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«È una Lega nazionalista che fa l’Italia arlecchino»

Bersani: la destra come Trump, prende voti delle tute blu e dà sconti ai miliardari Mai al governo con loro. Ricostruiamo un’area progressista, sì al dialogo con M5S

di Enrico Pucci
5 minuti di lettura
(ansa)

PADOVA. «Sei di sinistra? Votala. Non star lì a pettinar le bambole». A quattro giorni dalle elezioni, Pier Luigi Bersani riassume a modo suo, con uno slogan e una delle sue tipiche metafore, quella che per Liberi e Uguali è la posta in gioco. «Ricostruire un’area progressista». Ospite in redazione, intervistato dal direttore Paolo Possamai, da Enrico Pucci, Albino Salmaso e Filippo Tosatto, il leader e capolista di LeU nel plurinominale di Padova e Verona, sta al gioco di indicare gli scenari possibili, accettabili per la sua forza politica. In sintesi: sì a una collaborazione con il Pd «se farà un’autentica svolta sul programma», disponibilità a dialogare con il Movimento Cinque Stelle «a precise condizioni». Mai con la destra.

Partiamo proprio da qui. Pietro Grasso ieri ha fatto sicutere con la sua apertura a un governo «di responsabilità» con Pd e Forza Italia.

«Ripeto quello sui cui siamo d’accordo tutti, io, Grasso, Boldrini: con la destra non ci andiamo, è una questione di igiene mentale. E sconsigliamo a tutti robe tipo larghe intese».

Neanche per sostenere un governo che faccia solo la legge elettorale?

«Questa legge l’hanno fatta Pd e centrodestra per fregare noi e il M5S. Se vorranno fare un Mattarellum, pronti a votarlo. Ma la legge elettorale si fa in Parlamento. Sono ipotesi fumogene, del tutto irreali. Sarà meglio parlare di lavoro».

A questo proposito, oggi un opinionista di destra la definisce “il re del piagnisteo”: “Vuole abolire la Fornero ma l’ha votata, vuole abolire il Jobs Act ma l’ha votato”...

«Sulla Fornero, a una settimana dal baratro greco, ho provato in tutti i modi a convincere che c’era bisogno di una maggiore flessibilità. Sul Jobs Act ho fatto battaglia nel partito, ero riuscito a salvare l’articolo 18 ai tempi del governo Monti. In Parlamento non ho votato tutti gli articoli e poi è diventato un decreto delegato. E’ stata una battaglia persa, ma non si dica che l’abbiamo votato: è una fake news. Quanto al “piagnone”, con questa storia dei gufi oggi abbiamo una destra galoppante. L’errore del renzismo. Si diceva che “bisognava dare fiducia”. Ma non è che se tutti soffiano si alza il vento. Chi governa deve affrontare i problemi, vedo una bruttissima aria in giro. Vedi Casapound che fa l’8% a Ostia e Forza Nuova che entra nei consigli comunali».

E’ vero che il Pd non prende più tanti voti nelle periferie, ma sembra che non li prendiate neppure voi. Li prende la destra, o il M5S.

«Fateci cominciare! Non è del tutto vero. Contro la precarietà, stiamo proponendo una lenzuolata per sbaraccare una serie di situazioni vergognose e umilianti per i giovani. Parliamo di lavoro, ma lavoro in piedi».

Qualche esempio?

«Quella che ho chiamato la “lenzuolata delle aree interne”. L’Appennino si sta spopolando. O noi insegniamo ai cinghiali a fare le canalette o verrà giù mezza Italia. Allora esentiamo tutte le attività economiche dal fisco per 5-6 anni. Abbattiamo tutte le barriere fra un mestiere e l’altro. Fai il ristoratore? Vendi anche i tabacchi, fai il recapito per le poste».

Con quale criterio individuare queste aree?

«Oltre un certo tasso di spopolamento negli ultimi 10 anni. Un altro tema sui cui è urgente intervenire è la sanità: guardate che se andiamo avanti così, fra dieci anni, rischiamo di essere uguali agli Stati Uniti. E pensare che noi in Emilia e in Veneto siamo stati la sala macchine del riformismo della sanità e del welfare. Il primo asilo nido l’ha fatto l’Adriana Lodi a Bologna nel 1969, nel ’73 si è fatta la legge. Liberi e Uguali è questo, è l’idea di una sinistra di governo che punti a ridurre le disuguaglianze e a favorire in questo modo la crescita».

Possibile che il centrodestra sia riuscito a ricompattarsi e il centrosinistra no?

«È un effetto ottico. L’unica differenza è che quando vedi che tira l’aria buona, ti ammucchi. Fino a un anno fa erano divisi più di noi. Domani l’altro si divideranno di nuovo».

Nei collegi, però, la vostra divisione pesa eccome.

«È la legge elettorale voluta dal Pd e dalla Lega. Ero in Transatlantico, i leghisti non ci volevano credere, a un simile regalo! Verdini e Calderoli sono sommi esperti di legge elettorale. Rosato no: gli han venduto il Colosseo. Volevano fregare LeU e M5S. All’ultimo abbiamo provato almeno a fare inserire il voto disgiunto. Respinto».

Cosa pensa della flat tax?

«Fanno come Trump, che prende i voti delle tute blu del Michigan e poi taglia le tasse ai miliardari. La Lega va davanti alle fabbriche a prendere i voti degli arrabbiati e dopo fa la flat tax a favore dei miliardari».

Non è che lei scommette su un insuccesso del Pd perché così salta Renzi?

«Guardi, a mio avviso l’insuccesso c’è già da tre anni. Tre tornate amministrative che sono sotto la “quota Bersani”. Quella che ci vuole è una vera svolta sulle cose. Se continuano a dirmi che la legge sul lavoro così com’è va bene, che la scuola va bene, non se ne fa nulla. Basta bonus e sgravi fiscali. Noi diciamo investimenti sul territorio. E quindi green economy, difesa del suolo, regimazione delle acque, bonifiche, scuole e un po’ di miliardi per fare queste operazioni. Su un milione e 300mila persone che hanno perso il lavoro nella crisi, 600-700 mila sono nell’edilizia. Pensare di parlare di immigrazione a queste persone, pensare di fare un discorso democratico bypassando il tema sociale, è un errore micidiale».

Contesta al Pd un programma troppo blando?

«Questa società ha bisogno di cambiamenti. Di un riformismo costituzionale, democratico ma radicale. Qui ci vogliono 7-8 lenzuolate».

Mettiamo che il Pd faccia questa svolta, e che il M5S sia il partito più votato: sareste disponibili a dialogare con loro?

«Se ho margini per fare una maggioranza progressista, ho già risolto. Parlo del centrosinistra. Il M5S? Sapete che io parlo con loro. Ma prima dovrebbero scegliere di guardare verso sinistra. Poi vorrei garanzie sull’antifascismo, niente ambiguità. Lavoro, sanità, fisco, immigrazione: discutiamo. Mal che vada - ed è più probabile che vada male - rendo più chiaro quello che sono io. Voglio essere sfidante nei loro confronti perché se fanno un’altra legislatura come questa, nel Paese si crea un vuoto d’area. E con l’aria che tira l’ultima cosa che dobbiamo augurarci è un vuoto d’area».

Quali sono i suoi rapporti con D’Alema? E’ vero che è lui il vero regista di LeU?

«Di D’Alema si fa una specie di babau, io non so più come smentire questa cosa. E’ uno dei protagonisti di questa avventura. Ed è sicuramente autorevole. Forse un po’ più togliattiano di me».

A proposito di togliattiani, se lo sarebbe mai immaginato di trovare Casini candidato del centrosinistra nella sua Bologna?

«È la conferma di una linea, nata forse nell’esperienza fiorentina, avvaloratasi probabilmente alle Europee, che liberandosi della sinistra ti si aprisse un’autostrada verso un ipotetico centro moderato. E quindi il Nazareno, le leggi elettorali, le candidature degli amici di Cuffaro e Lombardo in Sicilia, del braccio destro di Formigoni in Lombardia, di Casini e Lorenzin in Emilia. Un’idea demenziale. Quel centro lì non esiste. Oggi se si vuole parlare di centro, è semmai il M5S».

Dalla parte dei deboli, dei poveri, ci sono anche quelli che hanno perso tutto investendo in Popolare Vicenza e Veneto Banca.

«Dialogando anche con la dimensione europea, bisogna allargare il concetto di quelli che si possono definire ingannati. Ma prima ancora dico questo: negli Usa prima hanno messo dentro Madoff, poi sono andati a vedere se la Sec aveva fatto il suo dovere. Non è possibile che chi ruba una mela finisca in Questura, chi frega i risparmiatori se ne stia in giro come se niente fosse».

Come vede il processo di maggiore autonomia intrapreso dal Veneto?

«Una volta la Lega era una forza federalista, a suo modo originale. Ora è diventata un partito di imitazione, sovranista. Con una singolarità, che mentre si propone come partito nazionale fa l’Italia arlecchino. Mi faccia dire due ultime cose sul Veneto e su Padova».

Prego.

«Ho letto che la Regione Veneto vuole dare contributi per abbattere i capannoni: peccato che, anni fa, i contributi li dessero per farli, con le varie Tremonti. Questa è la destra al governo».

E su Padova?

«Per noi, deve essere una traccia. Se la sinistra torna a essere larga, plurale, civica, si può battere la destra».

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