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La Cina blocca l’import di rifiuti riciclati italiani

Pechino ha portato la soglia di impurità della carta allo 0,5% mentre nell’Ue è dell’1,5 Le aziende preoccupate per il crollo del prezzo: in difficoltà i partner di Hera e Veritas

di Gianni Belloni
2 minuti di lettura

PADOVA. L’abitudine consolidata e ormai non ci si fa più caso: la carta da una parte, il vetro dall’altra, la plastica nel suo bidone. Ad accogliere i nostri rifiuti diligentemente separati c’è un mondo, o meglio un mercato, dove quei rifiuti vengono gestiti, trasformati, venduti. Un mercato sconvolto dalla decisione della grande fabbrica manifatturiera del mondo, la Cina, di non accogliere più il nostro materiale da riciclare al di sotto di una soglia di impurità molto bassa. Per la carta, per esempio, lo standard di impurità ammesso dalla Cina Pechino è stato portato allo 0,5%, mentre in Europa è all'1,5%.

Una decisione annunciata nel luglio 2017 e resa operativa dal gennaio di quest’anno. Le conseguenze non si sono fatte attendere. Magazzini stracolmi, difficoltà crescenti a collocare il materiale, prezzi crollati, aziende in difficoltà. D’altronde la Cina accoglieva, nel 2016, 50 milioni di tonnellate di materie di recupero come carta, ferro, acciaio e altri metalli; di queste, 7,3 milioni di tonnellate sono plastica, quasi la metà proveniente dall’Europa. Ora ha deciso di darci un taglio con una comunicazione alla World Trade Organization la dirigenza cinese ha posto il veto all’entrata di 24 tipologie di rifiuti solidi fra i più inquinanti, come la plastica per uso domestico, la carta indifferenziata o mista, gli scarti tessili e scorie di varia natura.

«Abbiamo dovuto lasciare a casa tre dei quindici dipendenti», racconta sconsolato Tiziano De Mattia, legale rappresentante della Cartotecnica Zanatta, azienda di Ponzano Veneto che seleziona, pressa e macina la plastica perché possa rinnovarsi. «Raccogliamo più di quanto l'industria possa attrarre, l'esportazione è necessaria. Ora ci siamo rivolti verso i paesi dell'Est Europa, ma abbiamo difficoltà a collocare il materiale».

Per la carta il discorso è simile: nel 2016 il 54% della carta e cartone avviati al riciclo in Italia sono andati in Cina. Le quotazioni della carta da macero è crollata del 70% in questi mesi. «Il prezzo si è abbassato notevolmente e ci sta creando difficoltà, anche se noi continuiamo a lavorare, come abbiamo sempre fatto, con cartiere del territorio», racconta Silvia Bolzonella della Terme Recuperi, uno stabilimento di Montegrotto che riceve la carta della raccolta differenziata di Hera – AcegaAps. Altri operatori del settore preferiscono non esporsi, ma descrivono la stessa situazione.

Anche per il vetro ci sono forti difficoltà legati al crollo del valore a fronte di un aumento della raccolta differenziata. Alcuni impianti di trattamento hanno chiuso i battenti. «I magazzini sono stracolmi, non c’è da stupirsi poi che qualche stabilimento vada a fuoco», dichiara con schiettezza Vittorio Salvagno, amministratore delegato della Ecoricicli Veritas, la società veneziana dedicata alla gestione, raccolta, selezione e recupero di rifiuti da raccolta differenziata. «Noi abbiamo rinforzato la sorveglianza e la sicurezza negli impianti perché è aumentato il pericolo incendi, con la mole di materiale contenuto, ma se qualcuno pensava di guadagnare facendo compravendita di materiale e ora si trova con i magazzini pieni magari il pensiero di liberarsi dell’ingombro con il fuoco gli può venire».

Un’inchiesta in corso ha messo in luce l’operatività di un organizzazione che affittava capannoni per lo stoccaggio selvaggio del materiale da avviare al recupero. Tra gli indagati personaggi legati alla criminalità organizzata.

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