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Il cervo morto torna in chiesa per la festa del protettore dei cacciatori

Tarvisio e Malborghetto hanno festeggiato Sant'Uberto con la tradizionale messa mitteleuropea. La festa con i suonatori di corno e i cori alpini. L'ex riserva Melzi è tornata alle doppiette: la Regione ha restituito 500 ettari all'attività venatoria.

di Giacomina Pellizzari
3 minuti di lettura

Il cervo morto torna in chiesa per il santo protettore dei cacciatori

 

TARVISIO. Cosa ci fa un cervo morto in una chiesa? Nulla se non onorare Sant’Uberto, il patrono dei cacciatori. Nei giorni scorsi, a Tarvisio la tradizione mitteleuropea è stata rinnovata con i suonatori di corno da caccia della Valcanale e il gruppo alpini Nediski Puobi di Pulfero.

Notevole l’impatto soprattutto per chi non aveva mai visto un animale di quelle dimensioni in chiesa. La messa celebrata da don Claudio Bevilacqua, ha chiuso, simbolicamente, il mandato del direttivo della Riserva di Tarvisio e Malborghetto guidato dal direttore, Claudio Klavora, non più intenzionato a candidarsi.

Il direttore in scadenza il 15 gennaio, lascia una riserva allargata: «La Regione – spiega – ci ha restituito il Picco di Mezzodì, quella parte di riserva che un tempo faceva parte della proprietà del cavalier Melzi». Si tratta di 500 ettari che vanno ad aggiungersi ai 6.500 già disponibili. Va detto, però, che si tratta di una restituzione parziale visto che la Regione, anche per motivi infrastrutturali, aveva privato la Riserva di 2.400 ettari. Nella foresta di Tarvisio, ogni anno sparivano centinaia di capi, ma non sotto i colpi delle doppiette bensì degli incidenti stradali e ferroviari. Anche su questo fronte l’attività della Riserva è stata decisiva: grazie ai dissuasori di velocità le perdite sono più che dimezzate.

L’antica tradizione

In un sabato di ottobre, il sagrato della chiesa parrocchiale di Tarvisio pare lo spiazzo di un villaggio celtico. Le torce accese illuminano il cervo steso su una sorta di barella in legno. Le sue corna sono enormi. Tutto intorno i suonatori di corno da caccia e i cacciatori vestiti a festa con i ciuffi sui cappelli.

Alle 19 il cervo fa il suo ingresso nella chiesa colma di fedeli, i cacciatori lo sistemano ai piedi dell’altare creando un insolito colpo d’occhio. I suonatori di corno della Val Canale, il gruppo nato nel 1988 a Ugovizza, suonano senza sosta e in un attimo i fedeli piombano in un’epoca che non è la nostra nonostante, nell’omelia, don Bevilacqua, non faccia alcun accenno a Sant’Uberto.

In una cornice caratterizzata da canti ripetuti, dai cappelli riposti ordinatamente sui banchi e dalle mantelle color verde loden indossate dai cacciatori, si rinnova una tradizione antica così come avviene nella cattedrale di Santo Stefano a Vienna, dove a celebrare la Messa è il premiate della capitale austriaca.

A Tarvisio, la celebrazione si conclude con la lettura della Preghiera del cacciatore, il cervo torna sul sagrato, dove non manca il brindisi beneaugurante. In pochi minuti la tradizione lascia il passo alla cena e alle comunicazioni del direttore.

L’ampliamento della riserva rallegra tutti. Klavora legge anche la lettera ricevuta dal generale di corpo d’armata, Antonio Ricciardi, che avrebbe voluto portare i saluti di persona del Comando unità per la tutela forestale ambientale e agroalimentare dei carabinieri. Impegni urgenti l’hanno trattenuto altrove e al suo posto ha delegato il comandante della compagnia di Tarvisio, Robert Irlandese, al quale sono andati gli apprezzamenti di Klavora.

Altrettanto apprezzata la presenza del comandante della polizia locale della località ai piedi del Lussari. A seguire la consegna delle targhe di benemerenza anche al direttore della riserva di caccia di Venzone e presidente del Distretto, Valerio Pituelli.

La tutela della fauna

Oltre a Sant’Uberto, i cacciatori di Tarvisio e Malborghetto festeggiano la restituzione da parte della Regione dell’ex riserva Melzi. Un passaggio atteso da tempo che arriva a fine mandato durante il quale il direttivo guidato da Klavora, con al fianco la sua vice Daniela Piussi, ha fatto tutto il possibile per ridurre il numero delle “vittime” tra gli animali coinvolti negli incidenti stradali e ferroviari: grazie al contributo della Provincia, ha installato i dissuasori di velocità visivi e sonori. «In passato perdevamo circa 500 capi all’anno per investimento, ora solo qualche unità. Una media di un capo al mese», puntualizza Klavora nell’avvertire, però, che il sistema funziona al meglio in assenza di neve.

La gestione dei predatori

«Noi non siamo pregiudizialmente contrari ai predatori, siamo contrari agli inserimenti disordinati», precisa il direttore guardando con favore alla presenza dell’orso. La lince invece richiede un’attenzione diversa proprio perché potrebbe far venire meno le biodiversità esistenti.

«Fa danni devastanti», ripetono i cacciatori. «In passato, nel Tarvisiano, c’erano tante martore, le cacciavano tutti perché la loro pelle valeva tre mensilità di un operaio. C’erano poche martore e tanti scoiattoli, ma – sono sempre le parole di Klavora – da quando la caccia alle martore è venuta meno, questi predatori sono aumentati e hanno mangiato tutti gli scoiattoli che si sono estinti. Ora non ci sono né martore, né scoiattoli e questo è il rischio che potrebbe provocare l’immissione disordinata di linci e lupi».

Inevitabile il riferimento alla storia della Riserva nata nel 1888, molto prima del Friuli Venezia Giulia. «Abbiamo gestito bene la foresta prima dell’arrivo dei forestali», chiosa con un pizzico d’orgoglio Klavora auspicando che la tradizionale messa di Sant’Uberto venga ripetuta anche negli anni a venire.

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