Milano, 21 ottobre 2017 - 08:23

Milano, domenica al voto per l’autonomia. Laboratorio referendum

L’autonomia avvicina Lega, M5S e un pezzo di Pd Confindustria vuole la svolta: così più sviluppo Gori: un pasticcio le consegne dei tablet ai seggi

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Il referendum per l’autonomia non manca di sparigliare. Alla vigilia del voto, (quasi) ogni schieramento registra defezioni, difficili equilibrismi, mancati endorsement. Mentre la società civile, almeno in Lombardia, si è mossa con cautela. Confindustria ha deciso solo ieri: «La possibilità di una maggiore autonomia è un’esigenza sentita dal sistema delle imprese lombarde». Mentre da Bergamo il sindaco Giorgio Gori denuncia: «Ci sono arrivati i tablet che dovevano andare a Varese e a Busnago! Abbiamo dovuto sostituire le password. Ce ne sono 36 che avanzano. Abbiamo avvisato nel pomeriggio ma pare che nessuno verrà a riprenderli. Costano 1.000 euro l’uno...».

La sinistra - Per una volta la rissosa famiglia di chi sta a sinistra del Pd si ritrova unita. Da Mdp a Campo progressista, fino a Prc, Possibile e Sinistra Italiana, la contrarietà alle aspirazioni autonomiste di Maroni è stata univoca. Giuliano Pisapia lo ha detto chiaro: «Non vado a votare. È una presa in giro». E in questo caso si è trovato d’accordo con Massimo D’Alema. Per il lider maximo «è inutile e caro. È una manifestazione propagandistica della Lega a spese dei contribuenti».

I travagli dem - Il segretario milanese, Pietro Bussolati, giura che nella famiglia democratica non c’è «nessun derby». Eppure il voto di domani ha diviso: non solo l’ex ditta dalla squadra dei suoi sindaci, anche gli stessi renziani si muoveranno in ordine sparso. Spaccati tra voto favorevole «in difesa del regionalismo differenziato» e astensione contro «il referendum truffa». A guidare chi si è speso per il Sì nonostante «le bufale leghiste» sono i sindaci Gori, candidato in pectore alle prossime regionali, e Beppe Sala (che però non voterà perché all’estero), oltre a una pattuglia di renziani che comprende lo stesso Bussolati, il capogruppo in Comune, Filippo Barberis e l’assessore Pierfrancesco Maran. Dall’altra parte c’è il gruppo al Pirellone, compreso il renziano segretario regionale Alessandro Alfieri, il vice di Renzi Maurizio Martina, i parlamentari Emanuele Fiano e Lia Quartapelle, ma anche esponenti della minoranza come Barbara Pollastrini e l’assessore della giunta Sala, Pierfrancesco Majorino.

Il centrodestra - Qui le defezioni sono poche. Nonostante le tentazioni nazionaliste della Lega salviniana, il revival autonomista ha mobilitato tutto il Carroccio. Il segretario lombardo Paolo Grimoldi è sicuro: «È un’opportunità unica e storica». Al suo fianco c’è Forza Italia, in un asse cementato dal recente vertice tra il governatore e Silvio Berlusconi. «È necessario per la Lombardia», garantisce la coordinatrice Mariastella Gelmini. FdI ha invece vissuto lo strappo tra il partito nazionale e la propaggine locale. Giorgia Meloni ha liquidato il voto a «propaganda», sfiorando la crisi di giunta al Pirellone e scontrandosi con la componente lombarda per il Sì. Distinguo di peso tra i centristi di Ap: contrario Fabrizio Cicchitto, freddo il Celeste Roberto Formigoni.

Grillini e Radicali - Alle origini di questa partita, i 5 Stelle hanno giocato un ruolo essenziale: loro il quesito, i voti per farlo passare in aula e l’idea del voto elettronico. Nella base si è sollevato più d’un mugugno, ma il partito è convinto: «Serve più autonomia a chi dimostra di saper gestire le risorse», ha detto Stefano Buffagni. Singolare invece la posizione dei Radicali che chiedono di rifiutare il voto «in stile venezuelano» sui tablet perché «non sicuro».

La società civile - Detto di Confindustria, le ragioni del Sì avevano già conquistato Assimpredil e Confartigianato. I sindacati sono invece attraversati da tutti gli orientamenti possibili. A partire dalla Cgil che raccoglie astensionisti (i più) e favorevoli in linea con i sindaci pd. Unica certezza: «Siamo per la partecipazione». Per disertare le urne è il finanziere Francesco Micheli, mentre Carlo Sangalli, numero uno di Confcommercio, ha chiarito: «Io vado sempre a votare».

Il voto cattolico - Dalla Curia milanese non è arrivata nessuna indicazione. Il vescovo cardinale Mario Delpini si è limitato a definire l’appuntamento «un’occasione di confronto». Critica invece la Curia di Bergamo (il voto «non avrà effetti pratici ma solo politici») e le Acli di Brescia.

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