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«Chi governa deve coltivare la virtù e mai sentirsi Dio»

Il professor Viroli, al Nuovo, ha parlato di Potere e Giustizia «Educhiamo i giovani a riscoprire la libertà interiore»

2 minuti di lettura
«Lavoro sul passato perché in ogni epoca ci sono idee che tendiamo a dimenticare. Ambrogio Lorenzetti e i governanti di Siena intendevano proporre insegnamenti anche per noi», afferma Maurizio Viroli. Per evitare ogni forma di tirannide, allora, rechiamoci a Siena, nella Sala dei Nove del Palazzo Pubblico, e ammiriamo il capolavoro portato a termine dal maestro senese nel 1339. Al Giovanni da Udine, il professor Viroli, esperto di filosofia della politica e di storia del pensiero politico, ha parlato di Potere e Giustizia, prendendo spunto dall’affresco del Buon Governo di Ambrogio Lorenzetti. L’incontro, introdotto da Mario Brandolin, si è svolto nell’ambito del ciclo di lezioni La storia nell’arte, organizzate dall’editore Laterza con la collaborazione della Fondazione del Teatro udinese e di Solari, e la media partnership del nostro quotidiano.

Il lungo ciclo di affreschi – una sorta di “video” dell’epoca – tratta del “bene comune” in opposizione al “bene proprio”. È un superlativo messaggio di educazione etico-politica veicolato in un’opera d’arte allegorica largamente condivisa, che conserva un’attualità sorprendente. Tanto meglio, poi, se a prenderci per mano è una guida come quella che il pubblico del “Giovanni da Udine” ha ricompensato con lunghi applausi.

Il ciclo pittorico del Lorenzetti esprime con immagini (ma non senza parole: cartigli, didascalie…) in che cosa consiste il Buon Governo repubblicano, e come e perché esso possa degenerare nel Cattivo Governo. Possiamo così visualizzare in modo indelebile che cosa succede quando magistrati e cittadini ricercano solo il vantaggio personale: la città decade sotto un potere tirannico che schiaccia la giustizia. Per prima cosa, allora, bisogna essere certi che chiunque sia al potere venga limitato dalle leggi. Nel Buon Governo, alla giustizia si affiancano temperanza, magnanimità, prudenza e fortezza, generando la pace: la città è bella, ordinata, armoniosa, le botteghe sono aperte, si studia e ci si sposa liberamente, le donne sono serene, si punisce e si premia con giustizia, i cittadini si sentono sicuri e intrattengono rapporti commerciali equi, si lavora sereni e il frutto della fatica non è in pericolo.

Il Cattivo Governo, invece, avanza fra desolazione, crudeltà, tradimento, frode, saccheggio, lussuria, furore. E non solo rende la vita misera e insicura, ma uccide l’anima. Il frutto, assai amaro, sa di discordia, paura, oscurità. La dignità delle donne diventa violenza sulle donne, le case sono buie, i commerci e le campagne languono. Prospera solo l’armaiolo, che fabbrica ordigni per la guerra civile.

«Amate la Giustizia voi che giudicate in terra», dice la Sapienza divina, da cui quella terrena trae linfa vitale: Lorenzetti, infatti, ha inserito i contenuti fondamentali di quel cristianesimo civile che fiorì nelle repubbliche italiane fra il tardo Medioevo e la prima età moderna. «Non sono un uomo di fede – ha chiarito Viroli – ma è intellettualmente onesto chiarire l’indicazione principale dell’opera: se vuoi essere un buon cristiano devi essere anche un buon cittadino».

Valeva ai tempi dell’artista questo concetto: chi governa deve coltivare le virtù, imitare la santità divina, ma non deve mai sentirsi un dio. Fra le virtù teologali, poi, Lorenzetti ha dipinto la caritas di rosso, interpretandola in modo quasi eversivo, come amore erotico. Perché non può fare il bene comune chi non ama con profonda passione la patria.

Servire le leggi, perché così ci nobilitiamo. Mai servire gli uomini, perché così ci degradiamo. «Ma, come italiani, vogliamo davvero vivere liberi?», si domanda Viroli. «È nella ricchezza interiore, che appartiene ancora a tanti – conclude – che c’è speranza». Speriamo dunque in tutti e per tutti coloro che ritengono la voce della coscienza ancora importante, che hanno senso del dovere e ideali, che amano la legalità e sono moralmente liberi. Educhiamo i giovani a riscoprire la libertà interiore: è questo che può fare il miracolo di una patria vera che rinasce. Senza tiranni.

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