I registi del Bel Paese preferiscono la cronaca
L’ondata del nuovo neorealismo invaderà le sale nel 2018
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Canticchiando un vecchio De Gregori - Viva l’Italia, l’Italia tutta intera. Viva l’Italia, l’Italia che lavora, l’Italia che si dispera e l’Italia che s'innamora - ritroviamo in un verso la strada giusta del cinema che verrà: l’Italia che si dispera e l’Italia che s’innamora.
Contro chi insiste sulla contemporanea disfatta del cinematografo tricolore, guardando con eccessiva nostalgia le celebrazioni di quello dei Cinquanta e dei Sessanta, giunge un ardito gruppuscolo autorale di stampo peninsulare a controbilanciare il pessimismo nonché il pericoloso sistema americano.
Il racconto dei mali del Paese (ecco l’Italia che si dispera) è imbullonato in molte sceneggiature, che hanno preso le distanze con il fantasy a favore di un racconto reale, una specie di neorealismo con meno affacci sulla rinascita come avvenne per De Sica e compagnia bella. Adesso ci si guarda alle spalle sfogliando i fatti che ci segnarono.
Liberiamo subito il proscenio per accogliere il più intraprendente dei nostri cineasti, quel Paolo Sorrentino che ci ha rimesso sulla scia felliniana del sogno e dello stupore. Ed è già subito cronaca: Loro è un ritratto surreale di Silvio Berlusconi proposto attraverso le gestualità dell’attore feticcio, Toni Servillo.
Anche Daniele Luchetti è, più o meno, della partita, avendo seguito le ombre di un certo Numa Tempesta, magnate della finanza condannato per frode fiscale, che si ritrova a espiare la pena nei centri sociali. Io sono tempesta è con Elio Germano, Marco Giallini e Eleonora Danco.
Marco Bellocchio s’infila stavolta nelle spire mafiose del caso Buscetta, tratteggiando il pentito la cui famiglia fu sterminata dai Corleonesi. Il titolo è esplicito: Il traditore. Spiega il regista: «Mi interessa il personaggio di Tommaso Buscetta perché è un traditore. Ma in verità, chi ha veramente tradito i principi di Cosa Nostra, non è stato Buscetta ma Totò Riina e i Corleonesi. Come si vede, due modi diversi di tradire».
Insiste sulla cronaca dura e cruda il Daniele Vicari di Diaz sui fattacci di Genova del 2001. Con Sulla mia pelle il laziale stavolta piazza la sua cinepresa scomoda su quel Stefano Cucchi, morto il 22 ottobre del 2009 nel carcere di Regina Coeli, attraverso l’iter processuale fino alla richiesta di rinvio a giudizio di cinque carabinieri.
Pure Matteo Garrone rientra nei ranghi della brutta storia d’Italy, dopo aver fantasticato non poco col suo Il racconto dei racconti. Dogman è il titolo dell’opera nuova di zecca, una sorta di western urbano ispirato a Pietro De Negri, detto er canaro, di professione toelettatore per cani. Ventinove anni fa, nel quartiere della Magliana, il De Negri commise violenze indicibili sul criminale Giancarlo Ricci dopo averlo rinchiuso in una gabbia.
Rientra in Patria l’americano Gabriele Muccino e non poteva che essere un rimpatrio roboante. A casa tutti bene è un ricettacolo di grandi firme - Accorsi, Crescentini, Falco, Favino, Sandrelli, Ghini, Impacciatore, Michelini. Luci su una grande famiglia che festeggia le nozze d’oro dei nonni su un’isola. Una mareggiata rimanderà la partenza di tutti, facendo inevitabilmente aprire il vaso di Pandora dei loro rapporti.
Toh, chi si rivede: Ligabue. Il suo Made in Italy è una buona scusa cinematografica per esaltare gli umori neri di un uomo onesto incazzato con il suo Paese. Con Stefano Accorsi e Kasia Smutiack.
Il Matrimonio italiano di Alessandro Genovese, tanto per non cambiare, resta avvinghiato ai fatti bollenti di casa, spedendo Diego Abatantuono nelle interiora di una vicenda che racconta le difficoltà di chi vorrebbe le unioni civili in Italia.
Sull’onda di molti chiacchiericci sull’omosessualità, ecco il Chiamami col tuo nome di Luca Guadagnino, struggente storia d'amore e amicizia, sullo sfondo della riviera ligure nella calda estate del 1988.
E mentre Mario Martone con Capri batterie, sorvola la vita dorata degli intellettuali della Capri d’inizio Novecento, Carlo Verdone è prossimo al debutto (l’11 gennaio) con Benedetta follia: un marito abbandonato, una ragazza impertinente e una app per appuntamenti. Immaginatevi un po’ che potrebbe succedere.
Il primo a comparire, però, è un altro Oscar, Gabriele Salvatores, il 4 gennaio nelle sale con Il Ragazzo invisibile - Seconda Generazione, il primo film tutto italiano sui supereroi, sequel del Ragazzo invisibile, ovviamente, avventure magiche di un adolescente che sparisce quando vuole. A volte, servirebbe.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Contro chi insiste sulla contemporanea disfatta del cinematografo tricolore, guardando con eccessiva nostalgia le celebrazioni di quello dei Cinquanta e dei Sessanta, giunge un ardito gruppuscolo autorale di stampo peninsulare a controbilanciare il pessimismo nonché il pericoloso sistema americano.
Il racconto dei mali del Paese (ecco l’Italia che si dispera) è imbullonato in molte sceneggiature, che hanno preso le distanze con il fantasy a favore di un racconto reale, una specie di neorealismo con meno affacci sulla rinascita come avvenne per De Sica e compagnia bella. Adesso ci si guarda alle spalle sfogliando i fatti che ci segnarono.
Liberiamo subito il proscenio per accogliere il più intraprendente dei nostri cineasti, quel Paolo Sorrentino che ci ha rimesso sulla scia felliniana del sogno e dello stupore. Ed è già subito cronaca: Loro è un ritratto surreale di Silvio Berlusconi proposto attraverso le gestualità dell’attore feticcio, Toni Servillo.
Anche Daniele Luchetti è, più o meno, della partita, avendo seguito le ombre di un certo Numa Tempesta, magnate della finanza condannato per frode fiscale, che si ritrova a espiare la pena nei centri sociali. Io sono tempesta è con Elio Germano, Marco Giallini e Eleonora Danco.
Marco Bellocchio s’infila stavolta nelle spire mafiose del caso Buscetta, tratteggiando il pentito la cui famiglia fu sterminata dai Corleonesi. Il titolo è esplicito: Il traditore. Spiega il regista: «Mi interessa il personaggio di Tommaso Buscetta perché è un traditore. Ma in verità, chi ha veramente tradito i principi di Cosa Nostra, non è stato Buscetta ma Totò Riina e i Corleonesi. Come si vede, due modi diversi di tradire».
Insiste sulla cronaca dura e cruda il Daniele Vicari di Diaz sui fattacci di Genova del 2001. Con Sulla mia pelle il laziale stavolta piazza la sua cinepresa scomoda su quel Stefano Cucchi, morto il 22 ottobre del 2009 nel carcere di Regina Coeli, attraverso l’iter processuale fino alla richiesta di rinvio a giudizio di cinque carabinieri.
Pure Matteo Garrone rientra nei ranghi della brutta storia d’Italy, dopo aver fantasticato non poco col suo Il racconto dei racconti. Dogman è il titolo dell’opera nuova di zecca, una sorta di western urbano ispirato a Pietro De Negri, detto er canaro, di professione toelettatore per cani. Ventinove anni fa, nel quartiere della Magliana, il De Negri commise violenze indicibili sul criminale Giancarlo Ricci dopo averlo rinchiuso in una gabbia.
Rientra in Patria l’americano Gabriele Muccino e non poteva che essere un rimpatrio roboante. A casa tutti bene è un ricettacolo di grandi firme - Accorsi, Crescentini, Falco, Favino, Sandrelli, Ghini, Impacciatore, Michelini. Luci su una grande famiglia che festeggia le nozze d’oro dei nonni su un’isola. Una mareggiata rimanderà la partenza di tutti, facendo inevitabilmente aprire il vaso di Pandora dei loro rapporti.
Toh, chi si rivede: Ligabue. Il suo Made in Italy è una buona scusa cinematografica per esaltare gli umori neri di un uomo onesto incazzato con il suo Paese. Con Stefano Accorsi e Kasia Smutiack.
Il Matrimonio italiano di Alessandro Genovese, tanto per non cambiare, resta avvinghiato ai fatti bollenti di casa, spedendo Diego Abatantuono nelle interiora di una vicenda che racconta le difficoltà di chi vorrebbe le unioni civili in Italia.
Sull’onda di molti chiacchiericci sull’omosessualità, ecco il Chiamami col tuo nome di Luca Guadagnino, struggente storia d'amore e amicizia, sullo sfondo della riviera ligure nella calda estate del 1988.
E mentre Mario Martone con Capri batterie, sorvola la vita dorata degli intellettuali della Capri d’inizio Novecento, Carlo Verdone è prossimo al debutto (l’11 gennaio) con Benedetta follia: un marito abbandonato, una ragazza impertinente e una app per appuntamenti. Immaginatevi un po’ che potrebbe succedere.
Il primo a comparire, però, è un altro Oscar, Gabriele Salvatores, il 4 gennaio nelle sale con Il Ragazzo invisibile - Seconda Generazione, il primo film tutto italiano sui supereroi, sequel del Ragazzo invisibile, ovviamente, avventure magiche di un adolescente che sparisce quando vuole. A volte, servirebbe.
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