16 dicembre 2017 - 09:44

Milano, addio a Guido Artom, l’imprenditore politico che amava la cultura

È morto a 86 anni Guido Artom. Nato in una famiglia ebraica costretta a scappare in Svizzera durante la seconda guerra mondiale, è stato imprenditore, assessore «tecnico» e presidente di numerose istituzioni, tra cui Fiera Milano

Guido Artom, 86 anni (Fotogramma) Guido Artom, 86 anni (Fotogramma)
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È morto a 86 anni Guido Artom. Nato a Milano nel 1931, è stato imprenditore, assessore in Comune (uno dei primi «tecnici» chiamati a Palazzo Marino) e presidente di numerose istituzioni, tra cui Fiera Milano.

Nato in una famiglia ebraica di antiche origini piemontesi costretta a scappare in Svizzera durante la seconda guerra mondiale, al ritorno in Italia — dopo aver terminato gli studi tra Milano, Basilea e Manchester — inizia la sua vita di imprenditore. Oltre a guidare le imprese tessili di famiglia, ricopre diversi incarichi: è presidente della Federtessile e, nei primissimi anni Ottanta, vice di Vittorio Merloni in Confindustria.

Nonostante la vicinanza al Pci, partito a cui però non si è mai iscritto, Artom inizia il suo impegno politico con il Partito repubblicano guidato da Ugo La Malfa che lascia alla morte del leader per collaborare con i Radicali, in particolare durante il periodo del referendum sul divorzio.

Nel 1992 viene chiamato in giunta dall’allora sindaco riformista di Milano, Piero Borghini. «Fui, in poche parole, uno dei primi tecnici della politica italiana — racconta lo stesso Artom in una nota autobiografica —: avevo l’incarico di modernizzare la macchina comunale e renderla più efficiente, nonché di partecipare alle politiche di risanamento allora istituite dal governo di Giuliano Amato». Alla breve esperienza a Palazzo Marino — la giunta Borghini rimane in carica due anni — segue nel 1994 l’incarico alla Fondazione museale Poldi Pezzoli, di cui diventa presidente: «Una delle esperienze più positive della mia vita oltre che essere stata molto produttiva», tanto da meritargli nel 2003 l’Ambrogino d’Oro e un incontro al Quirinale con il capo dello Stato, Carlo Azeglio Ciampi.

Di tutt’altro tipo la parentesi in largo Domodossola, dove nel 1997, ricorda sempre Artom nel suo scritto, «fui chiamato da Romano Prodi a guidare l’ente Fiera Milano». «Fu lì che iniziò una delle esperienze più logoranti e brutte della mia vita: entrai in conflitto con i vertici, che sfruttavano la propria posizione per garantirsi dei privilegi». La sua mancata firma al bilancio — «c’erano troppe irregolarità» — dà il via a un processo lungo quattro anni che lo vede infine assolto dall’accusa di diffamazione.

Negli ultimi anni ha collaborato con numerose associazioni e fondazioni culturali e umanitarie. A settembre poi fu uno degli ospiti illustri della cena di gala per festeggiare i 150 anni della Galleria Vittorio Emanuele II.

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