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«La parola chiave è squilibri Analizzeremo gli scompensi e le odierne diseguaglianze»

Svelato il leitmotiv del festival udinese, che si terrà dal 10 al 13 maggio 2018 «Il presupposto del sistema Usa è la libertà. In Europa è esattamente l’opposto»

2 minuti di lettura
È Squilibri la parola-chiave che farà da filo conduttore agli appuntamenti della prossima edizione del festival vicino/lontano, in programma a Udine dal 10 al 13 maggio 2018, «e, più precisamente, diseguaglianze. Ad anticiparlo è lo stesso presidente del comitato scientifico di vicino/lontano, Nicola Gasbarro. Insegnante di Antropologia culturale all’Università di Udine, Gasbarro è autore di numerose pubblicazioni; per la collana vicino/lontano ha curato L’uomo che (non) verrà di Mike Singleton (Forum 2013) e per Mimesis (2016) la nuova edizione de Il dio oggetto di Marc Augé. «Il tentativo del festival sarà quello di analizzare le diseguaglianze e gli scompensi che caratterizzano in modo sempre più evidente le nostre società e, in generale, il nostro pianeta. Il rapporto sbilanciato tra generazioni, lo squilibrio nei rapporti di potere e di opportunità fra i generi, la differenza tra paesi ricchi e paesi poveri, le vecchie e nuove povertà, il drammatico dilemma tra esclusione e possibilità di inclusione degli immigrati, il dissesto ambientale e climatico: sono questi alcuni dei temi che la quattordicesima edizione del festival vuole affrontare. Dopo le utopie e in continuità con quanto emerso nella passata edizione, vogliamo riattraversare la nostra cittadinanza malata».

Perché non riusciamo più a trasformare le differenze in ricchezza?

«Forse perché siamo incapaci di ripartire da una uguaglianza delle opportunità che garantisca lo sviluppo di tutti, adottando finalmente un pensiero lungimirante».

Vicino/lontano si prepara, dunque, ad accendere i riflettori su tutto quanto sistematicamente è dimenticato, ed è fuori dalle agende della politica e spesso dal dibattito dei media.

«Messo nel dimenticatoio e fatto riemergere solo quando l’Istat comunica i dati sulla diversità sociali o le nuove povertà».

Una scelta strategica, secondo lei?

«C’è un ottimismo eccessivo. Il mondo dell’economia si guarda bene dal trattare temi che in fondo sono il risultato di scelte economiche e politiche».

In agenda ci sarà anche un focus sul clima. Sembrava che le conseguenze dello sfruttamento del pianeta fossero lontane e invece le stiamo già vivendo.

«Senza dubbio la rottura dell’equilibrio climatico e ambientale a che fare con il tema delle diseguaglianze tra le generazioni. Non mi piace parlare di ecologia perché non è più un argomento che riguarda pochi e poiché interessa direttamente le nuove generazioni, verrà affidato quest’anno ai partecipanti del Concorso scuole Tiziano Terzani, (iniziativa come sempre rivolta a tutti gli istituiti scolastici della regione, agli studenti universitari e alle scuole di italiano per stranieri adesioni entro il 21 gennaio, info sul sito vicinolontano.it). Mi piace ricordare che il Papa è l’unico che parla delle conseguenze dello sfruttamento sconsiderato delle risorse».

Inascoltato da coloro che hanno in sorte il futuro della terra, e il nostro presente. Il Presidente Trump, ad esempio.

«La mia opinione è che le politiche di Trump siano a una reazione a un dato di fatto, a quanto è già accaduto: cioè che il futuro del mondo non sia più l’America ma l’Asia. La sua è una politica dirigistica e economica che cerca consensi interni. L’Europa dovrebbe riflettere e rimettere in agenda più Europa, meno Italia, meno Francia etc, dovrebbero tornare all’attenzione temi importanti, connaturati all’Europa. Il presupposto di tutto il sistema americano è prima di tutto la libertà. In Europa è esattamente l’opposto. Dalla Rivoluzione Francese in poi, i temi sono stati prima l’uguaglianza e poi la libertà. E ancora una volta è solo il Pontefice che ci ricorda la fratellanza».

Non le sembra che la mancata accettazione dell’uguaglianza sia alla base dei nuovi fascismi che in questi giorni sono drammaticamente segnalati dalla cronaca?

«Assolutamente. La violenza contro le donne, la furia distruttiva contro le altre culture e minoranze, sono tutte legate da un comune denominatore: la non accettazione delle diseguaglianze».

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