Milano, 21 ottobre 2017 - 08:38

Milano, lo sfogo di Antonino Lugarà: «Sono calabrese non ‘ndranghetista»

L’inchiesta che ha azzerato la giunta di Seregno, parla l’imprenditore scarcerato per mancanza di gravi indizi: «Con il mio nome si riempiono la bocca»

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Perché alla fine, sostiene Antonino Lugarà, i suoi problemi nascono dal fatto che è di origini calabresi: «Tutti volevano prendere le distanze da me, perché dicono che sono un mafioso, sono un ‘ndranghetista, sono qua, sono là…tanto per riempirsi la bocca». Non arretra e nega tutte le accuse, il costruttore 64enne di Melito di Porto Salvo (Reggio Calabria), trapiantato in Brianza, personaggio al centro della presunta corruzione interna al comune di Seregno. E tornato a piede libero, dopo la decisione della dodicesima sezione penale del tribunale del Riesame, che giovedì 19 ottobre ha annullato l’ordinanza di custodia cautelare del tribunale di Monza di un mese fa, permettendogli di lasciare il carcere di Opera, dove era detenuto in regime di ricovero ospedaliero.

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I suoi legali, gli avvocati Luca Ricci e Bruno Brucoli, nel ricorso hanno puntato principalmente sulla mancanza di gravi indizi, a carico del loro assistito. I giudici del Riesame si sono presi 45 giorni per le motivazioni. Certo è che se il Riesame ha recepito la tesi della debolezza del quadro indiziario, allora il provvedimento dei giudici milanesi rischierebbe di assestare un duro colpo all’inchiesta monzese, che ha fatto finire agli arresti domiciliari il sindaco Edoardo Mazza (Forza Italia), e ha portato al commissariamento del Comune. Già lo scorso 28 settembre, interrogato dal gip, Lugarà (considerato personaggio contiguo alla criminalità organizzata) nega di aver procurato voti a Mazza in campagna elettorale, in cambio dell’ottenimento del permesso a costruire un supermercato a Seregno sull’area «Dall’Orto», come sostiene l’accusa. «Io per Mazza non ho fatto nulla, come non ho fatto niente per nessuno, l’unico appoggio è arrivato dalla mia famiglia, gli abbiamo dato 8-10 voti». Sotto la lente è finito anche l’intervento di Mario Mantovani, ex vicepresidente lombardo, a sostegno del candidato Mazza: «Con Mario ho un rapporto di amicizia da più di 20 anni, è l’unico che rispondeva a tutti i cittadini, gli ho detto “Mario sei ci tieni a venire a Seregno, il candidato è questo, fra 10 giorni c’è un aperitivo”». Dunque, per la difesa, quello di Lugarà non è stato voto di scambio, così come lo sblocco della pratica edilizia che lo interessava era «dovuto e legittimo». Per questo Lugarà faceva pressioni. Lo stesso sindaco Mazza, in sede di interrogatorio, dice che lo «martellava», perché si sentiva boicottato in quanto di origini calabresi. Lo stesso Lugarà ammette: «Io, per il mio lavoro, in Comune ci vivo».

I funzionari pubblici indagati nella stessa vicenda confermano. Antonella Cazorzi, caposervizio nell’ufficio Edilizia privata, riferendosi a Lugarà dice che: «Continuava a venire e sollecitare. Siamo andati molto con i piedi di piombo su questa pratica edilizia…perché per sentito dire, è sempre stata una persona molto discussa. Entrava da un’entrata secondaria, si metteva, aspettava e insisteva». Biagio Milione, dell’ufficio tecnico, riferisce al giudice: «Glielo dico sinceramente con il cuore in mano, io questa pratica l’ho vista non una, dieci volte». Il motivo? «Perché il signor Lugarà era abbastanza discusso, a me non piacevano i modi con cui entrava in ufficio».

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