Le guerre di religione tra cattolici e ugonotti: quel veleno instillato dalle prime fake news
Lo storico Germano Maifreda domenica al Giovanni da Udine La riforma protestante squassò la cultura politica del tempo
MARIO BRANDOLINMARIO BRANDOLIN
«Quello della notte di San Bartolomeo, il 24 agosto del 1572 a Parigi, non fu che il più eclatante e tragico, con gli oltre duemila morti, episodio di una lunga serie di conflitti tra cattolici e protestanti ugonotti che insanguinò la Francia per oltre un trentennio». Così Germano Maifreda, docente di Storia Storia economica e sociale dell'età moderna e Storia dell’industria all’Università di Milano, a proposito della lezione di Storia che terrà domenica 25 novembre alle 11 al Giovanni da Udine, introdotto dal professor Andrea Zannini dell’università di Udine.
«Si parla di ben otto guerre di religione – continua il docente – interrotte da tregue nel corso delle quali si schiudevano speranze di concordia e tentativi di riorganizzazione politica che tuttavia inevitabilmente precipitarono in nuovi urti sanguinosi, assassinii, tumulti, o vere e proprie battaglie campali in cui gli ugonotti ebbero spesso la peggio».
Ma quale fu l’origine di tanta violenza? «Sicuramente la frattura dell’Europa religiosa a seguito della riforma protestante e del messaggio luterano. Che scosse dalle fondamenta anche la cultura politica del tempo, tanto che in quasi tutti i regni d’Europa ci furono turbolenze e scontri, tra chi aderiva al modello politico religioso luterano e chi invece voleva rimanere fedele alla Chiesa romana».
Non furono dunque solo guerre di religione? «Quello che a noi oggi sfugge è che la religione aveva una valenza politica statale e istituzionale molto forte. La religione e la chiesa di appartenenza creavano relazioni politiche e di potere». Da questo punto di vista che cosa comportò la riforma di Lutero? «Lutero, a esempio, abolendo il diritto canonico, spazza letteralmente via il diritto della Chiesa a regolare la vita materiale e non solo spirituale dei fedeli. Lutero non ha soltanto intaccato un ordinamento teologico, ma ha minato alle fondamenta il potere politico e temporale dei papi, eliminandone leggi e legittimità».
Colpisce in queste lotte fratricide la partecipazione del popolo, che immaginiamo alle prese con ben altri problemi. «Appunto immaginiamo, ma immaginiamo sbagliando i nostri antenati solo alle prese coi bisogni primari della sopravvivenza. In realtà la religione stessa era un’esigenza primordiale, perché decidere da che parte stare voleva dire non solo garantirsi la salvezza eterna che non era cosa da poco nella mentalità dell’epoca, ma anche che tipo di relazioni concrete poi stabilire. Decidere chi era il nemico sul piano religioso significava stabilirsi in una rete di alleanze che poi erano nella struttura sociale».
Intolleranza di ieri e di oggi? «Molte le differenze, c’è però anche della continuità: a esempio nei percorsi di radicalizzazione, che facevano sí che ci si convertiva da una vita pacifica di padre o madre di famiglia a una vita di feroci assassini. Le cui cause, ieri come oggi, sono da ritrovarsi nell’emarginazione, nella povertà…».
Lei parlerà anche di manipolazione dell’informazione. «Circolavano anche allora, infatti, con grandissima rapidità notizie false e tendenziose proprio come le fake news. A esempio, a proposito della strage di San Bartolomeo, si diffuse l’idea che il re, sia attraverso la propria favorita sia attraverso la madre Caterina dei Medici che non è mai stata amata in Francia, volesse andare contro la cattolicissima Spagna e aderire a un sistema riformato. Questa notizia fu sapientemente manipolata al punto di scatenare il popolo contro gli ugonotti».
Che lezione possiamo trarre? «Io ne trarrei una in positivo, nel senso che la Francia di quei decenni è una nazione turbolenta sul piano religioso, ma è anche la Francia in cui si elabora una serie di pratiche concrete di tolleranza, come condividere gli stessi spazi religiosi tra cattolici e protestanti. Infatti la nostra lezione si chiuderà con Monteigne, filosofo assai vicino al re Enrico IV, colui che siglerà la pace tra cattolici e ugonotti con l’Editto di Nantes del 13 aprile 1598». —
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