Milano, 27 ottobre 2017 - 09:29

L’ex sindaco di Seregno «Non ero lo zerbino della ‘ndrangheta»

Edoardo Mazza arrestato nell’inchiesta che ha azzerato la giunta della cittadina brianzola: «Basta con la politica, non andrò nemmeno più a votare»

Edoardo Mazza Edoardo Mazza
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La «promessa», stavolta, l’ha fatta a sé stesso: «Con la politica ho chiuso, che facciano le elezioni, non andrò neanche più a votare». Parola di Edoardo Mazza, sindaco di Forza Italia a Seregno, attualmente agli arresti domiciliari per i presunti rapporti corruttivi con Antonino Lugarà, il costruttore di origini calabresi prima finito in carcere per la stessa vicenda, e poi liberato dal tribunale del Riesame con un provvedimento di cui non si conoscono ancora le motivazioni.

SEREGNO, LE TAPPE DELL’INCHIESTAL’ormai ex primo cittadino del Comune brianzolo (ora commissariato), a un mese dagli arresti che hanno azzerato la giunta sostenuta dall’asse Forza Italia-Lega, ha avanzato tramite il suo legale Antonino De Benedetti istanza di scarcerazione. Mazza è l’uomo che, al telefono con Lugarà (considerato personaggio «vicino alla ‘ndrangheta»), pronuncia una frase diventata simbolo dell’inchiesta, e che gli è valsa la definizione di «sindaco zerbino» da parte degli inquirenti: «Ogni promessa è debito». Parole che il sindaco rivolge a Lugarà, immediatamente dopo l’approvazione di una pratica edilizia in giunta che concedeva all’imprenditore la possibilità di costruire un supermercato sull’area «Dall’orto» di via Valassina a Seregno. Nell’interrogatorio reso al gip Pierangela Renda, Mazza prova a spiegare il senso di quella affermazione: «L’ho fatto con tutta la naturalezza di questo mondo. Lugarà mi chiamava frustrato dicendo “voi non me la fate passare (la pratica, ndr) perché sono calabrese, se avessi un cognome brianzolo sarebbe diverso”. Mi martellava di telefonate, minacciava azioni legali. Quel giorno mi avrà chiamato decine di volte, e io l’ho richiamato. Gli ho sempre detto “qui non trattiamo nessuno diversamente dagli altri”». Secondo l’accusa, Lugarà pretendeva lo sblocco della pratica come contropartita del suo interessamento alla campagna elettorale pro Mazza del 2015: «Non so se mi ha cercato voti, lo incontravo alle manifestazioni elettorali e parlavo con lui, a me non ha mai offerto neanche un caffè».

Per Mazza sindaco entra in scena anche l’ex vicepresidente di Regione Lombardia Mario Mantovani, che compare ad un aperitivo di sostegno al candidato: «Era Lugarà che si faceva vanto di portare Mantovani in giro (…) la mia campagna elettorale è stata pagata in parte con mie risorse, e un po’ con una cena a casa di Silvio Berlusconi, nella quale hanno partecipato centinaia di persone al costo di 200 euro». Sempre secondo le accuse, alla pratica Lugarà è stata data una corsia preferenziale, senza farla passare dal consiglio comunale: «Il ragionamento del consulente (della Procura, ndr) è molto contorto. Io, francamente, se mi dicevano di passare dal consiglio comunale lo avrei fatto, senza ombra di dubbio». E ancora, prosegue sulla nomina a segretario comunale di Francesco Motolese (non indagato), episodio sul quale la Procura sta facendo ulteriori accertamenti: «Non fu la mia prima scelta Motolese, ne avrei voluto un altro in quel ruolo, ma ha preferito restare in un altro Comune». E poi la presa di distanza da Stefano Gatti, a sua volta accusato di essere stato l’uomo di Lugarà in consiglio comunale: «Brava persona, fa l’oratorio, conosce i preti, ma poco capace, tutti le diranno che avevo una pessima opinione di lui».

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