13 gennaio 2018 - 08:10

Milano, LeU incorona Rosati: «Corriamo da soli». E Gori adesso spera nel voto disgiunto

Il centrosinistra diviso: gli appelli sono caduti nel vuoto. Liberi e uguali di Grasso e la sfida ai dem. «Fare meglio? No, cambiare tutto»

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Nessuna esitazione: l’assemblea di Liberi e uguali (LeU) tira dritto e non cede alle lusinghe democratiche. «Si va da soli». I militanti riuniti ieri a Cinisello Balsamo incoronano per acclamazione Onorio Rosati. Sarà lui la spina nel fianco sinistro di Giorgio Gori. Il sindaco di Bergamo però non ripone ancora le speranze: «Gli elettori sono meglio dei dirigenti». «Lo vedremo il 4 marzo», ribatte il leader di Sinistra Italiana, Nicola Fratoianni. Gori incassa il rifiuto. Non rimane che la carta del voto utile (o di quello disgiunto). «Sono sicuro che gli elettori, anche quelli di Liberi e uguali, hanno capito qual è il valore della partita che stiamo giocando e quanto sia importante che loro concorrano con il loro voto a questo disegno». D’altronde non è che dall’altra parte siano tutte rose e fiori. Il rammarico è proprio questo: rischiare di non approfittare della guerra scoppiata in casa Lega proprio in Lombardia e proprio a poche settimane dal voto per la Regione. «Il centrodestra è percorso da grandi divisioni - sottolinea allora Gori -, la loro è una costruzione tutta elettoralistica che tenta di nascondere male le divisioni. Certamente faticheranno a governare».

Regionali, cronistoria del centrosinistra lombardo
2018

La scelta di «Liberi e uguali in Lombardia», questo sarà il simbolo, è presa in una sala affollata. A niente sono valsi i ripetuti appelli dei giorni scorsi. Il pressing è stato feroce: dalla Cgil, ai vertici del Pd, fino ai padri nobili del centrosinistra. Sirene che qualche certezza avevano scalfito: Pierluigi Bersani, Enrico Rossi, Laura Boldrini e Pietro Grasso avevano dato segnali di apertura, rimandando però alla base locale la decisione. In sala Francesco Laforgia, nel suo intervento introduttivo, non manca di lanciare una stoccata a Gori. «Se qualcuno ha ricevuto il mandato dalla sua comunità per fare il sindaco - attacca - e lo lascia per altro, questo ha poco a che fare con l’etica pubblica». Quindi indica la strada del «percorso autonomo»: «Abbiamo le carte in regola», assicura. Poi è standing ovation per Rosati. Il diretto interessato ringrazia per la fiducia. «La scelta è caduta su di me perché serviva una figura con le spalle larghe, e io ce le ho», dice alludendo alla stazza da gigante. «Abbiamo deciso di prendere un’altra strada. Poteva andare diversamente? Le scelte del Pd sono state un ostacolo insormontabile. Non è un problema di rancori personali, ma un problema politico che non si rimuove per una presunta contendibilità della Regione».

Fratoianni tira le somme: «La scelta mi sembra chiara: avanziamo una proposta politica di cambiamento, mentre la proposta di Gori, a partire dallo slogan, ha un grande difetto di discontinuità e radicalità. Non c’è da “fare, meglio” ma da cambiare tutto». Anche Pierluigi Bersani aveva contestato la scelta dello slogan. «Mi sembra un pretesto - contesta Gori -. Rivendico il senso politico di questo slogan perché significa la capacità di distinguere tra quello che va buttato e quello che va tenuto, il riformismo è questo». Dal candidato del Pd, infine, una promessa. «Se vincerò io, porterò avanti il percorso dell’autonomia regionale avviato da Maroni».

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