Milano, 1 ottobre 2017 - 08:40

Delpini contro mafia e corruzione: «Cristiani, su la testa senza paura»

L’arcivescovo Mario Delpini commenta gli intrecci del «Sistema Seregno» a margine della presentazione della biografia di Andrea Galli sul generale Carlo Alberto dalla Chiesa. «Bisogna rimboccarsi le maniche e fare un po’ di pulizia»

Monsignor Mario Delpini, arcivescovo di Milano, sabato ha partecipato a Palazzo di giustizia alla presentazione del libro del giornalista del «Corriere» andrea Galli dedicato al generale Carlo Alberto dalla Chiesa
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Su la testa, niente paura, rimbocchiamoci le maniche e facciamo pulizia. Alla sua prima uscita pubblica non religiosa, il nuovo arcivescovo di Milano, Mario Delpini, interviene con parole importanti sull’attualità, che da giorni propone uno scenario inquietante fatto di relazioni pericolose tra mafia, affari e politica. Succede in Brianza, nel cuore della diocesi ambrosiana, e forse anche per questo Delpini ritiene di far sentire la voce della Chiesa di cui ha assunto da poche settimane la guida.

L’occasione è la presentazione della biografia del generale Carlo Alberto dalla Chiesa scritta da Andrea Galli. Nell’aula magna del Palazzo di giustizia, stracolma di almeno tre generazioni di carabinieri, magistrati e di rappresentanti di tutte le istituzioni, l’arcivescovo arriva in ritardo, reduce dalla celebrazione in Duomo, dove ha ordinato diaconi trenta seminaristi. Il dibattito è avviato e c’è una certa curiosità per l’intervento del successore del cardinale Scola, il primo al di fuori di un contesto religioso dal giorno della sua nomina. E lui, dopo una riflessione sui «sintomi» della fede del carabiniere simbolo della lotta al terrorismo e alle mafie («Non pensava che il male non potesse essere sconfitto e non temeva la morte come la fine di tutto»), accetta di commentare le cronache di questi giorni, gli intrecci tra criminalità mafiosa e poteri economici e politici in Brianza. Qual è lo sguardo della Chiesa ambrosiana su queste vicende? «Immagino che un cristiano serio reagisca così — replica l’arcivescovo senza esitazioni —: alzi la testa e faccia un po’ di pulizia, non mettendo tutti al muro, ma facendosi avanti, comportandosi onestamente, facendo il bene della città senza cercare troppi guadagni e senza avere troppa paura delle minacce dei cattivi». Nel tempio della giustizia umana, Delpini chiama dunque in causa i valori cristiani da contrapporre al «grande male organizzato» e aggiunge considerazioni in passato dedicate soltanto ad altri contesti, alle regioni meridionali, e non certo a territori che appartengono alla ricca Lombardia e alla diocesi ambrosiana: «Capisco che il denaro e la minaccia hanno una forza difficile da contrastare, ma immagino che ogni volta che succede una cosa così sconcertante c’è qualcuno che dice “tocca a me metterci le mani per raddrizzare la situazione”. Questa sarebbe anche la mia reazione».

In precedenza, durante la cerimonia in Duomo, nell’omelia l’arcivescovo aveva fatto una battuta su un altro aspetto della quotidianità metropolitana: «Nella città della moda — ha detto — si deve forse ricordare che l’abito più bello non è quello più costoso o più strano o più seducente, ma quello che meglio custodisce la dignità della persona». E ai fedeli ha proposto un’esortazione: «Imparate e custodite l’arte di fare festa, cioè la cura per la dignità di ogni persona, anche di chi torna a casa con i vestiti logorati dalla vita sbagliata e con i piedi nudi per un troppo lungo e sconclusionato andare». E poi ha aggiunto una sottolineatura: «Abbiate compassione di chi ha perso la strada di casa, ha perso le sue cose e corre il rischio di perdere se stesso. Abbiate compassione».

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