Riflettori su immigrati e giornalismo
Le Voci dell’Inchiesta a Pordenone s’interrogano sull’informazione e le crisi
La tragedia umanitaria nel Mediterraneo, le guerre, in particolare il grido di dolore inascoltato della Siria, il terrorismo. Chi vive i drammi in prima persona e chi li racconta. Entra subito a gamba tesa “nel mondo” l’undicesima edizione de Le Voci dell’Inchiesta – il festival di cinema del reale promosso e ospitato da Cinemazero e coordinato da Riccardo Costantini - al via oggi a Pordenone, dove proseguirà fino a domenica. Giornalismo e informazione doppiamente protagonisti, a partire dall’appuntamento in prima serata che farà alzare il sipario: l’anteprima nazionale, alle 20.45, di Another News Story, presentato dal suo giovane e già acclamato regista Orban Wallace. Nel suo documentario ha seguito i profughi siriani - un reportage iniziato al confine fra Serbia e Ungheria, nel settembre 2015, nel campo profughi di Roszke - che, camminando per centinaia di chilometri, afflitti da privazioni e pericoli, attraversano l’Europa alla ricerca d’asilo. Ma lo ha fatto spostando l’attenzione sulle responsabilità etiche dei giornalisti che hanno l’arduo compito di raccontare la grande crisi, svelando il meccanismo di costruzione dell’informazione, le sue contraddizioni e, a volte, anche le immancabili ipocrisie. Un film che accenderà il dibattito sull’etica giornalistica, valore che certamente non manca ad Amedeo Ricucci, inviato di guerra che dal 1993 copre i più importanti conflitti nel mondo. Sarà lui - che ha conosciuto in prima persona l’uccisione di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin e quella del fotografo Raffaele Ciriello del Corriere della Sera a Ramallah, oltre ad aver vissuto l’esperienza del sequestro in Siria - a ricevere stasera il Premio “Il coraggio delle immagini”, promosso con il sostegno dell’associazione Il Capitello: per i suoi 30 anni di carriera «gestiti con rigore, serietà e nel rispetto dell’essere umano». Nell’occasione, Ricucci parlerà anche dello Speciale del Tg 1 al quale sta lavorando, sulle nuove frontiere del jihad, la “guerra santa”.
Ma “This is real” scende in campo con gli eventi da non perdere già alle 17 , quando proporrà un reportage di Enzo Biagi che il suo più stretto collaboratore e biografo, Loris Mazzetti, non ha mai visto e che commenterà a caldo: si tratta di “Jugend”, intervista ai giovani tedeschi all’alba del ’68, in una Berlino divisa dal filo spinato ma già alle prese con l’incombente fantasma del nazismo. Seguirà – in collaborazione con il Circolo della stampa di Pordenone e dell’Ordine dei giornalisti Fvg – l’anteprima nazionale di “Living in Demmin” di Martin Farkas (alle 18), cittadina che, dopo l’arrivo delle truppe sovietiche sul finire della seconda guerra mondiale, registrò il suicidio di oltre 900 abitanti incapaci di accettare la fine del Reich. Alle 18.15 2Due o tre cose che (forse non) so del ’68”: il primo appuntamento sulle piccole/grandi rivoluzioni che in quell’anno chiave si svilupparono in vari e poco battuti angoli del mondo, retrospettiva curata da Federico Rossin (www.voci-inchiesta.it).
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