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RENZI ATTACCA BANKITALIA PERCHÉ COSÌ ASSOLVE IL PD

A volte si dice che la migliore difesa consiste nell’attacco. Mi pare che Matteo Renzi sembri seguire questa linea di pensiero, almeno per quanto riguarda la questione della crisi del sistema...

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A volte si dice che la migliore difesa consiste nell’attacco. Mi pare che Matteo Renzi sembri seguire questa linea di pensiero, almeno per quanto riguarda la questione della crisi del sistema bancario italiano. Non molto tempo addietro Renzi ha incominciato ad attaccare Bankitalia, e più precisamente il servizio di vigilanza di Bankitalia sostanzialmente accusandolo di essere parte in causa nella determinazione della crisi di una serie di banche italiane. Il suo attacco sembrava rivolto verso Visco in quanto Governatore di Bankitalia e quindi responsabile formale della vigilanza. Lì per lì si faceva fatica a comprendere qual era il vero obiettivo di Renzi e cioè se l’obiettivo era quello di proporre una riforma del sistema organizzativo e procedurale della vigilanza oppure se esisteva un obiettivo più nascosto. La presa di posizione di Renzi finiva, volenti o nolenti, per delegittimare, in qualche modo, la stessa Bankitalia in un momento in cui la nostra banca centrale ha bisogno di tutta la sua autorevolezza per potersi muovere nella finanza globale.

Al di là di un improvvido attacco a Visco Renzi non è entrato nel merito dei meccanismi operativi della vigilanza bancaria, né ha fatto proposte per migliorarne l’efficacia. Eppure, a mio avviso, nella attuale governance bancaria ci sono alcune cose da ricalibrare. Ad esempio, occorrerebbe riflettere se sia da mantenere il sistema di salvataggio delle banche dissestate dalle loro dirigenze. Ad esempio Banca Antonveneta fu obbligata ad acquisire la Banca Nazionale dell’Agricoltura. Tale acquisizione contribuì a destabilizzare, sia dal punto di vista organizzativo che da punto di vista finanziario, Banca Antonveneta, Gradualmente Banca Antonveneta si trovò nella situazione di diventare, da salvatrice che era, una banca che doveva essere salvata. A sua volta fu salvata dal Monte dei Paschi di Siena, banca ritenuta solida. Il salvataggio di Banca Antonveneta, a sua volta, contribuì a destabilizzare lo stesso Monte dei Paschi di Siena. Il sistema di salvataggio mi fa pensare ad un pesce che mangia un pesce infetto, rimanendone infettato. A sua volta il pesce infettato viene mangiato da un pesce più grande che rimane infettato, e così via. Il Monte dei Paschi di Siena, almeno nel breve periodo, non è stato salvato da qualche banca più grande, ma dall’intervento finanziario dello Stato, a testimonianza che non sempre una banca dissestata può essere salvata da una banca più solida.

Un'altra questione è quella del ruolo dei consigli di amministrazione delle banche. Pensare che essi siano in grado di valutare la rischiosità di complesse operazioni finanziarie, in un mondo dominato da procedure finanziarie esoteriche e sofisticate, è del tutto irrealistico. Quando al cda di una banca “X” arriva il pacchetto di pratiche da approvare come può un consigliere opporsi o dare il suo assenso se non è in grado di avere elementi oggettivi di giudizio su ogni pratica?

Tornando a Renzi, ho avuto l’impressione che a lui non interessasse fare proposte per migliorare la funzionalità della vigilanza sulle banche. Mi è parso che cercasse di delegittimare Bankitalia per assolvere politicamente il padre di Maria Elena Boschi e con lei il Pd. Funzionale, almeno in apparenza, alla strategia di Renzi è stata la deposizione del Pm del Tribunale di Arezzo, Roberto Rossi, davanti alla Commissione parlamentare di inchiesta presieduta da Pierferdinando Casini. Una deposizione che, almeno leggendo i giornali, è sembrata voler assolvere la dirigenza di Banca Etruria e condannare il comportamento di Bankitalia. Tuttavia la deposizione di Roberto Rossi presenta una sorta di debolezza politica, non necessariamente oggettiva, che deriva dal fatto che tale magistrato è stato consulente per gli affari giuridici e legislativi del governo presieduto da Matteo Renzi. Così c’è il rischio che il tutto si tramuti in un boomerang per Renzi stesso con la possibilità che, malgrado l’importanza della “questione banche”, alla fine in campagna elettorale si discuterà prevalentemente se il padre della Boschi sia colpevole di malagestio, quando fu vicepresidente di Etruria, oppure no.

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