Milano, 28 ottobre 2017 - 11:22

Autonomia, la Lega dice no ai rifiuti dal Sud. Pd e M5S: «È propaganda»

La Lega chiederà che la Lombardia non bruci più spazzatura proveniente da altre Regioni, mentre la giunta farà inserire nel testo la creazione di Zone economiche speciali. I dubbi di Pd e M5S sulla risoluzione che dovrà essere votata il 7 novembre

Il governatore Roberto Maroni in Consiglio regionale. La risoluzione sarà votata dall’aula del Pirellone il prossimo 7 novembre (LaPresse) Il governatore Roberto Maroni in Consiglio regionale. La risoluzione sarà votata dall’aula del Pirellone il prossimo 7 novembre (LaPresse)
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La Lega chiederà con forza che nel documento entri la questione dei rifiuti, disponendo in pratica che la Lombardia non bruci più spazzatura proveniente da altre Regioni d’Italia, mentre la giunta farà inserire nel testo la creazione di Zone economiche speciali, isole «franche», vicine ai territori di frontiera, che dovranno nascere con l’obiettivo di attrarre investitori e capitali. Il cammino del documento con cui la Lombardia chiederà più autonomia a Roma si annuncia breve — perché i tempi rimangono comunque strettissimi — ma tormentato.

Il nove novembre è in calendario la prima audizione delle tre Regioni del Nord presso la Commissione bicamerale per il federalismo fiscale, mentre il giorno dopo scatterà la convocazione per Roberto Maroni e Stefano Bonaccini al tavolo di trattativa allestito dal governo. Confermato quindi l’asse privilegiato con la rossa Emilia più che col Veneto del leghista Luca Zaia. Il testo che dovrà essere approvato il sette novembre dall’aula del Pirellone è invece in continua evoluzione. La prima bozza è già uscita stravolta dall’incontro di ieri coi capigruppo di maggioranza e opposizione. Lo stesso Roberto Maroni lascia intendere che si tratti di un «work in progress», per il quale sarà necessaria «una fase creativa, con 23 materie che rappresentano altrettanti capitoli, tutti da scrivere». Si è deciso, nella riunione di ieri, di suddividere intanto il testo originario in otto macro aree e di assegnare un ordine di priorità alle competenze da richiedere: si indicheranno in pratica tre fasce d’urgenza per l’elenco di materie da «strappare» al governo di Roma.

Ma sul documento rischia di consumarsi una battaglia politica che potrebbe allontanare l’obiettivo di una risoluzione approvata all’unanimità dall’aula del Pirellone. Il rischio che alla partita istituzionale si mischino le tentazioni di una campagna elettorale incipiente è insomma assai concreto. Il capogruppo leghista Massimiliano Romeo detta la linea della forza politica che più s’è spesa per il Sì referendario: «Credo che sia giusto richiedere una maggiore autonomia anche in materia ambientale e di gestione dei rifiuti. La Lombardia merita di avere questa competenza anche in virtù degli ottimi risultati ottenuti con la raccolta differenziata, che ha superato il 50 per cento del totale». E oltre alla richiesta della competenza sulla gestione dei rifiuti, informa il capogruppo lumbard, ci saranno certamente da parte della Lega altre proposte, «sempre con l’obiettivo di arrivare alla più ampia condivisione possibile del documento».

Per i grillini però il testo, così com’è, è semplicemente «irricevibile». Tra i punti più contestati, l’obiettivo indicato nella prima bozza della «parità scolastica tra pubblico e privato», la normativa sulla caccia, il riferimento «al modello lombardo di mercato del lavoro». O si stralciano dalla risoluzione i «riferimenti propagandistici» o il Movimento Cinque Stelle, che pure ha invitato a votare Sì al referendum del 22 ottobre, si sfilerà. «Riteniamo necessario arrivare ad un documento unitario, quello che conta è portare a casa il risultato dell’autonomia nel pieno rispetto del mandato dei cittadini. Ma un conto — riassume per tutti Dario Violi — è chiedere maggiore autonomia e dare indicazioni chiare sugli ambiti di competenza da trasferire alla regione, un conto è esprimere gli orientamenti politici della maggioranza sull’autonomia. Non siamo insomma disponibili a votare quello che probabilmente sarà il programma elettorale del centrodestra nel 2018».

I Cinque Stelle confidano in un intervento chiarificatore (e moderatore) del governatore Roberto Maroni, che venerdì s’è infatti preoccupato di spendere parole di pace e di richiamarsi all’unità: «Voglio che la risoluzione sia approvata all’unanimità, perché questo dà forza alla Regione Lombardia e alla trattativa». Attendista, almeno in questa fase, il Partito democratico. Il capogruppo Enrico Brambilla, uno dei più decisi sostenitori dell’astensionismo referendario, ieri ha scelto parole molto prudenti: «Valuteremo lunedì l’atteggiamento relativo alla bozza di risoluzione predisposta dalla giunta regionale, dopo la discussione che si terrà in direzione regionale nel pomeriggio stesso. Chiediamo che la risoluzione sia ripulita da affermazioni propagandistiche e che attengono ai programmi politici più che ai rapporti tra Stato e Regioni. E sosteniamo, vista la necessità di comprimere questa fase di discussione per agganciare il percorso già intrapreso dall’Emilia-Romagna, che il Consiglio possa entrare nel merito delle proposte in una seconda fase, quando la trattativa avrà preso il via».

Lunedì la nuova riunione convocata tra i gruppi di maggioranza e opposizione chiarirà il destino della risoluzione del sette novembre. Bandiera di tutto il Pirellone o solo delle forze di centrodestra che si sono battute per il successo del referendum?

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