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Grazie a Francesco Dio non ci induce piú in tentazione

Ferdinando CamonIl “Padre nostro”, la preghiera cristiana più conosciuta al mondo (e la più bella), fa una rivoluzione enorme: cambia l’espressione “non indurci in tentazione” con “non abbandonarci...

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Ferdinando Camon

Il “Padre nostro”, la preghiera cristiana più conosciuta al mondo (e la più bella), fa una rivoluzione enorme: cambia l’espressione “non indurci in tentazione” con “non abbandonarci alle tentazioni”. La rivoluzione di una formula religiosa non riguarda soltanto i credenti di quella religione, ma tutta l’umanità che vive dentro il suo sistema: non è una rivoluzione religiosa, culturale, dottrinaria, ma è una rivoluzione antropologica, cambia l’uomo.

L’uomo che pensava che il Padre di Tutti poteva indurlo in tentazione, e lo pregava di non farlo, non era più l’uomo cristiano. Lo era stato, ma non lo era più. Nelle città e nelle campagne delle Venezie, quando moriva qualcuno, lo si accompagnava alle esequie cantando il Dies irae. Il concetto di “Dies irae” è stato sostituito dal concetto di Giorno del Giudizio. Nel Giorno del Giudizio ognuno vien giudicato, e chi è giusto non ha niente da temere, anzi quello è un giorno di festa per lui, perché sarà premiato. Il Giorno dell’Ira non dava questa serenità, perché nel Giorno dell’Ira “a malapena chi è giusto potrà sentirsi sicuro”, in latino: “vix iustus sit securus”. Al Dies irae Benedetto Croce ha dedicato l’ultimo capitolo del suo importante libro Poesia e non poesia. Di fronte a ogni poeta e a ogni poesia Croce si domandava se è poesia o non è poesia, arte o non arte, e si pose questa domanda anche di fronte al Dies irae, terribile inno cristiano, indirizzato a un Dio non buono, non pietoso, non misericordioso, ma vendicativo e collerico, che vuol punire tutti, e perciò di fronte a lui anche chi è buono e giusto ha difficoltà a cavarsela, se la cava a stento, vix. È stato il Dio dei cristiani fino a Pio XII. Generazioni di bambini delle Venezie si sono formate sul Catechismo di Pio X, che aveva in appendice la sequenza, da imparare a memoria, dei peccati “che gridano vendetta” al cospetto di Dio: non giustizia, ma vendetta, e non chiedono ma gridano. Tra questi peccati il primo era l’omicidio volontario e il secondo l’omosessualità. Sugli omosessuali il Padre Nostro non esercitava la giustizia, ma la vendetta, che è una giustizia nevrotica. Per arrivare alla sospensione di Papa Francesco, “Chi sono io per giudicare un gay?”, ci voleva una rivoluzione, bisognava venire da un’altra storia, e infatti quel Papa veniva dall’altra parte del mondo. Vista dall’altra parte del mondo, la formula “non indurci in tentazione” è semplicemente una bestemmia, perché chi induce in tentazione è il diavolo. È come chiedere a Dio di “non fare il diavolo”. Cambiare una formula così importante nella dottrina cattolica è un’impresa titanica, e dunque questo Papa è un benefico acceleratore della storia. —



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