Fedriga: anche in Friuli un Centro di espulsione per gli immigrati
Il governatore pronto al ritorno ai Cie: «Dove? Decideremo con i sindaci». Tra Udine e Gradisca è più probabile la riapertura della struttura isontina. Il neo ministro Matteo Salvini vuole aprire un sito in ogni regione per accelerare sulla linea di durezza assicurata negli scorsi mesi
di Mattia PertoldiUDINE. Allineato, in tutto e per tutto sul tema, alle posizioni del leader del suo partito – e, particolare non trascurabile, neo ministro dell’Interno – Matteo Salvini. Massimiliano Fedriga è pronto ad aprire un Centro di espulsione anche in Fvg. Come assicura di voler fare – in ogni regione – l’inquilino del Viminale. Come promesso in campagna elettorale dallo stesso governatore – che ha sempre parlato di centri chiusi e controllati – e come anticipato, un paio di settimane or sono, dalla generalità di giunta con cui il Fvg ha comunicato a Roma l’intenzione di mettere fine all’esperienza dell’accoglienza diffusa difesa e portata avanti nei cinque anni di guida del centrosinistra.
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«Mi sembra che molti Paesi europei – ha detto il presidente –, a differenza di alcuni Governi, spingano affinché vengano rispettati gli accordi di Schengen che prevedono non soltanto la libera circolazione all’interno degli Stati aderenti, ma anche l’impegno delle Nazioni di confine a tutelare le frontiere comunitarie. Viviamo una situazione paradossale in cui i Paesi che operavano in questa direzione – e penso all’Ungheria – sono stati redarguiti, combattuti, sanzionati dall’Europa semplicemente perchè rispettavano regole come quelle decise a Schengen. Noi chiediamo soltanto di ritornare un Paese normale, in un continente normale, che copi quello che avviene in tutto il mondo, dagli Stati Uniti all’Australia: ovvero a chi entra clandestinamente deve essere impedito l’accesso».
Certamente, però, Fedriga è consapevole che un conto sono gli annunci, un altro le politiche pratiche. «La partita non è facile – sostiene –. Partiamo da sei anni di anarchia e di scelte sbagliate. Non si può risolvere tutto in un giorno o in un mese. Ma dobbiamo andare nella direzione opposta di quanto realizzato dai Governi precedenti e questo significa la ricostruzione dei centri per accogliere chi è entrato clandestinamente impedendogli di andare dove vuole». Strutture chiuse e controllate, appunto, come ripetuto più volte in campagna elettorale. «L’obiettivo di porre fine al sistema di accoglienza diffusa – conferma il governatore – deve fare paio con l’individuazione dei siti idonei a ospitare strutture che non consentano a chi entra illegalmente nel nostro Paese di muoversi liberamente sul territorio». Già, ma dove? «Come Regione – sostiene Fedriga – intendiamo affrontare il percorso in piena collaborazione con i Comuni evitando perciò l’adozione di ogni soluzione non condivisa con il territorio».
Il presidente, dunque, non si espone – e non potrebbe fare diversamente considerata la delicatezza della questione – ma rumors e, soprattutto, la logica economico-gestionale, portano essenzialmente verso due possibili soluzioni di cui la prima più problematica e impegnativa e la seconda, invece, con (teoricamente) maggiori possibilità di concretizzazione: Udine e Gradisca. Il capoluogo friulano, come noto, ha a disposizione due strutture che sono già da tempo destinate all’accoglienza – le ex caserme Cavarzerani e Friuli –, su cui lo Stato ha investito parecchio, ma che necessiterebbero di ulteriori finanziamenti (e probabilmente non indifferenti) per trasformarle effettivamente in centri chiusi e controllati. Senza dimenticare come la città sia amministrata, da qualche settimana, da un sindaco leghista – Pietro Fontanini – e dunque pare difficile, anche se non impossibile, l’avvio di una sorta di braccio di ferro intra-Carroccio locale.
Un discorso diverso, invece, merita Gradisca. La cittadina isontina, infatti, è già stata sede del “vecchio” Centro di identificazione ed espulsione (Cie) del Fvg con la struttura diventata, nel tempo, sede di un Centro di accoglienza per richiedenti asilo (Cara). Un sito perfettamente funzionante se consideriamo che al 28 maggio, stando ai dati della Regione, ospitava 446 immigrati e che potrebbe essere riconvertito in “nuovo Cie” con un esborso economico decisamente più contenuto. Rispetto a Udine, inoltre, Gradisca possiede un vantaggio logistico non indifferente e cioè si trova a un passo dall’aeroporto di Ronchi dei Legionari. Particolare, quello della vicinanza a uno scalo, già contenuto nel vecchio piano stilato dall’ex ministro Marco Minniti per facilitare le partenze e i rimpatri. In più – ma qui è bene ribadirlo siamo nel campo della speculazione politica e teorica senza dichiarazioni concrete in materia –, il Comune è retto da una maggioranza di centrosinistra con il corollario del teorema che porterebbe il centrodestra a non dover “discutere” con nessun municipio amico. Si vedrà, in ogni caso, perché – come accennato – tra il dire e il fare ci sono di mezzo le necessarie variazioni normative nazionali e, soprattutto, gli stanziamenti da Roma considerato come sia molto arduo pensare che Salvini decida di mettere in conto alle Regioni le spese per i Centri.
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