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Forza Italia frena: a FdI bastano 2 collegi

Vertice tra Ghedini, La Russa, De Poli e Giorgetti: 16 seggi alla Lega, 10 a FI, 2 a Meloni e 1 a Noi per l’Italia

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PADOVA. I sondaggi sono incoraggianti e assegnano al centrodestra il 37,6% con la Lega al 13,1%; FI al 16,7%; Fratelli d’Italia al 5,7 e Noi per l’Italia appena all’1,6 ben lontana dal 3 per cento. Il sondaggio Swg ha messo di buon umore Niccolò Ghedini che ieri assieme a Toni De Poli, Giancarlo Giorgetti, Maurizio Lupi e Ignazio La Russa ha avviato il primo vertice di coalizione per definire gli assetti nazionali per formare le liste in vista delle elezioni del 4 marzo. Al summit sono stati invitati anche i segretari regionali, e la discussione si è protratta fino a notte inoltrata. La regia è affidata a Gianni Letta, che torna ad affiancare Berlusconi dopo una parentesi legata alla decadenza del Cavaliere, decretata dalla Severino. Al centro del dibattito la suddivisione dei collegi sulle base del peso dei singoli partiti nelle regioni. E se in Veneto il centrodestra è al 53% con la Lega al 30, FI al 15, FdI attorno al 5 e la “quarta gamba” sotto il 3 è evidente che la suddivisione dei posti nei 28 collegi uninominali premierà il Carroccio. La base di partenza è 17 Lega, 9 FI, 1 FdI e 1 a Noi per l’Italia può cambiare sulla base delle pretese di Fratelli d’Italia che chiede addirittura 4 seggi sicuri. Una pretesa giudicata assurda, tanto che ieri La Russa ha telefonato a Sergio Berlato e gli ha fatto capire che Ghedini non è affatto disposto a cedere e così pure Giorgetti. Come finirà? FdI al massimo potrà portare a casa 2 collegi uninominali e in tal caso è probabile che la Lega scenda a 16 seggi ma si tratta anche su un altro schema: 10 collegi a FI, 1 a FdI e 1 a De Poli-Zanetti e 16 alla Lega. Gli equilibri saranno definiti su base nazionale la prossima settimana, ma ieri sono state indicate le norme delle incompatibilità. La prima grana da disinnescare riguarda i transfughi da Forza Italia a FdI e il Veneto guida la campagna acquisti. Non c’è solo l’ex capogruppo in Regione Massimiliano Barison, ma la lista si apre don Bartolomeo Amidei, senatore di Rovigo e poi con Stefano Bertacco, subentrato quando Elisabetta Casellati è stata nominata al Csm e approdato in FdI dopo la militanza in FI. La lista dei voltagabbana si alimenta di volti a caccia di un posto sicuro, a partire da Roberto Caon, uscito dalla Lega e passato con Berlusconi, alla pari di Andrea Causin che ha lasciato il senatore Monti per candidarsi con il Cavaliere.

La regola da rispettare è semplice: nei collegi uninominali ci vuole un candidato che rappresenti tutta la coalizione e che non abbia mai cambiato casacca. Proprio per evitare crisi di rigetto, FI non potrà mai votare Amidei e la Lega altrettanto Caon. Discorso analogo vale per Flavio Tosi, che a Verona ha sfidato Sboarina nella corsa a sindaco nel giugno scorso. La ferita è ancora aperta e l’ex sindaco della città scaligera rischia di trovare con le porte sbarrate a doppia mandata. Vale però una regola; nel proporzionale ogni partito decide in assoluta autonomia e quindi Tosi, Bisinella e Bragantini possono giocare le loro carte. (al.sal.)

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