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Bersani: flat tax, una rovina «Stop al lavoro precario»

L’incontro a Venezia: «Non saremo certo noi a far perdere il Pd qui in Veneto È Renzi che ha tradito i valori del riformismo e non ammette le sconfitte»

di Albino Salmaso
4 minuti di lettura
VENEZIA. Il “Governissimo del Presidente” evocato da Massimo D’Alema per garantire la stabilità all’Italia? Pierluigi Bersani invita alla cautela. Se il modello della “Grosse Koalition” in Germania segnerà il cammino dell’Europa, i nodi che l’Italia deve affrontare sono tre: «Riforma del fisco con aliquote progressive e lotta all’evasione perché la flat tax porta alla rovina; riforma del welfare per evitare che a curarsi siano solo i ricchi con le visite a pagamento; riforma del lavoro con la modifica del Jobs Act per mettere fine alla precarietà», spiega il deputato di Liberi e Uguali a Venezia per un convegno, che oggi vedrà la partecipazione di Pietro Grasso.

Onorevole Bersani, il centrodestra è in vantaggio, ma difficilmente ce la farà a governare dopo il 4 marzo e si pone il tema delle alleanze. Per la prima volta, D’Alema ha fatto capire che Liberi e Uguali può collaborare a un governo istituzionale con Pd e FI. Lei che scenario ipotizza?

«Il Rosatellum configura un sistema proporzionale mascherato da maggioritario e il 4 marzo la gente vota dove la porta il cuore, poi tocca al Parlamento trovare la quadra. Così avviene anche in Europa, il caso Germania ne è l’emblema. La nostra Costituzione prevede che quando non c’è una maggioranza, la palla passa al Presidente della Repubblica. Quindi prima di azzardare previsioni meglio mettere non uno solo ma un esercito di carri davanti ai buoi. Deciderà Mattarella. Noi abbiamo fissato tre paletti inderogabili sul programma, ma siamo gente responsabile. Oggi ho sentito Grillo che parla di panda, bambù e formaggini quando gli chiedono con chi intende allearsi. Io ho fiducia negli italiani e non dimenticatevi mai Quasimodo: «Ognuno sta solo sul cuor della terra, trafitto da un raggio di sole: ed è subito sera».

Quali sono i tre paletti inderogabili del programma?

«Partiamo dal lavoro: basta bonus, i soldi vanno messi negli investimenti. C’è troppa precarietà e si sta snaturando il mercato del lavoro con una generazione di giovani che viene umiliata. Il secondo tema riguarda il sistema universalistico di welfare che sta perdendo colpi: ci sono nuovi farmaci supercostosi e c’è il rischio che si curino solo i ricchi. Poi va riordinato il sistema fiscale».

Berlusconi ieri in tv ha rispolverato il programma del 1994: via le tasse sulla prima casa, flat tax al 23% e Ilor abolita: lei cosa ne pensa?

«Non c’è un paese al mondo che non abbia avuto un disastro applicando la riduzione delle tasse. Poi non è equo trattare con le stesse aliquote persone con redditi completamenti diversi. L’ex ministro Vincenzo Visco ha presentato un libro sul tema dell’evasione e con le tecnologie attuali è possibile recuperare in un lustro almeno 50 dei 150 miliardi di tasse non pagate ogni anno. Poi bisogna risagomare le aliquote e portare a due quelle dell’Iva, insomma l’esatto contrario della flat tax di Berlusconi e Salvini».

In Veneto il tema del fisco è molto sentito: come pensate di fare breccia nell’elettorato?

«Anche in Veneto dobbiamo svolgere una forte iniziativa di orientamento per conquistare una parte significativa di lavoratori, delle aziende, dell’impiego pubblico, dello stesso lavoro autonomo. C’è una contraddizione grande come una casa nella proposta della destra sulle tasse perché a beneficiarne sarebbero soprattutto i redditi alti e quelli molto bassi, mentre sarebbero i redditi medi a pagare questa operazione. A parità di gettito questo è evidente, mentre con un gettito al 23% sarebbero i ceti medi e a reddito basso a perdere servizi pubblici essenziali, in primis la sanità. Il Veneto ha un ceto medio così esteso con cui si può dialogare per tutelare la qualità e la dignità della vita».

Sul lavoro chiedete la modifica del Jobs Act che piace tanto Renzi e alle imprese?

«Bisogna approvare una legge che abbia veramente al centro il contratto a tutele crescenti, compreso il recupero di gran parte dell’articolo 18. Alcune aziende che i tedeschi hanno comprato in Italia, come la Ducati, la Lamborghini e la Bonfiglioli hanno firmato dei contratti in deroga al Jobs Act. Spero che anche il Veneto segua la stessa strada, ai lavoratori vano offerte garanzie. Bisogna disboscare radicalmente le false alternanze scuola-lavoro, i falsi stage e tirocini, i tempi determinati ad libitum. I giovani sono ricattati in modo indecente». .

La proposta di abolire le tasse universitarie, lanciata da Grasso, ha sollevato un vespaio di polemiche. È vero che si finisce per favorire i ricchi?

«Ma no. Hanno creato confusione ad arte. Liberi e Uguali ha lanciato una riforma complessivo del welfare. L’Italia ha la metà dei laureati dei paesi avanzati, siamo a livelli della Romania, calano le iscrizioni e mettiamo i numeri chiusi. C’è qualcosa che non torna. Facciamo come in Germania, Svezia e Norvegia dove il sistema universitario entra nel welfare universale, alla pari della scuola dell’obbligo e superiore. Poi si valuta in base alla tenuta del corso di studi, con un occhio di riguardo agli studenti-lavoratori. Non stiamo parlando come Berlusconi di una promessa elettorale da 200 miliardi di euro, l’ abolizione delle tasse universitarie vale 1 miliardo e mezzo e per potenziare il diritto allo studio chiediamo al governo di trovare altri 2 miliardi per mettere l’Italia al passo con l’Europa. La prima mossa da fare è l’abolizione del numero chiuso, una vera aberrazione».

Onorevole Bersani, non ci dica che ha nostalgia del Pd. Qui in Veneto e a Venezia avete fatto man bassa di deputati dem. Come finirà?

«Ho nostalgia di un grande partito progressista ancorato alla storia della sinistra riformista, quello che ho guidato io. Per come l’ha ridotto Renzi c’è solo da piangere: noi siamo nati per recuperare quei valori e difendere i cittadini delusi che scelgono l’astensione».

Renzi vi accusa di far perdere il Pd nei 28 collegi veneti a vantaggio del centrodestra...

«Il popolo della sinistra e il mondo del lavoro che io frequento, ha maturato l’idea di un profondo tradimento consumato da Renzi e dal suo gruppo dirigente. Della gente che incontro, neanche uno su dieci voterebbe il Pd. Renzi non se lo vuole mettere in testa perché ha rimosso le sconfitte. Ha perso alle amministrative e poi al referendum costituzionale e non fatto neanche una riunione nelle sezioni italiane. La voce degli iscritti va sempre ascoltata. Lui invece tira dritto. In Veneto, per fortuna, possiamo contare su una squadra di bravi amministratori che ha dimostrato con i fatti concreti come la sinistra ha migliorato la qualità della vita nelle città».

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