Le migrazioni d’altri secoli: a piedi dalla Carnia all’Istria
Nicolò Giraldi ha firmato “Nel vuoto” la sua esperienza sulla via della nuova terra Partivano i capifamiglia e i più forti. Prima di andare facevano testamento
Nicolò Giraldi racconta in Nel vuoto (Ediciclo, 14 euro) la migrazione in Istria dei carnici della Val Degano dal 1500 al 1800. Lo fa con un metodo non convenzionale e che gli è congeniale: mettendo il suo corpo al servizio della Storia, facendo un passo dopo l’altro negli stessi luoghi e sugli stessi suoli percorsi delle famiglie di Luint, Collina, Ovaro, Liariis, Tualis, Ovasta, Givigliana e altri borghi, alcuni oggi quasi spopolati. Già l’aveva fatto, un cammino nella storia, raccontando La Grande Guerra a piedi (Biblioteca dell’Immagine), marciando da Londra a Trieste. Qui il viaggio è più breve ma altrettanto intenso.
Quelli che partivano si chiamavano Lupieri, Crosilla, Sottocorona, Vidale, Micoli Toscano, Del Zotto e alcuni si chiamano ancora, e molti pure in quelle terre sul mare, ieri Italia, poi Yugoslavia, oggi Croazia e anche un po’ Slovenia. Partivano i capifamiglia, o gli uomini più giovani e forti, e prima di andare facevano testamento, perché non si sapeva mai, indossavano la mantella di feltro e via, a cavallo o a piedi. Non erano poveri, avevano terre, ma ciò he li muoveva era il desiderio di averne altre, più fertili, meno ripide, più a buon mercato. Fu una migrazione di successo: in Istria i carnici rimasero, portarono le famiglie, figliarono e avviarono anche imprese di successo, diventarono notabili e persone importanti.
Le migrazioni esistono, sono sempre esistite, sembra dire Giraldi, e non per forza a causa di guerre o carestie. Si partiva anche per sete di conoscenza, per vedere nuovi orizzonti, perché si aveva un sogno, e “i sogni vogliono migrare” come diceva Ernst Bloch e come ricorda Luigi Nacci, curatore della collana La biblioteca del viandante per cui esce questo libro.
Il cammino dei dimenticati: così chiama Giraldi il suo viaggio a piedi sulle tracce dei carnici, perché di loro nessuno si ricorda più, eppure ebbero il merito di unire due terre, due culture. Mettendosi in cammino, lo scrittore si traveste da migrante, come dice lui stesso, per rimettere in moto i piedi delle genti che prima di lui calcarono queste terre. Da Collina di Forni Avoltri scende a Luint, poi a Verzegnis e giù verso la pedemontana, Cornino, Maiano, Fontanabona, Feletto e poi Udine. A Udine cerca le tracce dell’antica Via Bariglaria che è anche una strada cittadina ma che un tempo sconfinava e portava lontano. Cammina sul Torre asciutto, giunge a Percoto passando da Cerneglons, Pradamano. Erano i fiumi a guidare le direzioni dei viandanti, dei migranti, dei pellegrini. I fiumi portavano al mare, alla città, offrivano l’acqua, riparo nei boschetti lungo gli argini. Prima era stato il Degano, poi il Tagliamento, infine sarà l’Isonzo ad accompagnare Giraldi verso Ronchi, Monfalcone poi Trieste e infine fuori dai confini e verso il suo approdo: Dignano d’Istria, passando per paesi e paesini dell’interno, cercando e trovando testimonianze e testimoni, belle storie nuove e vecchie. Inconterà i migranti di oggi, e con loro dividerà il pane, condividerà i suoi passi con amici e compagni oppure spesso camminerà solo, prendendo la pioggia ma anche il debole sole di novembre.
In 20 giorni di cammino ne accadono di cose e lui le racconta qui in una narrativa di viaggio che in parte riprende il reportage Carnistria da lui firmato per il Messaggero Veneto a fine 2016. Nel libro c’è dell’altro e c’è di più: ci sono per esempio le storie di chi ha cercato lo scrittore leggendo del suo cammino sul quotidiano e gli ha portato narrazioni di padri e di nonni che per quell’Istria sognata avevano dato la vita e che, al contrario della grande Storia e della società, non l’avevano mai dimenticata. Così ecco che quel vuoto ora si riempie di nuove memorie, di ricordi ma anche di vita, di presente. E il viaggio che fanno fare le pagine di questo libro invoglia a partire davvero, con le proprie gambe e gli scarponi e lo zaino verso quei paesi, sia Carnia o Istria, dove i dimenticati hanno scritto la loro storia. Piccola o grande che sia, è una storia memorabile.
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