In evidenza
Sezioni
Annunci
Quotidiani NEM
Comuni

«Bisogna fermare questa banda di nigeriani»

Il presidente della Municipalità di Marghera: «Togliere proprietà e capitali per fermare lo spaccio»

di GIANFRANCO BETTIN*
2 minuti di lettura

Mestre capitale italiana delle morti per eroina: 15 in un anno, o forse più (oltre 20 nell’area metropolitana). Non capitava dai tragici anni ’70 e ’80. Possiamo ipotizzare alcune cause principali, sullo sfondo di una crisi sociale globale che rende comunque più fragili le persone, e non solo i giovanissimi (molti di questi morti non lo erano) e di norme nazionali in materia ormai anacronistiche e ottuse.

1) L’irruzione sul mercato - nella contingenza - di un tipo di eroina particolarmente potente e velenosa, a volte mal tagliata, la cosiddetta “eroina gialla”, smerciata soprattutto dalla banda nigeriana che da un paio d’anni ha conquistato una crescente fetta di mercato di strada, togliendo spazio alle altre comunque pericolose bande magrebine, balcaniche e italiane. Questi nigeriani sono organizzati, efficienti, ultimamente anche prepotenti pure al di fuori del circuito di spaccio. Andrebbero colpiti in modo sistematico: togliendo loro proprietà e capitali, arrestando e/o espellendo adepti e capi, applicando il reato associativo come aggravante agli altri ovvii capi d’accusa (come accadde nella vicenda Keke Pan). Finora, invece, si è proceduto caso per caso, facendo loro il solletico o poco più e aggravando il lavoro di chi oggi soprattutto è sulla prima linea nel contrasto, e cioè da un lato le forze di polizia (compresa la Polizia locale) che colpiscono lo spaccio di strada, e dall’altro i medici e gli infermieri del 118 e degli altri servizi d’emergenza.

2) L’insufficienza (di personale, strumenti, spazi e risorse) dei servizi per le dipendenze dell’Ulss in città. La Regione Veneto ha smesso da tempo di investire in questo campo e non ha affatto capito la nuova emergenza in corso (né i vari Comuni coinvolti hanno fatto gran che per chiederle un cambio di marcia), che viene così fronteggiata in modo drammaticamente impari, quando le risorse umane, materiali ed economiche andrebbero pressoché raddoppiate.

3) Il Comune di Venezia, che in altri settori dello stesso sistema di welfare ha in corso interessanti esperienze di riorganizzazione, non ha invece mai creduto molto nel potenziale dei servizi a bassa soglia, che ovunque in Europa e storicamente anche qui hanno sempre prodotto risultati straordinari (facendo tra l’altro di Mestre e Venezia un modello studiato e riprodotto altrove, prima che venisse logorato dai tagli dei trasferimenti statali e regionali, dall’impoverimento di personale e strumenti, e poi da un mancato reinvestimento e rilancio politico e tecnico-scientifico oltre che culturale).

Un lavoro difficile, prezioso, che negli anni in cui è stato sostenuto ha salvato innumerevoli vite, su tutto il fronte delle situazioni a rischio: dipendenze, sfruttamento della prostituzione, minori a rischio o fuori controllo, quartieri e contesti difficili ecc. Oggi vi sono nuove risorse a disposizione degli enti locali, è stato superato il feroce Patto di stabilità che ne imprigionava l’azione, sono ripresi i trasferimenti statali. La penuria degli anni che abbiamo alle spalle ha però lasciato il segno, pesantemente, come la crisi sociale e le leggi inadeguate, e anche questa strage ne è un esempio. Occorre fronteggiare questa emergenza non in modo occasionale, bensì reinvestendo, facendo tesoro delle esperienze migliori, innovando con intelligenza, combattendo duramente i vecchi e nuovi mercanti e culture di morte. Lavoriamoci insieme.

*Presidente Municipalità

di Marghera

I commenti dei lettori