Gerusalemme contesa Protesta con i bambini
Musulmani della Comina contro Trump: «Libera capitale della Palestina» Minorenni a intonare slogan politici a pochi metri dai coetanei sulle giostre
di Chiara Benotti
2 minuti di lettura
“Gerusalemme libera capitale di Palestina”. Slogan, bandiere, striscioni “no Trump”, stelle di David: una cinquantina di appartenenti alla comunità islamica hanno effettuato un presidio a Pordenone, ieri pomeriggio, con tanti bambini al seguito, in una piazzetta Cavour blindata dalle forze dell’ordine. A due passi dalle giostre su cui giocavano i coetani e nel viavai dello shopping natalizio, i musulmani hanno protestato contro la decisione del presidente Usa di riconoscere Gerusalemme capitale di Israele e di spostarvi l’ambasciata americana da Tel Aviv. «No all’occupazione» è stato il grido in piazza.
Tra giochi e slogan. I bambini islamici portati a innalzare le bandiere palestinesi e a intonare gli slogan anti-Usa erano a pochi passi dai coetanei italiani sui cavalli della giostra in piazzetta. Un colpo d’occhio che non è sfuggito ad alcuni passanti «Insegnate la pace – ha invitato un signore – non slogan di guerra». La replica: «I bambini sono stati accompagnati dai genitori – ha dichiarato Abdullah Bendriss, portavoce della comunità islamica in Comina –. Le mamme hanno diritto di protestare in piazza: non sapevano dove lasciare i figli. Nessuna strumentalizzazione, siamo i primi a volere la pace». «Il silenzio – hanno detto alcune ragazze con il velo – è colpevole».
Questione capitale. «Gerusalemme non si tocca: evviva l’Italia che ha preso posizione per difendere l’inviolabilità di una città che è ombelico di tante religioni» ha detto l’imam Mohamed Hosny, spiegando che la situazione in Palestina e Medioriente è diventata difficile. «Chiediamo la pace e Gerusalemme libera – ha continuato Hosny –. Islamici, ebrei, ortodossi, cristiani, cattolici sono in quella città e bisogna parlare di pace e riconoscere i diritti dei popoli. Grazie all’Italia per quello che fa». Il Medioriente è una polveriera. «L’Onu e la comunità internazionale si sono impegnati per creare condizioni di pace – ha rilevato la guida spirituale di tremila islamici pordenonesi –. Gerusalemme è il cuore culturale e religioso della Palestina».
In piazza. Il presidio, di circa tre ore, ha ribadito il “no” a Gerusalemme capitale israeliana. «Per condannare la scelta americana con i Giovani musulmani a Pordenone e il Centro culturale islamico, non stiamo zitti – ha dichiarato il reporter Butt Amhad, anch’egli in piazza –. Siamo in diretta sull’emittente inglese Apple tv». Soudeis Gnegne, presidente dei Giovani musulmani, ha confermato l’opposizione a Trump: «Siamo contro la scelta americana di considerare Gerusalemme capitale d’Israele. Faremo altre iniziative per la pace e diritti».
Proteste e shopping. Luci del Natale accese ma la “resistenza” islamica non si ferma. «Faremo sentire la nostra voce – ha promesso l’imam Hosny – fino a quando la decisione americana non sarà modificata». L’appello è rivolto anche ai cittadini pordenonese e al sindaco Alessandro Ciriani. «Alziamo la voce insieme – ha proseguito l’imam –. Il governo italiano ha un orientamento internazionale chiaro. Protestiamo contro le ingiustizie, il silenzio può uccidere. Ci sono tante vittime del silenzio». Pordenone come Milano, Piacenza, Bari. «Le nostre ragioni devono arrivare a tutti – ha concluso una giovane islamica –. Le parole, i cartelli, i nostri bambini e le famiglie hanno il coraggio di chiedere la pace. Stop alle prevaricazioni».
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Tra giochi e slogan. I bambini islamici portati a innalzare le bandiere palestinesi e a intonare gli slogan anti-Usa erano a pochi passi dai coetanei italiani sui cavalli della giostra in piazzetta. Un colpo d’occhio che non è sfuggito ad alcuni passanti «Insegnate la pace – ha invitato un signore – non slogan di guerra». La replica: «I bambini sono stati accompagnati dai genitori – ha dichiarato Abdullah Bendriss, portavoce della comunità islamica in Comina –. Le mamme hanno diritto di protestare in piazza: non sapevano dove lasciare i figli. Nessuna strumentalizzazione, siamo i primi a volere la pace». «Il silenzio – hanno detto alcune ragazze con il velo – è colpevole».
Questione capitale. «Gerusalemme non si tocca: evviva l’Italia che ha preso posizione per difendere l’inviolabilità di una città che è ombelico di tante religioni» ha detto l’imam Mohamed Hosny, spiegando che la situazione in Palestina e Medioriente è diventata difficile. «Chiediamo la pace e Gerusalemme libera – ha continuato Hosny –. Islamici, ebrei, ortodossi, cristiani, cattolici sono in quella città e bisogna parlare di pace e riconoscere i diritti dei popoli. Grazie all’Italia per quello che fa». Il Medioriente è una polveriera. «L’Onu e la comunità internazionale si sono impegnati per creare condizioni di pace – ha rilevato la guida spirituale di tremila islamici pordenonesi –. Gerusalemme è il cuore culturale e religioso della Palestina».
In piazza. Il presidio, di circa tre ore, ha ribadito il “no” a Gerusalemme capitale israeliana. «Per condannare la scelta americana con i Giovani musulmani a Pordenone e il Centro culturale islamico, non stiamo zitti – ha dichiarato il reporter Butt Amhad, anch’egli in piazza –. Siamo in diretta sull’emittente inglese Apple tv». Soudeis Gnegne, presidente dei Giovani musulmani, ha confermato l’opposizione a Trump: «Siamo contro la scelta americana di considerare Gerusalemme capitale d’Israele. Faremo altre iniziative per la pace e diritti».
Proteste e shopping. Luci del Natale accese ma la “resistenza” islamica non si ferma. «Faremo sentire la nostra voce – ha promesso l’imam Hosny – fino a quando la decisione americana non sarà modificata». L’appello è rivolto anche ai cittadini pordenonese e al sindaco Alessandro Ciriani. «Alziamo la voce insieme – ha proseguito l’imam –. Il governo italiano ha un orientamento internazionale chiaro. Protestiamo contro le ingiustizie, il silenzio può uccidere. Ci sono tante vittime del silenzio». Pordenone come Milano, Piacenza, Bari. «Le nostre ragioni devono arrivare a tutti – ha concluso una giovane islamica –. Le parole, i cartelli, i nostri bambini e le famiglie hanno il coraggio di chiedere la pace. Stop alle prevaricazioni».
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