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Elezioni 2018, addio ricambio nelle liste del Fvg: i giovani restano fuori e le donne candidate sono poche

Dal Pd alla Lega c'è malcontento tra le nuove leve dei partiti. I ragazzi si allontanano dalla politica e il ricambio generazionale, tanto sperato da tutti i partiti, appare un miraggio. Polemiche anche sulle quote rosa: l'assessore comunale di Udine, Cinzia Del Torre, ha scritto una lettera al segretario del Pd Matteo Renzi: "Nemmeno una donna capolista"

5 minuti di lettura

UDINE. Malcontento e un pizzico di disillusione accomunano i giovani politici del Friuli Venezia Giulia. Ma nell’amaro calice c’è spazio anche per il futuro, perché la delusione è tanta, ma non giustifica l’abbandono della causa. Anzi. Si va avanti nonostante tutto. A restare forse più delusi di altri sono i giovani del Pd, qualche anno fa la punta di diamante di un partito in pieno rinnovamento, sull’onda dello slogan renziano “rottamiamo”.

La realtà scritta nero su bianco nelle liste firmate proprio dal segretario del partito invece è stata diversa. La protesta coinvolge anche la sfera delle quote rosa. L'assessore comunale di Udine, Cinzia Del Torre, ha scritto a Renzi amareggiata per la mancanza di donne capolista. 
 

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Nessun Millennials

«Purtroppo credo sia stata persa un’occasione – ha esordito Elisa Graffi, Millennials che siede nella direzione nazionale del partito –. È andata così non solo da noi, ma in tutta Italia perché i giovani non sono stati candidati. Dispiace sia come giovani del Pd, sia come democratici. Si parla spesso di rottamazione, termine che non mi è mai piaciuto, ma viste le esigenze di una generazione che viene la sciata troppo spesso indietro dalla politica si poteva fare di più, noi di certo non smetteremo di impegnarci, i veri avversari da battere sono Destra e Cinque Stelle. Noi saremo comunque in prima linea, anche se il malcontento è normale». Nel 2012 Renzi proclamava un rinnovamento interno al partito e ora, davanti a quelle liste, soprattutto chi non lo ha appoggiato allora non può scordare quelle parole.

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Come Caterina Conti, una dei venti Millennials scelti dal segretario per la direzione nazionale. «Quello dello scontento è un tema trasversale nel Pd – ha detto –, abbiamo creduto a un rinnovamento della politica e ci siamo trovati con liste che di rinnovamento hanno poco a che fare. Quasi nessun candidato under 35, giovani come Marco Schirripa a Reggio Calabria che si è ritrovato depennato da una notte all’altra. In generale faccio fatica a capire i criteri con cui è stata selezionata la nuova classe dirigente. C’è un grosso tema di rappresentanza giovanile. Bersani con le primarie fece entrare tanti giovani in Parlamento, si individuò un metodo partecipativo. Stavolta non è stato così ed è un peccato. Faticherò a dimenticare la notte della direzione, forse segnerà anche il mio impegno futuro. Ora però è tempo di campagna elettorale: non possiamo tacere davanti al rigurgito neofascista di Salvini e dei Cinque Stelle».

I partiti lontani dagli studenti

Una scelta incomprensibile anche per il presidente della Consulta provinciale degli studenti Francesco Cojutti. Quella che guida è un’istituzione apartitica che però fa politica studentesca: «Non riesco a capire questa scelta dei partiti – ha premesso – e un po’ mi spiace perché nella realtà della Consulta e anche dei miei coetanei ci sono gruppi di lavoro abbastanza coesi. Fra i 16 e i 20 anni vedo una partecipazione su molti temi, mi sembra che ci sia interesse a partecipare al voto. Ma difficilmente veniamo presi in considerazione».

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Fra gli arrabbiati si iscrive di diritto pure Michele Di Giusto, segretario della sezione di Majano della Lega, classe 1993. «Mi aspettavo l’indicazione di un giovane almeno per un posto non di prima fascia perché poi ovviamente chi non è inserito nel partito si chiede perché siano candidate sempre le stesse persone, sembra che le cose non cambino mai – ha spiegato Di Giusto –. Già i giovani in politica sono pochi, se vengono bistrattati magari poi perdono anche la voglia di partecipare perché questi sono anni fondamentali in cui trovare un lavoro, formarsi una famiglia. Invece veniamo centrifugati, perché si dice che i giovani non hanno esperienza, invece siamo una boccata di aria fresca. Ma questo non ci fermerà in vista della campagna elettorale, saremo attivi con gazebo e soprattutto sui social network».


"Bisogna farsi le ossa sul territorio"

Diverso il punto di vista in Forza Italia, il coordinatore comunale di Udine Stefano Cecotti (23 anni) ritiene infatti che i ragazzi si debbano fare le ossa sul territorio, soltanto poi potranno ambire a Roma. «Servono persone preparate, ecco perché il rammarico è molto per l’esclusione dell’amico Massimo Blasoni – ha premesso –. Quanto ai giovani, non c’è nessuna nota polemica: ci sarà tempo per formarsi, io non ambisco a diventare deputato e tantomeno vedevo persone cosiddette giovani che avrebbero meritato una candidatura alle politiche. Quindi nessun dispiacere, ci facciamo le ossa sul territorio e poi quando saremo pronti andremo. Ma è inutile nascondere che il nostro partito non ha premiato la meritocrazia scegliendo i nomi per le politiche».

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Promuove l’indicazione di Roberto Novelli, Donato De Santis (nel Coordinamento provinciale di Fi e consigliere a Pasian di Prato), anche se un’indicazione diversa – leggi Massimo Blasoni – sarebbe stata più gradita. «Non conta tanto mettere i giovani nelle liste, quanto mettere persone preparate – ha sottolineato –. È importante il percorso amministrativo sul territorio per poi portare a Roma le istanze della gente. La mancata nomina di Blasoni è un errore gravissimo in questo senso perché toglie una persona preparata che si è spesa tantissimo per il partito e non si valorizza una parte del territorio friulano».

Nessuna donna capolista

«Nemmeno una donna capolista». Prende carta e penna l’assessore comunale di Udine Cinzia Del Torre e annega l’amarezza in una lettera al segretario nazionale del Pd Matteo Renzi. «Il Pd dovrebbe essere un partito di donne e uomini, che lavorano insieme e alla pari per valori e obiettivi comuni, eppure, dalle candidature per le elezioni del 4 marzo prossimo, questo non emerge – scrive l’amministratrice –. Nei due listini plurinominali della Regione Friuli Venezia Giulia (Camera e Senato) non c’è nemmeno una donna capolista. Non è bastato a Debora Serracchiani essere presidente della Regione, già vice-segretaria nazionale, oggi dirigente nazionale del partito, per ottenere tale posizione.

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Considerato poi il corretto meccanismo dell’alternanza di genere, ci troviamo sempre nella condizione che siano uomini ad aprire le liste e donne a chiuderle. A tacere del fatto che ci vengono imposti anche nomi maschili, in posizioni super-eleggibili, che il territorio non ha mai chiesto, evidenzio poi che non va meglio per i cinque collegi uninominali, della Camera, dove le donne sono solo due, una delle quali è sempre Debora Serracchiani. Non è questo il modo per valorizzare la parità di genere e le politiche paritarie, che sono tra i valori fondanti di questo nostro partito». Parole chiare che Del Torre esplicita ancora meglio, riguardo i «nomi maschili imposti in posizioni super eleggibili». «Mi riferisco a Cerno ex direttore del Messaggero Veneto – spiega –. Non ho niente contro la persona o il professionista, ma è una questione di metodo. La base non è stata consultata riguardo la sua candidatura, non ne sapevamo nulla».

Grim: "A livello nazionale profili importanti"

Non è sulla stessa linea la leader dem regionale Grim. «Il Pd regionale - scrive la segretaria Antonella Grim - è orgoglioso di aver offerto alla Direzione nazionale disponibilità alle candidature di grande qualità, competenza e profilo. Sappiamo che le liste poi spesso sono frutto di valutazioni sotto diversi profili e non riescono sempre a contemplare tutte le esigenze. E’ stato un percorso complesso e faticoso. Sulla parità di genere si può sempre fare di più e meglio, ma credo che abbiamo valorizzato il ruolo delle donne».

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A commentare il perché del poco spazio per le donne in politica due professioniste affermate. «Stando alle statistiche, l’inclusione alla pari delle donne nel lavoro, nelle professioni e anche nella politica è un obiettivo tutt’ora da raggiungere - spiega la professoressa Marina Brollo, direttrice del Dipartimento di scienze giuridiche all’università di Udine - . E farlo con la consapevolezza che la diseguaglianza di genere non è solo una questione di giustizia sociale, ma anche di sviluppo della nostra economia. È opportuno segnalare in ogni frangente, le azioni e le occasioni perse verso la meta della parità di genere. A tal fine segnalo una campagna nazionale on line su Change.org che si intitola #MaiPiùSenza (che ha raccolto più di 2000 firme in pochi giorni) e intende lanciare un piano d’azione per l’inclusione delle donne».

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«Questa legge elettorale è orrenda - racconta la consulente in comunicazione strategica nell’ambito politico Maria Bruna Pustetto - , le donne non sono per nulla rappresentate. L’unico strumento che garantisce un po’ di equità sono le “quote rosa”, le hanno introdotte pure nei Paesi del cosiddetto Terzo mondo e stanno funzionando. Le donne sono in secondo piano nella politica perchè non hanno il tempo di fare quel lavoro “sottotraccia”, quegli intrighi che sono caratteristici della politica. E sia chiaro che nessuno offrirà mai una candidatura a una donna, se non sarà l’interessata a battersi con le unghie e con i denti. E vediamo che anche tra i segretari di partito c’è solo Giorgia Meloni, peraltro capo di un partito piccolo».
 

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