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Casarini e Caccia insieme sulla nave per i migranti

L’ex leader dei centri sociali e l’ex assessore di Venezia sono salpati: «Stop al dilagare del razzismo, abbiamo comprato la Mediterranea»

Mitia Chiarin
2 minuti di lettura

VENEZIA. Con la nave Mare Jonio di “Mediterranea” ci si collega solo via telefono satellitare, col sottofondo dei motori in azione. Da qui arriva una foto che fa storia. Sul pontone della prima nave di una Ong con bandiera italiana, salpata nella notte del 3 ottobre con destinazione le acque libiche per salvare migranti da morte certa, ci sono due volti notissimi dell’antagonismo italiana e veneziano.

La “testa” a capo della missione è quella di Luca Casarini, l’ex leader dei centri sociali del Nordest, l’uomo del G8 di Genova, delle tute bianche, oggi dirigente nazionale di Sinistra Italiana. Al suo fianco, dopo mesi di lavoro segreto, come manager, c’è Giuseppe Caccia, per tutti “Beppe”, ex assessore e consigliere comunale a Venezia, l’uomo che non ebbe timore di lanciarsi in mutande in Canal Grande per protestare contro l’arrivo dell’austriaco Haider. «Due che conosci bene. Due signori di mezza età», il messaggio.

In questi anni entrambi sono stati lontani da Venezia. Casarini è andato a lavorare in Sicilia con la compagna, è diventato padre e dirigente di Sinistra Italiana. Beppe Caccia si è occupato di progetti strategici, come consulente. Il suo lavoro lo ha portato spesso a Berlino. Ora hanno preso il largo, «per fare», dicono.

A bordo della nave che sta infastidendo la Lega al governo, che contro gli immigrati ha vinto le elezioni. Il ministro Salvini ha già detto: «La Mediterranea è la nave degli scalcagnati, dei centri sociali, che va in mare a pescare tre merluzzi».

«Salvini chi?», ribatte Giuseppe Caccia al telefono. E racconta questa nuova avventura. Concreta, passando dalle proteste, dagli scontri, ai salvataggi di vite in mare.

«Di fronte alla situazione del Mediterraneo, con la criminalizzazione delle Ong internazionali; di fronte al fatto che sta crescendo e montando ovunque un clima pesante di intolleranza, razzismo e xenofobia, con vecchi amici, fratelli e compagni con cui abbiamo condiviso tante battaglie ci siamo detti che bisognava fare qualcosa. Basta discorsi, ma fare. E abbiamo deciso di mettere in mare una nave con bandiera italiana, nata da coalizione ampia di forze della società civile e rispondesse al sentimento di vergogna che provavamo», racconta l’ex assessore.

Casarini non parla, ha da fare. Il piano è stato portato avanti nella segretezza, con l’aiuto di tanti. Caccia racconta: «Prima abbiamo provato a noleggiare una nave e abbiamo scoperto che molti operatori italiani ci dicevano “Volentieri vi noleggeremmo una nave, ne abbiamo di adatte ma non lo facciamo perché temiamo ritorsioni politiche”. Allora abbiamo deciso di comprarcela la nave. Abbiamo creato una società armatoriale di cui sono socio anche io. Ho girato Italia ed Europa in due mesi imparando il mestiere del manager navale, contattando broker, imparando a muovermi in questo modo del tutto estraneo».

Ora la nave opera a 26 miglia a nord delle coste libiche, pronta ad agire nei salvataggi in mare.

«Abbiamo un equipaggio professionista; la rescue boat per l’intervento di soccorso in mare; una piccola infermeria, servizi igienici e docce. La vita a bordo è organizzata per coprire il funzionamento della nave e prepararci alle emergenze», dice. Instaurate collaborazioni con Open Arms, Sea Watch e il Colibrì, aereo di piloti volontari francesi che pattuglia il mare da Lampedusa. Ieri un primo tentativo di salvataggio . —


 

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