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Referendum, lite sul voto lombardo per l'autonomia: "No alla deriva catalana"

(fotogramma)
Il ministro Martina contro Maroni dopo il rilancio sul residuo fiscale. Il governatore: "Ottimista sull'affluenza". Salvini: "Salva l'unità italiana"
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Un botta e risposta durissimo. Con Roberto Maroni che, a poche ore dall'apertura delle urne, insiste a tenere bassa l'asticella della partecipazione al 34 per cento - "Sono ottimista" - come segno di successo, ricordando che fu quella l'affluenza al referendum del 2001 sul titolo V della Costituzione. Mentre il ministro per le Politiche agricole, e vicesegretario del Pd, Maurizio Martina non usa mezzi termini e definisce "un tentativo di anticipare la sconfitta" le previsioni (al ribasso) del governatore. E, soprattutto, bolla come "secessionista" lo slogan leghista del residuo fiscale da riportare in Lombardia, nonostante il segretario del Carroccio Matteo Salvini ribadisca che "noi non vogliamo uscire da nulla".

· IL DOSSIER

Alla vigilia del voto, si alza la polemica sul referendum per l'autonomia. Domani le urne si apriranno alle 7: si potrà votare fino alle 23, in una consultazione alla quale - insieme con quella del Veneto - guardano con attenzione anche i media internazionali, dopo quanto accaduto in Catalogna. Articoli e servizi negli ultimi giorni sono apparsi sui maggiori giornali internazionali, dal New York Times all'Economist fino al Financial Times e al Guardian , per inquadrare il referendum autonomista. Bollato come "costoso e inutile" dal Pd, nonostante l'adesione dei sindaci guidati da Giorgio Gori, che per il Sì hanno creato un comitato. E sul quale Maroni e i suoi hanno puntato il tutto per tutto, rispolverando, pur senza dirlo in modo esplicito, l'antico ritornello di "Roma ladrona". Contro cui, a questo punto, l'autonomia lumbard sarebbe l'unica strada: "La Lombardia è il posto più penalizzato del pianeta", la sparata del segretario della Lega lombarda, Paolo Grimoldi. Che ieri, con Maroni e lo stato maggiore del Carroccio (Salvini assente, però), si è ritrovato ai piedi di Palazzo Lombardia per sventolare uno striscione con la scritta "Sì". E mostrare, a favor di telecamere, decine e decine di finti sacchetti di denaro, simili a quelli della Banda Bassotti: su ognuno il nome di un Comune e l'importo di tasse versato a Roma.
  Secondo la propaganda leghista sul residuo fiscale, con l'autonomia le tasse versate dai lombardi dovranno restare sul territorio, evitando che la Lombardia dia più di quanto riceve indietro da Roma. "Ma il residuo fiscale - ha scandito ieri Martina - non è materia di trattativa. Se uno pone la questione del residuo fiscale, sostanzialmente si avvia verso una versione quasi secessionista. Io però penso che abbiamo bisogno di tutto fuorché di una deriva catalana".

Una tesi, questa, smentita però dallo stesso Salvini: mentre i compagni di partito partecipavano con Maroni al flash mob sotto il palazzo della Regione, il segretario della Lega smentiva qualsiasi deriva in chiave Brexit della consultazione. Strizzando così l'occhio agli alleati di Fratelli d'Italia, la cui numero uno Giorgia Meloni nelle scorse settimane aveva precisato come "il referendum non ci appassiona, perché c'è una sola patria". Una posizione che aveva rischiato di spaccare la maggioranza che sostiene la giunta Maroni (maggioranza in cui c'è, appunto, anche FdI). Ma che adesso Salvini in parte sembra voler avallare: "Il referendum è nell'ambito dell'unità nazionale, che prevede che su alcune competenze Regione Lombardia possa scegliere autonomamente - ha detto così il leader del Carroccio - . Se vince il Sì inizia un percorso di trattativa a differenza di quello che sta accadendo tra Madrid e Barcellona, dove si stanno scannando. Noi però non vogliamo uscire da nulla".
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