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Doping, il Cio riammette la Russia

Il reintegro arriva dopo le ultime analisi negative sugli atleti a Pyeongchang

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MOSCA (Russia). La punizione è finita. La Russia torna nella famiglia olimpica dopo le amare vicissitudini del doping di Stato che hanno escluso molti suoi atleti dai Giochi invernali e hanno costretto i 168 russi considerati puliti ad andare a PyeongChang rinunciando a bandiera e inno nazionale. A tre giorni dalla cerimonia di chiusura delle Olimpiadi sudcoreane, il Cio ha annunciato il reintegro del Comitato olimpico russo (Roc).

Una notizia salutata con entusiasmo dal presidente del Roc, Aleksandr Zhukov, che ha parlato di «una decisione molto importante» per la Russia. E anche da Vladimir Putin, che stasera, premiando i medagliati russi in una solenne cerimonia al Cremlino, ha colto l'occasione per dipingere ancora una volta tutta la vicenda del doping russo come un complotto politico contro Mosca: «Spero - ha detto - che le organizzazioni internazionali alla fine capiranno che lo sport va tenuto lontano dalle questioni che non lo riguardano». Se il Cio ha optato per la riammissione del Comitato olimpico di Mosca è perché i test degli atleti russi a PyeongChang che ancora rimanevano da analizzare hanno dato esito negativo: niente doping.

Luce verde dunque, come il Cio aveva già promesso domenica scorsa. Anche se due russi erano risultati positivi durante i Giochi invernali: il giocatore di curling Aleksandr Krushelnitski e la bobbista Nadezhda Sergeeva. Se non fosse stato per questo, probabilmente il tricolore russo avrebbe sventolato già alla cerimonia di chiusura delle Olimpiadi.

In Corea del Sud mancavano molti giganti dello sport russo, e il bottino degli atleti di Mosca e dintorni è stato nettamente inferiore a quello ottenuto quattro anni prima a Sochi, quando erano i padroni di casa: appena due ori, sei argenti e nove bronzi. Ma a Sochi, dove sbaragliarono tutti, i russi pare facessero uso di sostanze illecite per migliorare le loro prestazioni. E, cosa più grave, a coprirli sarebbero stati i servizi segreti. È quanto emerso dalle denunce dell'ex direttore del laboratorio antidoping russo, Grigori Rodchenkov, e da un'indagine dell'agenzia mondiale antidoping (Wada).

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