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Povertà educativa: nel Veneto aumenta ma l’Italia sta peggio

Cala la partecipazione ad attività scolastiche e socio-culturali Il Rapporto statistico della Regione: a Nordest più opportunità

di Nicola Brillo
2 minuti di lettura
(ansa)

VENEZIA

Uno stretto legame unisce povertà economica a quella educativa. E viceversa. Si tratta infatti di un circolo vizioso che si tramanda dai genitori ai figli, che a loro volta saranno, da adulti, a rischio povertà o esclusione sociale. Questo accade a livello nazionale, ma anche a Nordest, dove la povertà educativa è in peggioramento (anche se gode ancora di posizioni di vantaggio rispetto al resto d’Italia). L'Ufficio statistico della Regione del Veneto, nell'annuale rapporto statistico 2018 “Il Veneto si racconta, il Veneto si confronta”, realizza un interessante focus sui giovani e in particolare sul legame che unisce i due fattori, che purtroppo si alimentano a vicenda. «Esiste un rapporto diretto tra situazione socio-economica della famiglia e povertà educativa e le differenze tendono a perpetuarsi da una generazione all’altra – spiega la ricerca -. Si parla di povertà educativa come quel processo che limita il diritto dei minori a un’educazione e li priva dell’opportunità di “apprendere, sperimentare, sviluppare e far fiorire liberamente capacità, talenti e aspirazioni”».



La povertà educativa investe non solo il presente dei bambini, ma anche il loro futuro pregiudicando lo sviluppo del minore, rendimento scolastico e carriera. L’Indice di povertà educativa (Ipe) è calcolato per i ragazzi 14-29 anni ed è calcolato per macroregioni, il Nordest rappresenta una valida approssimazione per il Veneto. A livello medio nazionale, nel triennio 2012-2015 l'Ipe passa da 100 a 100,2 a indicare un lieve peggioramento della situazione. I valori meno critici sono quelli del Nordest, seppur in deterioramento rispetto al 2012: per i maschi il valore dell’indice passa da 89,5 a 91,5 nel 2015, mentre per le femmine da 90,3 a 92,2. Ad un’analisi più dettagliata, risulta evidente come lo svantaggio culturale della famiglia (non avere libri in casa o averne molto pochi) e la mancanza di relazioni con i pari (non avere amici o non frequentarli), nonché le basse competenze digitali, linguistiche e matematiche, possano incidere negativamente sullo sviluppo della persona. E non sempre le condizioni economiche dei genitori sono la causa. C’è un legame spesso, sottolinea il rapporto, tra essere fuori dalla formazione e scarso impegno civico e interesse per la società.



La maggioranza dei ragazzi italiani, 85 su 100, non è coinvolta in nessuna attività di volontariato e uno su quattro non si interessa mai di politica; molti anche i ragazzi che non si informano, non leggendo mai quotidiani (30,9%) o non usando mai internet (12,2%). Nel Nordest il miglioramento di questa dimensione sembra interessare solo i maschi, mentre per le ragazze si registra un leggero peggioramento, tanto che, se nel 2012 mostravano livelli di competenza migliori dei coetanei maschi, ora si equivalgono. «Rispetto al contesto medio nazionale, le regioni del Nordest garantiscono ai ragazzi migliori opportunità di “Vita confortevole, sana e sicura” – spiega il rapporto –, fondamentali per una crescita armonica nel contesto relazionale e sociale».



Numeri alla mano l’Ufficio regionale di statistica ricorda gli effetti positivi che un titolo di studio elevato porta sul lavoro e quindi sulla condizione del giovane. Nel 2017 in Veneto l’indice di disoccupazione dei 15-34enni diminuisce all’aumentare del livello di istruzione della persona: senza lavoro al 20,5% per chi ha una licenza di scuola media, si dimezza per chi possiede un diploma e arriva all’8,3% per un’educazione ancora superiore. —



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