Droga e violenza: cos’è la pastiglia dello stupro? Ecco quello che dobbiamo sapere
MvScuola, in redazione Sabrina Magris, psicologa investigativa ed esperta di stupefacenti e sicurezza. «Tra le vittime non solo giovani in discoteca ma anche bambini per video pedopornografici»
Piero Dal Poz , liceo Leopardi-Majorana Pordenone UDINE. «Il costo di una dose di droga dello stupro è minimo. Il numero di danni che una dose può fare è enorme»: a dirlo è la psicologa investigativa di rilevanza internazionale, Sabrina Magris.
Responsabile dell’Ecole Universitaire Internationale di Firenze e Roma, è specializzata nello studio della Droga dello stupro e ne è una delle massime esperte in Italia.
Purtroppo sempre più diffusa al giorno d’oggi la droga dello stupro è a tutti gli effetti un mostro, in questo caso fatto da molecole e legami chimici. Silenziosa, invisibile, a volte letale, è in grado di annichilire completamente la mente della vittima prescelta per un sostanzioso lasso di tempo e, in seguito, impedisce alla persona di avere alcuna reminiscenza, anche minima, di ciò che è accaduto in quel periodo.
È di facilissimo uso. Ci vuole meno di un secondo per scioglierne una dose in una bevanda. È incolore, inodore e praticamente insapore. Quasi impossibile da individuare in una situazione di vita quotidiana.
Per queste sue orrende caratteristiche è stata spesso in passato, ed è spesso usata oggi da soggetti (non è possibile definirli umani) che intendono violentare qualcuno, guadagnandosi tristemente il soprannome di droga dello stupro.
«La vittima non deve essere per forza lo stereotipo della bellissima ragazza che va in discoteca in minigonna – afferma Sabrina Magris – Purtroppo, spesso la droga dello stupro è usata nel mondo della pedo-pornografia. La cosa che più fa provare disgusto è che molte volte la droga venga somministrata a dei bambini, anche di quattro, cinque anni, per ottenere atti sessuali, per poi filmarli e vendere a peso d’oro questi girati al mercato nero».
Le vittime, ignare di ogni cosa, di frequente provano la vergogna di venire a conoscenza delle oscenità a cui sono state sottoposte non perché riescano a ricordarsi qualcosa o perché qualcuno glielo racconti, ma perché un filmato, in cui loro compaiono in maniere indecenti, è stato diffuso sul web. Questo porta, otto volte su dieci, a tentare il suicidio. Perché nessuno intorno a loro sembra mostrare comprensione (in primis i genitori), perché loro stesse non sono in grado di raccontare ciò che è avvenuto o semplicemente, perché non possono sopportare l’ignobile idea di avere subito un’offesa simile.
I dati sono allarmanti. La diffusione è a macchia di leopardo. I sequestri avvengono un giorno a Brindisi, un altro a Milano. Non c’è neanche una fascia d’età determinata. Di certo sappiamo solo che è presente in quantità enormi sul mercato illegale e che non rimane certo invenduta.
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