Risarcimenti mancati per l’ucciso a Dacca, l'appello della vedova al Presidente
Incontro tra la moglie di Cristian Rossi e il capo dello Stato. «Nei suoi occhi ho visto che ha capito quanto abbiamo vissuto»
UDINE. «Nei suoi occhi ho visto che ha capito quello che abbiamo vissuto». È un lutto a unire le vicende umane di Stefania Collavin, vedova dell’imprenditore friulano Cristian Rossi – ucciso a Dacca insieme al pordenonese Marco Tondat e ad altri 7 italiani –, e del presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Anche il presidente, come Stefania, ha subito gli esiti della crudeltà di un attentato in prima persona. A Mattarella Cosa Nostra strappò il fratello Piersanti, a Stefania l’Isis strappò il marito Cristian, padre delle gemelline. «Il presidente capisce il dramma che abbiamo vissuto e che io e le mie figlie porteremo sempre con noi – sono le parole di Stefania Collavin –. È un uomo di grande sensibilità e ho fatto appello a questa sua caratteristica per incontrarlo anche a Udine».
La vedova di Cristian Rossi e Mattarella si erano già incontrati: la prima tragica volta in occasione del rientro a Roma delle vittime della strage di Dacca e poi una seconda volta, a luglio 2017, a distanza di pochi giorni dal primo anniversario della barbara uccisione.
A luglio Stefania ha consegnato nella mani del presidente una lettera: «Ho raccontato le mie sensazioni – ha detto la donna –. Non me lo sarei mai aspettata, ma lui mi ha risposto dicendomi che mi era vicino per quanto successo, vicino a me e alle mie figlie. Mi ha chiesto di mantenere un canale aperto con lui e di tenerlo aggiornato». Ecco la ragione per cui, appena appresa la notizia dell’arrivo del presidente a Udine, Stefania ha chiesto aiuto al Quirinale e al prefetto di Udine Vittorio Zappalorto.
E lunedì 13 novembre il nuovo incontro: «È stato breve, ma molto emozionante – ha rivelato Stefania –. La prima cosa che mi ha chiesto è come stanno le bimbe. E io gli ho risposto che adesso vivono la spensieratezza della loro età, ma un giorno dovremo comunque fare i conti con la morte così tragica del loro papà. Poi gli ho consegnato un’altra lettera e gli ho fatto presente la mia situazione. Ho fatto appello alla sua grande sensibilità perché al momento non ho avuto grandi risposte e sostegno dalle autorità locali cui mi sono appellata».
Dopo la morte del capofamiglia, alla moglie e alle gemelline manca ancora una stabilità. Un aiuto in questo senso potrebbe venire dalla legge nazionale 204 del 2006 che tutela le vittime di terrorismo. Ma le lungaggini burocratiche bloccano i benefici.
«Ho chiesto al presidente Mattarella di sensibilizzare i Ministeri per sburocratizzare le procedure che ci darebbero accesso ai benefici cui abbiamo diritto – ha riportato Stefania –. Purtroppo l’applicazione per intero della legge nazionale è bloccata in attesa di una sentenza che attesti la matrice terroristica del fatto, ma nel nostro caso è eclatante. E per noi farebbe un’immensa differenza ricevere quei benefit ora e non fra cinque o sei anni».
Diversa la vicenda dello stop al Fondo del Fvg. Immediatamente dopo la tragedia, la Regione si è attivata per cercare di dare un aiuto concreto ai parenti delle vittime. «Ma ora paradossalmente io e le mie figlie siamo le uniche a non avere diritto al fondo regionale perché abbiamo chiesto l’accesso a quello nazionale», ha lamentato la vedova Rossi.
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