei veneti, mentre Sergio Berlato, ex eurodeputato, fa capire che non è stato facile convincere Giorgia Meloni sui referendum di Veneto e Lombardia. «State attenti perché se la Lega cambia le carte in tavola e punta alla secessione come la Catalogna, Fratelli d’Italia un secondo dopo sarà all’opposizione».

La parola passa a Massimiliano Barison di Forza Italia che rivendica la paternità della legge che ha portato al referendum e poi fissa i paletti. «Si tratta solo sull’autonomia che non mette in discussione la sussidiarietà, ma diventa la base per abbattere gli sprechi del Sud. Il negoziato sulle 23 materie deve avere un percorso diverso dallo statuto speciale, altrimenti si genera solo confusione. Faremo la nostra parte in Veneto e in Parlamento».

Silvia Rizzotto, della lista Zaia, con estrema sintesi mostra felice la tessera di san Marco come ricevuta elettorale: è un “santino”. Poi Maurizio Conte, ex assessore all’Ambiente, ex leghista, poi con Tosi e oggi da solo, dà lezione di politica: «Zaia non deve cavalcare l’onda. Marcato vuole ancora l’indipendenza, così si creano messaggi confusi e invece abbiamo l’occasione di modificare lo Stato e non ci possiamo isolare da Lombardia ed Emilia Romagna. Facciamo un asse comune per arrivare al federalismo e dimostriamo di saper gestire le 23 competenze chieste al Governo».

Tutto a posto? Tra un mese inizia la vera “mission impossible” di Zaia a Roma: convincere Bressa e Gentiloni.

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